Cultura
Il futurismo, tra ambiguità e intuizioni folgoranti
A cento anni dalla pubblicazione del celebre Manifesto del Futirsmo di Filippo Tommaso Marinetti, una lettura critica di Sante Ambrosi. Cosa rappresentà il Futirsmo per la cultura e l'Italia?
16 settembre 2023 | Sante Ambrosi

Sono passati cento anni dalla pubblicazione del "Manifesto del Futurismo" sul prestigioso giornale parigino “Le Figaro” da parte di Filippo Tommaso Martinetti. In questo periodo sono in corso manifestazioni e mostre sui temi proposti da questo movimento, che ebbe un notevole influsso nelle espressioni artistiche del primo novecento e che, nei suoi intenti, voleva influenzare anche la politica del nostro paese.
Certo, non possiamo dire che tale movimento abbia espresso opere significative sul piano artistico oltre i primi tentativi che volevano tradurre in pratica le idee espresse nel manifesto. Credo che l’importanza di questo movimento non vada ricercato nelle sue concretizzazioni, quanto nelle intenzioni e nelle idee che esso proponeva.
In altre parole, il Futurismo non ha saputo o non ha potuto esprimere dei contenuti artistici di valore, ma non per questo deve essere considerato un movimento di scarso rilievo sia sul piano artistico, sia sul piano culturale e politico. E questo in un duplice senso: positivo e negativo.
Gli aspetti negativi si notano con molta chiarezza, leggendo i vari manifesti che si succedettero in qui primi anni del novecento. Sono enunciati con grande enfasi i nuovi valori, come la volontà di potenza, la guerra come igiene dell’uomo e di una nazione, rottura con tutto ciò che è tradizione, letteraria e politica, disprezzo della donna, e altro ancora.
Sono principi che riecheggiano la filosofia di Nietzsche, tradotta molto spesso in modo del tutto acritico, su cui non vogliamo insistere. E’ certo, però, che questi principi hanno avuto una forte risonanza e hanno determinato orientamenti profondamente negativi nella cultura e nella società italiana.
Ricordiamo solo l’incidenza che ebbe nell’orientare molti intellettuali e politici verso la partecipazione convinta alla prima guerra mondiale. E poi un diffusa ideologia che esaltava la forza e il progresso come nuovi idoli hanno orientato in modo efficace una cultura e una società , che sono quelle che ancora respiriamo nel nostro tempo.
Ma dobbiamo riconoscere anche valori altamente positivi in questo movimento.
Nella sua volontà di rompere con la tradizione ci ha liberato anche da schemi letterari che ormai si erano esauriti ed ha avviato nuovi orizzonti di espressione artistica. Ancora, ha liberato la parola da sintassi e da metriche che la soffocavano e la svuotavano del suo valore pregnante. Il ritorno alla parola sarà un itinerario seguito da molti scrittori del Novecento.
Pensiamo ad un Ungaretti, ad un Montale, al loro scavo profondo per ricuperare significati profondi ed inediti della parola, togliendola dall’abuso spregiudicato di tanta letteratura fatta di parole sonanti ma molto spesso vuote di contenuti propositivi, ma anche di tanta filosofia che proprio all’inizio del secolo andava perdendo il senso delle cose e dell’essere. Ma tornare al valore delle parole significava anche ritrovare il senso delle cose.
Il linguaggio delle cose e della vita quotidiana diventava un tema centrale di tutto un periodo che non è ancora finito, perché le parole hanno ancora dei sensi nascosti che troppo facilmente si ignorano o non si vogliono cogliere. Ma anche le cose sono ancora da scoprire, la vita, soprattutto, e la sua esistenza, nelle sue luci e nelle sue ombre.
Forse i futuristi non pensavano che il loro movimento che voleva far piazza pulita di tutto il passato avrebbe avviato un ripensamento e una ricerca così affascinante, che ci auguriamo non si spenga, anzi sia ancora vitale.

Il futurismo nella storia della cultura italiana
Il Futirismo, quindi, rappresenta plasticamente e storicamente un periodo dell'Italia.
Ma sarebbe sbagliato definire il futurismo come un movimento culturale unico. Il futurismo di sviluppa infatti dal 1900 al 1945 e si può dividere in tre periodi:
- 1909-1912: futurismo in fase di sviluppo dove si sente una certa influenza del decadentismo simbolista. Questo nuovo movimento di espande tramite la pittura, la scultura, la musica, il teatro, l’architettura, le riviste, i manifesti. Il suo criterio principale è l’interasticità.
- 1912-1915: i futuristi devono schierarsi politicamente, ci sono due fratture: gli interventisti, la maggioranza, guidati da Marinetti; e gli interventisti moderati, che non appoggiano la modernità futurista di Marinetti. Sono guidati da Papini e Palazzeschi, si distaccano dai milanesi.
- Il futurismo entra in politica, aderisce in maggioranza al fascismo fondando associazioni come “Roma futurista”. I futuristi vedevano il fascismo come un modo per realizzare le loro idee violente.
Il Futurismo, dunque, fu un movimento rivoluzionario, nel bene e nel male, che credeva nella necessità di una violenta sovversione culturale e sociale. I futuristi guardavano al passato e alla tradizione come elementi da estirpare a favore di una fede cieca nel prograsso e nella tecnica, tanto da voler abolire ogni forma di regola, anche nella scrittura, per esempio eliminando la punteggiatura.
Nelle opere futuriste è quasi sempre costante la ricerca del dinamismo; cioè il soggetto non appare mai fermo, ma in movimento: ad esempio, per loro un cavallo in movimento non ha quattro gambe, ne ha venti. Così la simultaneità della visione diventa il tratto principale dei quadri futuristi; lo spettatore non guarda passivamente l'oggetto statico, ma ne è come avvolto, testimone di un'azione rappresentata durante il suo svolgimento.
Per rendere l'idea del moto nelle arti visive tradizionali, immobili per costituzione, il Futurismo si serve, nella pittura e nella scultura, principalmente delle “linee-forza”; poiché la linea agisce psicologicamente sull'osservatore con significato direzionale, essa, collocandosi in varie posizioni, supera la sua essenza di semplice segmento e diventa “forza” centrifuga e centripeta, mentre oggetti, colori e piani si sospingono in una catena di “contrasti simultanei”, determinando la resa del “dinamismo universale”.
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