Editoriali

Nel settore oleario bisogna vincere la logica dei grandi numeri

13 dicembre 2013 | Donato Rossi

Qualsiasi proposta per il settore olivicolo italiano porta oggi a riflettere, inevitabilmente, sulle grandi opportunità di mercato che esistono, ma anche sulle sue problematicità: la grande professionalità, l’attenzione alla qualità dei produttori, la ricchezza varietale e le condizioni climatiche favorevoli, che confluiscono in prodotti di eccellenza riconosciuta in tutto il mondo, devono essere valutate considerando allo stesso tempo le carenze strutturali, i costi di produzione elevati, la difficoltà di aggregazione dei produttori e, infine, la grande piaga delle sofisticazioni.
Ad oggi l’abbandono dell’oliveto è ancora un fenomeno circoscritto ad alcune aree e ad una certa tipologia produttiva ed imprenditoriale. In prospettiva però la nuova Pac potrebbe portare nuove criticità per il settore. L’abbandono, dunque, seppure contenuto tenderà ad acuirsi, per il ridimensionamento degli aiuti che stimoleranno l’uscita di molti olivicoltori ad oggi considerati marginali o amatoriali e non solo. Ciò comunque non dovrebbe incidere in maniera rilevante sulla produzione media del nostro Paese, anche perché l’arrivo delle nuove tecniche di impianto sta generando un adeguamento della produzione olivicola verso l’alto che sostanzialmente dovrebbe riequilibrare anche i possibili cali produttivi. Anche se,data l’età media elevata dei conduttori,andrebbero comunque pensati provvedimenti ad hoc per far entrare i giovani in olivicoltura, con forme di finanziamento agevolate, che favoriscano la successione,attraverso la semplificazione burocratica.
Quello che più preoccupa, piuttosto, è la mancanza di progettualità e di innovazione, che ostacola la realizzazione di determinati fattori di crescita per il settore. Occorrerebbe favorire il processo di integrazione della filiera a valle con maggiori incentivi al confezionamento e alla commercializzazione. In questo modo si potrebbe assicurare anche un reddito più adeguato per il produttore. A tale proposito Confagricoltura sta portando avanti un progetto di integrazione di filiera come Assofrantoi.
Oggi nel settore olivicolo la logica dei grandi numeri sembra prevalere sul prodotto artigianale, anche se non penso, e ci tengo a precisarlo, che necessariamente un prodotto cosiddetto industriale sia di qualità ridotta.
Ad ogni modo il comparto olivicolo nazionale conserva una forte propensione all’export! Gli scambi commerciali italiani nel corso del 2013 mostrano un incremento del fatturato legato all'export e minori importazioni. E gli analisti riferiscono di un aumento, seppure a tassi di crescita contenuti, della domanda mondiale, grazie anche ad una maggior conoscenza del prodotto in aree non tradizionalmente consumatrici.
Le cose non vanno altrettanto bene per la domanda interna, che registra una tendenza al ribasso dei consumi, nonostante il calo dei prezzi, che continua a perdurare anche in questa campagna. Far conoscere il nostro olio nei modi e nei contesti giusti è prioritario. I nuovi mercati ci stanno dando segnali positivi, ma rimane la carenza di informazione. Anche sul mercato nazionale.
Per Confagricoltura sono fondamentali l’ educazione al consumo e le informazioni per far apprezzare la ricchezza e la versatilità di un prodotto che eccelle per le sue valenze organolettiche, gastronomiche e salutistiche.
Noi riteniamo che vada consolidato un percorso di promozione al consumo “consapevole”, finalizzato ad affermare nel consumatore un gusto specifico dell’ olio d’oliva, che lo induca a scelte precise all’atto dell’acquisto o al ristorante.
Questo potrebbe essere uno dei temi su cui lavorare, anche se poi, come accade spesso, le norme non ci aiutano a diffondere la cultura dell’olio.
Bruxelles ha definitivamente bocciato la norma antirabbocco nei ristoranti e ha lasciato che ogni Paese legiferasse autonomamente in barba alla politica “comune” ed al piano di azione “europeo” per l’olio di oliva, teoricamente individuato dal commissario Ciolos, ma non attuato. Con il mondo della ristorazione ad ogni modo riteniamo che vada alimentato un dialogo costante che esalti le esigenze dell’alta gastronomia e quelle della produzione agricola. E’ un connubio nel quale crediamo molto.

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