Editoriali

QUESTIONE DI ETICHETTA

02 ottobre 2004 | Ernesto Vania

Lunghi papiri di carta colorata, lucida e brillante pieni zeppi di parole, loghi e sigle.
Sono i libretti di istruzione del cibo che andremo ad ingerire, col quale ci nutriremo.
Al pari degli astrusi, complicati rebus che vengono inseriti nei kit fai da te, oggi ogni alimento è accompagnato da infinite spiegazioni, delucidazioni, informazioni.
Il consumatore vuole essere tutelato? Quale migliore mezzo dell’etichetta per rassicurarlo? Ecco allora un proliferare di diciture stravaganti, codici alfanumerici, bollini e marchi di garanzia che riempiono ogni minimo spazio.
Il prodotto è nascosto da questo guazzabuglio di segni grafici e parole, magari costringendoci a palpeggiamenti e manipolazioni innaturali per vederne qualche porzione, così come accade per certe riviste sommerse da talmente tanti volantini pubblicitari o gadget da non permettere neanche di leggerne i titoli.
Ma le informazioni importanti, obietterà qualcuno, sono proprio riportate in etichetta. Certo, ma io preferisco sempre vedere e toccare con mano, come San Tommaso, prima dell’acquisto, ciò che poi mi mangerò.
Inoltre, in molti casi, è bene portarsi la lente di ingrandimento talmente piccole sono le scritte, tanto che mi rimandano ai cavilli legali, alle note di certi contratti, sempre posti laddove lo sguardo mai si poserà. Allora diffido e sospetto come ogni altro italiano. Se il produttore/confezionatore/distributore vuole celare queste informazioni c’è sicuramente qualcosa sotto, una qualche gabbola, un raggiro.
Lì per lì neanche penso alla possibilità che per inserire anche solo tutte le indicazioni obbligatorie di legge con caratteri leggibili occorre un cartellone, un manifesto di proporzioni enormi rispetto alla piccola confezione da due vasetti di yogurt che intendo comprare.
Immagino già la fila alle casse nel prossimo futuro, quando assieme alla spesa ci verranno consegnati dei tomi enciclopedici contenenti ogni sorta di spiegazione e delucidazione sul prodotto acquistato. Mucchi di carta ci informeranno anche sul numero di scarpe dell’operaio che ha raccolto i pomodori che stiamo riponendo nel nostro carrello. Sarà più semplice tenere a bada i bambini più irrequieti, sarà sufficiente far loro leggere la storia della merendina che adorano. C’era una volta…

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