Editoriali

Un'agricoltura non inquadrata in caselle

10 novembre 2012 | Francesco Presti

C’è stato un tempo dove l’agricoltura non aveva bisogno di essere inquadrata in caselle tipo ”biologico, convenzionale, OGM”. Si lavorava senza mezzi meccanici, senza le conoscenze scientifiche di oggi e senza prodotti di sintesi chimica, il fine era produrre cibo, non reddito. Non si tratta del medioevo ma dei sistemi agricoli che hanno conosciuto i nostri nonni e bisnonni.

Non voglio proporre il trito concetto del confronto fra globale e locale, la contrapposizione fra nostalgici del mondo antico e sostenitori del progresso a tutti i costi, vorrei sollevare una riflessione e analizzare la questione dal punto di vista ecologico/evolutivo senza scendere in considerazioni agronomiche ed economiche.

Occorre dire che in campagna c’erano tante famiglie numerose e che i metodi, le conoscenze e le tradizioni passavano attraverso le generazioni e i buoni semi. La povertà e lo sfruttamento erano costanti di quella società, l’alfabetizzazione di massa ancora un miraggio, l’aspettativa di vita bassissima eppure il contadino - scarpa grossa ma cervello fino – conduceva uno stile di vita semplice e l’esperienza secolare aveva insegnato a scegliere degli alleati per semplificare la vita e il lavoro: gli animali. Oltre all’alimentazione, questi fornivano forza lavoro, concime, mezzi di trasporto, pellame, piume.

Poi ci sono gli invisibili lavoratori del sottosuolo: i lombrichi. Da sempre sacri per i contadini di un tempo, questi animali restituiscono alla terra più di quello che prendono.

Da svariati milioni di anni questi umili servitori di Madre Terra lavorano silenziosamente portando l’enorme fardello del mantenimento della fertilità del suolo.

Lavoratori instancabili rendono un grande servizio a tutti senza chiedere niente in cambio, con umiltà questi arcaici e semplici animaletti hanno molto da insegnare a noi tutti evoluti ma stressati esseri sociali dotati di ragione: prima di tutto la loro strategia di sopravvivenza, basata sull’amore. I lombrichi sono infatti ermafroditi e hanno un’enorme capacità riproduttiva, in ogni stagione si possono riprodurre a milioni. D’altra parte non predano nessuno (sono anche pacifisti!) ma sono preda di moltissimi uccelli o piccoli mammiferi che sono attirati dal ricco contenuto proteico e anche dalla facilità con cui si fanno catturare. L’amore e la capacità di riprodursi è quindi l’unica strategia che hanno sviluppato per propagare la specie, questo meccanismo è cosi assodato che in questi milioni di anni i lombrichi non si sono evoluti, il loro ruolo nell’ecosistema è cosi perfetto che è rimasto tale dal tempo dei dinosauri.

Secondariamente il loro stile alimentare è basato sugli scarti organici dei piani superiori della catena alimentare, le loro esigenze nutrizionali quindi sono bassissime ma il loro prodotto di scarto concorre alla formazione del complesso chimico che più influenza la fertilità del terreno: l’humus. Questa sostanza è alla base della catena alimentare, prodotto dallo scarto degli altri viventi permette alle piante di proliferare nuovamente per lo sviluppo delle catene trofiche superiori.

Anche l’uomo nel corso dei secoli ha riconosciuto il suo ruolo, oggi dimenticato, ma ancora presente in alcune parole del nostro uso quotidiano.

Analizzando l’etimologia della parola umile si scopre che essa ha una derivazione latina ovvero Humus: basso, che sta sotto, a terra. Ancora oggi chi pratica agricoltura sa che la Terra vuole da noi umiltà: per trapiantare una piantina nell’orto o eliminare i polloni dalla base di un olivo -oggi come agli albori dell’agricoltura- è necessario inchinarsi, genuflettersi. Quando camminiamo in un bosco o in un prato dovremmo ricordarci che i 5 cm di terra che calpestiamo sono opera di milioni di anni di evoluzione e che l’autore di questo miracolo è questo piccolo essere.

Ad Einstein è stata attribuita la frase ”Se scomparissero le api il genere umano si estinguerebbe in 4 anni”. Ed è ormai di dominio pubblico che le api sono il termometro del benessere di un ecosistema. I lombrichi invece indicano la fertilità di un terreno, la loro presenza è sintomo di fertilità e di benessere del suolo. Non so in quanti anni si estinguerebbe l’uomo dalla scomparsa del lombrico. So però che tutti noi dovremmo ritrovare umiltà e amore. Basterebbe fermarsi ed osservare, il primo esempio è sotto i nostri piedi.

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Comunità Ondamica

20 novembre 2012 ore 21:31

Gli elementi di ispirazione possono essere diversi e delle più inaspettate e improbabili nature. Non c'è separazione tra noi, vegetali e animali. Ogni essere vivente può essere esempio per l'Altro. L'umano quando si comporta male non lo fa come un animale ma solo come un umano peggiore degli altri. Lasciamo stare i paragoni con gli animali perché nessuno di loro ha raggiunto livelli di aberrazione come colui che si è autodefinito "sapiens".

Giulio P.

20 novembre 2012 ore 06:58

Sarò tignoso, ma io più che dagli animali consiglio di prendere esempio da uomini che ci hanno lasciato un bell'esempio. Abbiamo una moltitudine di Santi e Beati che con la loro vita e le loro virtù hanno trasformato il mondo. Più degli animali.
Tante volte l'uomo da il peggio di sè quando si comporta proprio come un animale.

Comunità Ondamica

18 novembre 2012 ore 13:04

Grazie per aver ricordato il fondamentale ruolo degli esseri poco visibili, che come tutte le altre cose che si vedono poco o non si vedono affatto, lavorano in silenzio e cambiano il mondo! Anche un lombrico o un'ape ci possono insegnare molto su come esercitare una delle virtù più difficili. Un abbraccio ecosistemico!

francesco presti

10 novembre 2012 ore 17:15

Gentilissimo Sig Preghenella la ringrazio del commento e concordo pienamente con Lei per quanto riguarda la gestione delle risorse pubbliche, dei partiti e delle priorità socio - economiche del nostro paese. Il mio pensiero non era rivolto ai politici e alla politica ma sono felice che abbia suscitato in Lei questa risposta.
La mia riflessione vuole solamente mettere in luce i comportamenti virtuosi (in chiave ecologica) di alcuni organismi "insignificanti", e penso che il valore simbolico che se ne può trarre rappresenti un grande insegnamento.
Il mio invito finale non è ovviamente rivolto a chi l'umiltà nel lavoro (non solo agricolo) la mette già! ma a chi -di passaggio come tutti- prende da questa Terra più di quello che da. E come sappiamo bene, la lista è lunghissima ...
Saluti

Giulio P.

10 novembre 2012 ore 01:12

Difficile non condividere questo messaggio, anche se quella dei lombrichi è la prima volta che la sento, ma le chiedo: come si fa a essere ancora umili con un governo capace di tagliare solo i posti letto negli ospedali? Non ci sono altre spese da tagliare prima? Ad esempio il finanziamento ai partiti che in questi mesi ha dimostrato uno spreco enorme di risorse? Ma per favore non venite a chiudere umiltà a chi lavora la terra, penso che non occorra dirlo ma noi la subiamo tutti i giorni. Un saluto.