Editoriali
Olivicoltura italiana nel mirino. Fuoco!
20 dicembre 2013 | Alberto Grimelli
L'olivicoltura italiana è nel mirino. L'ordine di sparare impartito. Il proiettile è in viaggio ma non ha ancora raggiunto il bersaglio.
L'immagine è cruenta, decisamente non in linea con lo spirito natalizio. Un ultimo sforzo di realismo, con un goccio di ottimismo, prima delle Feste.
Alcune domande sono d'obbligo: chi ha messo nel mirino l'olivicoltura italiana? Chi ha dato l'ordine di sparare? Si può fermare il proiettile?
Sono le tre domande che ho posto, nelle ultime settimane, ai rappresentanti della filiera olivicola, di ogni schieramento e credo fossero. Il mondo associazionistico è anacronistico, sta perdendo di credibilità e rappresentatività. Tutto vero ma sono loro che, ancora, siedono ai tavoli decisionali. E' per le loro menti che passano le politiche di settore. Sono loro che giocano con la vita della nostra olivicoltura.
Al di là dell'eterna diatriba con l'industria e gli imbottigliatori, è ora di cominciare a pensare che il futuro è nelle nostre mani, anzi nei programmi e nei progetti di Piero Gonnelli di Aifo, Gennaro Sicolo del Cno, Massimo Gargano di Unaprol, Elia Fiorillo del Ceq e Donato Rossi di Confagricoltura.
Ciascuno di loro ha delineato la propria visione dello stato di salute dell'olivicoltura e le indicazioni sul prossimo futuro.
Tornando alla metafora iniziale c'è chi crede sia meglio schivare il proiettile, chi corazzarsi perchè l'impatto provochi i minori danni possibili e chi vorrebbe anche uccidere l'assalitore, prima che spari un secondo colpo.
Ho imparato molto da ciascuno degli interventi.
L'olivicoltura italiana ha molti nemici, in Italia e all'estero. Se scomparisse, o almeno si riducesse a pura testimonianza, molti tirerebbero un sospiro di sollievo. Qualità, biodiversità, tipicità diventerebbero echi lontani, facilmente soffocabili a suon di promozioni e di campagne di marketing molto evocative e assai ambigue.
Il nemico più insidioso dell'olivicoltura italiana si annida però nel suo stesso seno. Certo ci sono le associazioni che hanno sperperato milioni di euro, e soprattutto anni, inseguendo politiche che non hanno portato a risultati esaltanti. Non voglio parlare di loro, però. Oggi sono diventati capri espiatori ideali e giustamente stanno pagando il fio delle loro colpe.
Scagli però la prima pietra chi è senza peccato. Gli olivicoltori che usano principi attivi fuorilegge sono da assolvere? Quelli che mischiano olio vecchio con quello nuovo, tanto il consumatore non se ne accorge, hanno l'animo in pace? I frantoiani che fanno arrivare le olive da altre regioni, salvo poi spacciarle per locali, hanno l'animo candido? Quelli che vendono per proprio comprando in realtà olio altrui non stanno forse truffando il consumatore?
Pochi e piccoli esempi di come l'olivicoltura italiana riesca a farsi male da sola, anche senza nemici esterni.
Negli interventi degli autorevoli rappresentati del mondo associazionistico ho intravisto progetti interessanti e pensieri meritevoli di approfondimento. Poca autocritica, però, molto velata e poco incisiva.
E' ovvio che il primo compito di un sindacato sia di proteggere i propri associati, ma non fino all'autolesionismo. Sì, perchè ho il tremendo sospetto che qualcuno abbia messo al muro l'olivicoltura italiana, che altri abbiano caricato i fucili ma che siano stati proprio olivicoltori e frantoiani ad aver ordinato: fuoco!
Troppo spesso ci si autoassolve, si chiude un occhio. Anche tutti e due. La crisi, i costi, le truffe. Tutto diventa un alibi per poter barare, almeno un pochino. Solo per la sopravvivenza. Si dimentica così un saggio detto: “ciò che non vuoi sia fatto a te non fare agli altri” (Confucio).
E' chi ha ordinato di fare fuoco che può fermare il proiettile.
Infine permettetemi un ringraziamento.
A tutta la redazione e i collaboratori di Teatro Naturale, vecchi e nuovi, per aver condiviso il nuovo progetto e il nuovo corso delle riviste, assecondando un direttore pignolo e insopportabile. Non vi prometto che diventerò più buono, anche perchè tanto non ci credereste e avreste ragione.
Soprattutto voglio ringraziare voi, cari lettori, per aver così ben accolto l'evoluzione di Teatro Naturale. Per gli apprezzamenti e per le critiche. Per i contributi, i commenti e le lettere. Siete sempre più numerosi e più appassionati. Una crescita che è uno stimolo ad offrirvi sempre di più. Ci stiamo già lavorando. Le novità nel 2014 non mancheranno. Vi aspetto tutti dal 7 gennaio! Buon Natale e Felice Anno Nuovo.
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