Cultura

A Lugano, sul dîvân di Josef Weiss

Una mostra di libri dell’editore d’arte svizzero. Lo scopo è di accogliere in un divano ideale due mondi diversi che la geografia e la storia contemporenee sembrano volere a tutti i costi contrapporre

20 febbraio 2010 | Nicola Dal Falco

Josef Weiss

A Mendrisio si stampano libri. Li destina al mondo Josef Weiss link esterno, facendoli robusti, d’ogni taglia e accento a condizione che suoni poetico.

Il loro creatore è al tempo stesso fisiologo e maestro, ne cura l’aspetto organico, sviluppandone l’agilità, la buona salute nel tempo e naturalmente l’eloquio.
Difficile, poi, definire solo illustrazioni le opere grafiche e pittoriche che accompagnano ogni libro e in particolar modo quelli riuniti nella collana Dîvân, fraternamente ispirata al Divan occidentale-orientale di Goethe.

La prossima mostra a Lugano, aperta dal 6 marzo al 17 aprile nel porticato della Biblioteca Salita dei Frati link esterno, offre l’occasione per osservarli da vicino.

Al centro sono riunite le monotipia eseguite da Dina Moretti link esterno, realizzate per sottrazione, eliminando con strumenti occasionali (stracci, farmmenti di carta, punte, piume…) il colore in più da una superficie inchiostrata.

Sul foglio, passato al torchio, resta un’immagine che appartiene tanto all’artista che al caso. Un risultato «tra caos e caso» come lo definisce la stessa Moretti.
Accanto, saranno anche esposti alcuni dei quaranta dîvân, stampati ognuno in trentatrè copie, che l’editore svizzero ha realizzato a partire dal 2002.
È questa un’impresa affidata ad un formato cartolina: libricini, stretti nella loro custodia, che una volta aperti si squadernano come un leporello, con frasi e immagini impresse sopra una quinta mobile.

Tempi incomparabili
Lo scopo è di accogliere in un divano ideale due mondi diversi che la geografia e la storia contemporenee sembrano volere a tutti i costi contrapporre.
Goethe compose il Divan occidentale-orientale tra il 1814 e il 1827 sotto l’influsso della poesia persiana di Hafez (1320-1390), appena tradotta in tedesco, e della mistica islamica in un momento della sua vita a cui si adattano sorprendentemente i primi versi del primo libro, il Libro del cantore: Ho lasciato scorrere vent’anni/e ho goduto i miei destini;/furono tempi incomparabili/ come l’età dei Barmecidi.

Ora vive con Marianne von Willemer, di trent’anni più giovane, dopo aver trasformato la propria casa in un padiglione di letture, musica e incontri.



Qualcosa che ricorda per analogia le corti sotto le stelle dove alberghi ampia la fede, stretto il pensiero e ci si senta più vicini a quando era tanto sentito il verbo/perché non era scritto, era verbo (Egira, versi 16-18).
In una lettera del 29 ottobre 1815, Goethe dice qualcosa in più, chiarendo per così dire la forza d’attrazione del Divan: vi si troverà qualcosa di cantabile ma, alla maniera orientale, vi predomina la riflessione, ciò che conviene anche agli anni del poeta (…).
E ciò è tipico di genti vissute nel deserto, strette al vuoto, che nell’attimo in cui il cuore si accende di passione sanno mescolare furore e pietà, desideri e speculazione morale.
La riflessione può dirsi piena solo quando la vita ha colto per te fiori da trasformare lentamente in frutti.

Intanto, nella sua casa stamperia, Weiss sta preparando anche un libro con e per Seamus Heaney, premio nobel 1995 per la letteratura. Un libro di due poesie che nella sua genesi illustra bene il procedere ellittico di questo editore.
Due testi che raccontano la metafisica di un luogo, l’Irlanda, tradotti da Marco Sonzogni senior lecturer di italiano all’Università neozelandese di Wellington e impressi a Mendrisio, nel Canton Ticino.
Così, a furia di avanzare verso oriente si giunge in occidente.


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