Editoriali

Da Bossi a Zaia. Tasse dal sapore antico

18 aprile 2009 | Ernesto Vania

Il capitale investito nella pubblica amministrazione ha un rendimento del 3% contro l’11% di quello nelle imprese private.
Una differenza abissale ma si sa che lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni e relative pubbliche società non devono fornire utili o produrre dividendi ma semmai servizi per i cittadini.
L’inchiesta del Corriere della Sera pubblicata qualche giorno fa, che prende spunto dal nuovo libro di Rizzo, non impressiona per il puro dato economico quanto piuttosto per la tendenza, ormai consolidatasi, di una riaffermazione della longa mano del pubblico sull’economia.
Dopo un periodo di privatizzazioni si torna indietro. Torna di moda lo spreco di denaro pubblico, comminato di fronte all’opinione pubblica.

Nessuno scandalo se, in tempi di vacche magre, si buttano dalla finestra circa 300 milioni di euro (150 per il Viminale) al fine di rimandare di qualche settimana un referendum su una legge elettorale che non troverà comunque applicazione per qualche anno, ovvero fino alle prossime politiche nazionali.
E’ la Bossi tax, un balzello assai salato e indigesto.

Vi sono comunque altre “tax” meno lampanti ma alla luce del sole.
E’ sotto gli occhi di tutti che i vari vertici, le cui sigle stanno aumentando a vista d’occhio, producono effetti assai modesti e rappresentano, per lo più, passerelle per governanti e ministri.
Il vero lavoro diplomatico viene svolto altrove, nel corso di trattative più riservate.
I documenti che scaturiscono da tali summit sono guazzabugli confusi, degni del manzoniano Azzeccagarbugli, che, nella migliore delle ipotesi vengono definiti preparatori o propedeutici a veri accordi. Un metodo elegante, in politichese, per dire che sono poco più che carta straccia.

Perché allora moltiplicare questi vertici?
Semplice, perché forniscono visibilità ai protagonisti e i politici hanno bisogno di notorietà quanto un comune essere umano di ossigeno.

Ecco perché consideriamo il G8 agricolo una Zaia-tax.
Non sappiamo di preciso quanto sia costato ai contribuenti italiani, non sappiano se e in quale misura i fondi siano stati recuperati dallo scarno bilancio del Ministero delle politiche agricole.
Sappiamo che non è un caso se Zaia ha voluto organizzare tale vertice nella “sua” Treviso.

In perfetto stile gambero l’Italia torna indietro, alle partecipazioni statali e ai Ministri che curano il proprio orticello elettorale con regalie di diversa foggia.

Benvenuti nella Terza Repubblica, che assomiglia molto alla Prima.

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