Editoriali

SIGNORSI’, MI ADEGUO

09 giugno 2007 | Ernesto Vania

L’attività prevalente del Ministero delle Politiche agricole, agroalimentari e forestali sta diventando quella di appoggiare iniziative altrui e di esprimere soddisfazione per azioni e decisioni di altri.
Il Mipaaf sta divenendo esecutore di idee, di progetti e proposte che non gli appartengono, quasi che De Castro, dopo solo un anno di Governo, abbia esaurito ogni vena creativa.
Naturalmente ci auguriamo di aver sbagliato valutazione ma da recenti vicende traiamo indizi difficilmente interpretabili diversamente.
E’ stato infatti solo a seguito delle pressioni di Coldiretti e Slow Food che De Castro ha annunciato una bozza di decreto legge sull’etichettatura d’origine degli oli extra vergini d’oliva.
Dobbiamo alle organizzazioni di categoria la richiesta di ritiro degli articoli 7 e 9 della legge comunitaria 2007, che abrogava l’etichettatura d’origine obbligatoria per tutti gli alimenti e le recenti dichiarazioni, possiamo definirle battaglie?, di De Castro a favore dell’indicazione della provenienza su tutti i cibi.
Mentre in Europa i Ministri dell’agricoltura, al recente Consiglio agricolo europeo, si sono scannati per ottenere un sistema di gestione dei fondi agricoli più affine alle necessità nazionali, De Castro ha sottolineato che "occorre creare un meccanismo semplice e trasparente che permetta di determinare la provenienza geografica dei prodotti; la politica europea di sviluppo rurale deve infatti contribuire a rafforzare il senso di appartenenza ad un territorio, per recuperare lo spirito imprenditoriale degli agricoltori e stimolare così un continuo miglioramento della qualità dei prodotti".
Un programma sfuggente e destinato a fallire anche perché sconta una politica delle alleanze alquanto rovinosa. Cercare infatti il sostegno e l’appoggio di Romania e Ungheria, come ha provato a ottenere nel corso delle recenti visite ufficiali, quando è noto che l’agricoltura europea è dominata dall’asse franco tedesco, talvolta interrotto dalla sola Spagna, è un atto di rassegnazione.
Non resta allora che darsi alti obiettivi, conditi da vaghe promesse, pronti, in caso di sconfitta, a scagliarsi contro l’Unione europea e la Commissione, designate quali lontani capri espiatori.
Ben diverse aspettative avevo quando De Castro assunse la guida del Ministero delle Politiche agricole.
Pensavo fosse un uomo coraggioso e deciso, e le prime azioni, come l’operazione sui crediti Inps, mi avevano fatto sperare che l’agricoltura avesse, dopo molto tempo, un vero Ministro.
Oggi, a meno di inaspettati colpi di reni, sono molto più scettico.
Non posso accettare che, a fronte di un’unanime protesta di professionisti e organizzazioni di categoria sull’applicazione della revisione degli estimi, De Castro sia rimasto silente, quasi nascosto, salvo poi applaudire l’emendamento firmato dal Presidente della Commissione finanze del Senato col quale si apre la strada a tempi più congrui per i ricorsi sugli estimi agricoli.
Negli ultimi tempi, forse a causa dell’instabilità politica e della conseguente incertezza sul suo futuro, mi pare proprio che De Castro stia andando a rimorchio, aspetti di capire dove spira il vento prima di indirizzare la prua, un atteggiamento sconfortante.
Al timone dell’agricoltura d’oggi occorre un uomo di polso, un capitano.
Il motto di De Castro, nelle ultime settimane almeno, pare invece essere “signorsì, mi adeguo.”