Editoriali
L’olio d'oliva non lo fa il frantoio, ma si fa con il frantoio
Il frantoio va utilizzato e inteso quasi come uno strumento musicale che ha i suoi accordi da tarare a seconda della varietà delle olive e del loro grado di maturazione. Superiamo gli anacronismi del passato: l'olio non si compra più nell'elaiopolio
25 luglio 2025 | 12:00 | Giulio Scatolini
Ogni impresa che continui ad essere semplicemente
gestita ed amministrata, sia pure con la massima
competenza, se non si trasforma continuamente e non
si adatta a nuovi compiti e situazioni, perde, con il tempo,
qualsiasi significato, ed alla fine è destinata a scomparire.
J.A. SCHUMPETER (economista austriaco).
Ho riletto di recente un libro, edito dalla casa editrice Newton Compton, curato da Achille Lucarini, dal titolo: “Dizionario delle parole difficili”. Più che parole difficili, questo curioso vocabolario, ripesca termini decisamente fuori moda.
La recensione di Diego Marani su “Il Sole 24 ore della Domenica” infatti lo stronca senza possibilità d’appello: “...questi termini anche se alfabeticamente ineccepibili evidenziano il grande limite di questo dizionario: parole troppo vecchie, di un mondo che non c’è più.”
Ebbene la nostra deformazione “oliandola” (aggettivo anch’esso un po’ demodé?) ci ha portato a prendere in considerazione, in tale dizionario, in verità acquistato molto volentieri, la parola “elaiopolio”, che semplicemente significa “luogo dove si compra l’olio”.
Ha ragione tuttavia il severo recensore: oggi l’olio non si compra più nell’elaiopolio! Oggi l’olio extravergine d’oliva lo si acquista nei supermercati, nelle gastronomie superspecializzate o nei frantoi. Ma in quali frantoi? In quelli bui senza luce e aerazione e con scarsa igiene, ma “pittoreschi”? o nei frantoi concepiti, progettati e realizzati con nuovi criteri, non più come semplice sede di lavorazione delle olive, bensì come luogo di accoglienza dei turisti; come luogo di comunicazione della cultura dell’olio e del territorio; come luogo di valorizzazione multifunzionale di quel prodotto incredibile e quasi magico che è l’olio extravergine d’oliva?
Ebbene noi che ci occupiamo di comunicazione della qualità dell’olio extravergine d’oliva, crediamo che il primo tipo di frantoio rappresenta, come dice il recensore del libro, “un mondo che non c’è più!” E tali oggetti e strumenti possono servire non per lavorare, ma bensì appunto per…..ricordare. Questo tipo di frantoio è perciò ora non più un luogo dove si fa olio di qualità, ma bensì un…. museo. Luogo dove si può vedere come si faceva… una volta… l’olio.
Che cosa significa questo? Che tutto deve essere smantellato, cancellato, rimosso? No! Parlando di museo si è data, in realtà, già un’indicazione! Il frantoio vecchio, ripulito e riordinato con dignità, è memoria storica della cultura millenaria dell’olio nel nostro Paese e come tale, se possibile, va lasciato in visione alle nuove generazioni o, in ogni caso, a tutte quelle persone che non conoscono ciò che è una macina a pietra, una pressa o un fiscolo.
Il vecchio frantoio va tuttavia, necessariamente, affiancato dal nuovo frantoio, dove l’igiene, la sicurezza alimentare e la qualità del prodotto vengono immediatamente percepiti rilevando sia l’idoneità e la dignità del luogo, sia la modernità tecnologica delle macchine utilizzate per ottenere l’olio extravergine di qualità.
E’ sul nuovo concetto di qualità dell’olio che appunto ci si deve intendere; perché per fare eccellenza oggi non basta più un’acidità inferiore anche a 0,8 o un numero di perossidi inferiore a 20.
Il nuovo consumatore che paga il vero olio italiano più del doppio rispetto a un “made in Mediterraneo” pretende la “qualità nuova”: la qualità organolettica; e questa è legata in modo indissolubile alla tecnologia olearia utilizzata e al suo corretto uso.
Possiamo infatti dire, senza ombra di smentita, che l’olio non lo fa il frantoio, ma si fa “con” il frantoio. Il frantoio va quindi utilizzato e inteso quasi come uno strumento musicale che ha i suoi accordi da tarare a seconda della varietà delle olive e del loro grado di maturazione. Spesso può addirittura succedere che il frantoiano possiede una macchina giusta, ma che l’utilizzi in modo non corretto, rovinando il prodotto-olio finale.
Bisogna quindi conoscere nei minimi dettagli il frangitore con tutte le possibilità di utilizzo delle differenti griglie e/o martelli per definire, ad esempio, la gradualità e la tipologia del colore; bisogna calcolare i differenti tempi di gramolazione e l’interferenza ossidativa correlata; bisogna conoscere la possibilità di variare i giri del decanter per differenziare l’intensità dei fruttati e degli amari; bisogna decidere la temperatura e la quantità dell’acqua da aggiungere e così via…
E soprattutto bisogna calcolare le temperature delle paste quando passano dal frangitore in gramola se vogliamo i profumi dell’olio.
Si tratta, realmente, quindi di una complessa e delicata taratura che presuppone la conoscenza dello “strumento” e necessita di idee molto chiare a proposito del prodotto finale da ottenere.
La formazione per il frantoiano rappresenta quindi la nuova esigenza e la nuova frontiera su cui misurarsi per ottenere risultati significativi sia da un punto di vista materiale (profitto economico), che immateriale (soddisfazioni intrinseche). Ma “il miracolo” può avvenire non solo se abbiamo coscienza e conoscenza sulla nostra professionalità; esso si realizza alla condizione indispensabile di possedere lo strumento adatto; ecco quindi la necessità primaria: conoscere se il nostro frantoio, con tutti gli accorgimenti giusti e con tutta la formazione realizzata e appresa, ci permette di ottenere il prodotto che il nostro consumatore esigente desidera “sentire” ed acquistare. Se il nostro strumento-frantoio infatti non è all’altezza, bisogna decidersi, (sempre considerando naturalmente con l’ottica investimenti-benefici), ad innovare; ma come e quando innovare? La risposta è semplice; si può innovare solo dopo che si conosce. Da qui l’esigenza per i frantoiani, i tecnici, gli assaggiatori a partecipare al corso per “tecnici di frantoio” che annualmente organizzo con vari partner tecnici e istituzionali, dove si potranno conoscere tutte le ultime innovazioni tecnologiche delle più importanti case costruttrici di macchine olearie e si potranno assaggiare i migliori olii italiani di tutti i paesi del mondo, ma dove si avrà la possibilità anche di scambiare opinioni e pareri tra i vari colleghi provenienti da diversi territori e da diverse realtà.
Così è se … volete sempre di più imparare!!!
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