Editoriali

Il biologico che vorrei

13 aprile 2013 | Francesco Presti

Sintetizzare in 4000 battute, (spazi inclusi), l’agricoltura biologica non è impresa semplice. L’argomento è vasto e complesso, porta in se delle questioni molto attuali ma di non facile soluzione. Come sciogliere questo nodo? Ripercorro il lungo e tortuoso percorso storico normativo del biologico? No, troppo noioso. I vantaggi del metodo di coltivazione biologico rispetto alla cattiva applicazione dell’agricoltura convenzionale (conseguenze sulla salute dell’uomo e sull’ambiente inclusi)? Mmm … troppo Slow Food. Una disamina alla Vandana Shiva sulla nascita e sulla cultura ambientalista, sulla biodiversità e sulle tradizioni rurali prima della chimica? Bello, ma impossibile in 4000 battute! La crescita di superficie bio, l’aumento di aziende che si certificano e la crescita del volume di affari? Condisco con un po’ di scandali alimentari e il gioco è fatto! Troppo banale!

Praticamente sul biologico è stato già detto e scritto tutto, sicuramente non è ancora stato fatto tutto e la strada è ancora lunga, ma firme molto più importanti del sottoscritto hanno già affrontato la questione da tutti i possibili punti di vista.

Dunque mi sono divertito in questi ultimi tempi a chiedere in ambienti e contesti diversi cosa è il biologico e cosa ne pensava il mio interlocutore. Ho scelto dei luoghi comuni, dove non ha importanza la città, perché questi dialoghi potrebbero essersi svolti ovunque. Io li chiamo “osservatori sociali”.

In pizzeria: chiedo due pizze da portare via e mi metto ad aspettare vicino al pizzaiolo che ha già iniziato a prepararle. Gli racconto che anch’ io provo a fare la pizza in casa ma non mi viene mai buona come quando la compro; eppure uso anche tutti ingredienti biologici gli dico. “Biologici?!? Ah te ci credi eh!?Guarda che è tutto uguale, che differenza vuoi che ci sia?” Mi dice lui. “Bè pensavo che il biologico fosse migliore: più buono, senza schifezze” lo stuzzico io. “Si si ma hai visto quanto costa?” Taglia corto lui, sfornando le pizze e aggiunge: “E poi come faccio ad essere veramente sicuro che non ci siano pesticidi?”

A scuola: classe V elementare, durante un progetto di educazione ambientale. Chiedo ai bambini che cosa significa per loro la parola biologico: ecco alcune delle loro risposte: “Il biologico è quando la frutta e la verdura sono buone”. “E’ biologico tutto quello che non inquina ed è pulito”. “Io biologico non sapere cosa vuole dire” mi ha risposto uno dei bambini extracomunitari presenti. A dire il vero le loro risposte mi sono sembrate un po’ confuse e fatte di nozioni frammentate catturate dalla tv o dai dialoghi degli adulti. Ho avuto l’impressione che non avessero ben presente di che cosa stessero parlando.

Al mercato ortofrutticolo: mi piace ascoltare gli urlatori, quelli che promuovono i loro prodotti migliori o quelli in offerta, nello spazio di pochi metri le loro voci riescono a creare quell’ indistinto vociare tipico di tutti i mercati. Quasi distrattamente chiedo ad uno di loro “Ce l’hai qualcosa di biologico?” Lui mi guarda come se fossi un povero sciocco, con un misto di superiorità e compassione. Mi risponde secco: “No ma quello che ho io è meglio del biologico, questa è roba sana, fresca, guarda che colori… altro che biologico!”

Non vorrei far passasse il messaggio che il lavoro fatto per lo sviluppo dell’agricoltura biologica sia tutto da buttare. Tutt’altro, ormai il biologico è una realtà agronomica, economica e culturale, per molti è il solo futuro possibile. È sicuramente un sistema migliorabile per molti aspetti, ma solamente dieci anni fa sarebbe stato impensabile parlare di agricoltura biologica come viene fatto oggi e questo “gioco”, che può provare chiunque, sarebbe stato impossibile da fare. Certo la parola biologico è ormai entrata nel vocabolario di tutti, a volte sembra addirittura essere fin troppo inflazionata e spesso per la “gente comune”, è solamente un contenitore più o meno vuoto.

Con molta umiltà ho provato ad iniziare a colmare questo vuoto con 4000 battute (spazi inclusi).

 

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Massimo Scacco

16 aprile 2013 ore 13:22

La percezione del biologico potrà cambiare solo quando cambieremo noi (tra molto tempo) o solo quando, più concretamente, in Italia non saranno i controllati a pagare i controllori.

antonio checchi

16 aprile 2013 ore 07:33

Credo al prodotto biologico solo quando riesco a rintracciare la filiera del prodotto stesso.

Romano Satolli

14 aprile 2013 ore 01:13

Purtroppo i controlli da parte degli organismi pubblici sono sempre di meno, mentre sul biologico, accanto a produttori onseti fioriscono persone ambigue che ci speculano sopra e che usano il termine solo per gabbare i consumatori con i prezzi più alti.