Editoriali

VECCHIO MONDO ANTICO

09 settembre 2006 | Ernesto Vania

Il mondo agricolo è malato, di vecchiaia.
Quando ho letto le parole del Presidente della Giunta regionale della Sardegna ho capito che il de profundis è davvero vicino.
Secondo Soru il settore agricolo è “un grande mondo portatore di un importante valore antropologico che vogliamo difendere e far crescere”.
Animali rari, da salvaguardare, i contadini. Magari da chiudere in recinti o in parchi (Guarda, mamma, un contadino! Sì, caro, ma non tirargli le noccioline).
Caro, vecchio mondo antico, fiabesco, bucolico, folckloristico.
Eppure i giovani non mancano, tra prepensionamenti e insediamento di under 40, linfa fresca dovrebbe essere affluita.
L’Ismea ha registrato un aumento considerevole nell’utilizzo dei fondi destinati ai giovani agricoltori. I laureati, secondo un recente sondaggio, sognano un futuro verde, a gestire un’impresa agricola e un agriturismo.
Nella realtà, tutta questa gioventù che avanza non si vede, è sufficiente recarsi in una delle tante fiere di settore per accorgersene.
L’interesse per il mondo rurale esiste, a parole, oppure quel tanto che basta per trascorrere qualche giorno in campagna. Viverci e lavorarci è tutt’altra questione.
Purtroppo, infatti, la maggior parte dei giovani che subentrano alla guida delle imprese agricole di famiglia non ha acquisito esperienze al di fuori del settore agricolo, spesso neppure lontano dalla propria regione di appartenenza.
Le nozioni acquisite all’università possono essere utili, talvolta forniscono spunti per innovazioni interessanti, ma comunque limitate.
Una visione tunnel che manca di un approccio multidisciplinare alla gestione aziendale, di esperienze in settori diversi, a contatto con una realtà che cambia vorticosamente.
“Non è più possibile affrontare le sfide con gli strumenti di ieri, perché i cambiamenti sono tanti e soprattutto sono velocissimi – ha recentemente affermato il Ministro De Castro – non è più possibile mandare a Bruxelles il Ministro da solo per portare a casa finanziamenti sulla cui utilità il dibattito è aperto: bisogna capire infatti se la realtà è drogata da questi aiuti esterni. Una cosa è certa, i tempi in cui si battevano i pugni sul tavolo sono finiti da un pezzo. Ora tutte le istituzioni, i consorzi, l’intero apparato produttivo del Paese deve formulare proposte concrete che la Comunità Europea potrà fare proprie.”

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