Editoriali

L'ITALIA CHE CONTA

04 marzo 2006 | Ernesto Vania

C’è un’Italia che conta.
La Fiat era in profonda crisi. Nel 2002 era sull’orlo del collasso, addirittura della bancarotta. Si è mosso lo Stato. Aiuti immediati, un piano di salvataggio. Siamo andati ai confini, forse oltre, della regole imposteci dall’Unione europea. Tutto pur di salvare l’industria simbolo del nostro Paese.
Pochi mesi dopo è toccato all’Alitalia godere della benevolenza del Governo. Soldi che hanno suscitato le ire delle altre compagnie aeree e di altre Nazioni. Abbiamo rischiato, anche in questo caso, sanzioni da parte della Comunità europea.
L’Enel, pochi giorni fa, ha visto bloccato il suo tentativo, maldestro, di lanciare un’Opa su una importante compagnia energetica francese. Apriti cielo. Le affermazioni di buona parte della politica italiana sono state tanto dure che ho pensato che fossimo sul punto di dichiarare guerra alla Francia. Tremonti è voltato, d’urgenza, a Bruxelles, pretendendo un’inchiesta e ottenendola!
Analoga attenzione non la ricevette Parmalat, colosso dell’agroalimentare italiano, all’epoca della scoperta del buco frutto della gestione “allegra” di Tanzi. Nessun programma di salvataggio, per l’azienda di Parma solo le regole, ferree e rigide, del mercato e del diritto societario.
SOS, prestigiosa azienda Andalusa, ha acquistato in pochi mesi due storici marchi: Sasso e Carapelli. Aziende storiche nel panorama oleario italiano. Si trattava di imprese in difficoltà, che non hanno potuto beneficiare si alcun supporto “speciale” da parte del Governo o del Ministero delle Politiche agricole.Perchè?
A cosa dobbiamo questa disparità di trattamento?
Si può giungere a un’unica conclusione: il settore agroalimentare non è più considerato strategico dalla politica.
L’autosufficienza alimentare non è più né un valore né un obiettivo.
C’è un Italia che conta, ma non è più il settore primario.