Cultura
Le radici dello sviluppo dell’olivo e dell’olivicoltura nel Mediterraneo

Alti e bassi della coltivazione dell’olivo dal Bronzo Antico fino al II millennio a.C. L’industria dell’olio di oliva diventa una produzione di massa nell’Età del Ferro
10 luglio 2024 | T N
Le prime esperienze di domesticazione dell’olivo (Olea europaea L.) si sono verificate tra la fine del Calcolitico e il Bronzo Antico I (3400-3000 a.C.), in una regione compresa tra il nord del Mar Morto e il lago di Galilea, lungo l’alta Valle del Giordano, dove la varietà selvatica dell’olivo (Olea europaea var. sylvestris) non poteva crescere spontaneamente.
È ampiamente attestato che i frutti della pianta selvatica furono sfruttati per secoli prima della sua domesticazione; le prime testimonianze della raccolta delle olive dall’olivo selvatico risalgono al Paleolitico presso la grotta di Ohalo (17000 a.C.) mentre le prime evidenze dell’estrazione dell’olio d’oliva, rinvenute nel sito sommerso di Kfar Samir (4500 a.C.), mostrano che le prime produzioni di olio precedono di almeno un millennio la domesticazione dell’olivo.
Dalla fine del III millennio a.C., tuttavia, l’incrocio dei dati archeobotanici, dei record pollinici e dei dati archeologici evidenzia una fase di crisi dell’olivicoltura nascente nel Levante meridionale, cui sembra coincidere uno spostamento dell’asse agricolo e produttivo nelle regioni più settentrionali della Siria e nell’Egeo. Non è un caso che la crisi agricola coincida con la crisi del fenomeno urbano del III millennio a.C.: l’oleicoltura necessita di un grande investimento di tempo e di competenze agronomiche specifiche, che può essere sostenuta solo con il supporto di un apparato che ne garantisca l’esistenza.
Seppur sviluppatasi molto in ritardo rispetto al Levante meridionale, circa un millennio dopo, la produzione di olio in contesto egeo sembra aver avuto uno sviluppo tecnologico molto più veloce: questo potrebbe essere dovuto a diversi fattori, tra cui la necessità di colmare il deficit produttivo che ha caratterizzato l’Età del Bronzo Medio levantina e che si è presumibilmente ripercossa anche sulle esportazioni internazionali di cui varie zone del Mediterraneo beneficiavano.
L’assetto sociopolitico ed economico che si conforma nel Mediterraneo del II millennio a.C. è caratterizzato da una prima vera fase di internazionalismo che coinvolge tutto il Mediterraneo orientale. Le vie commerciali, più marittime che terrestri, sono ormai aperte a quasi tutto il Mediterraneo e il ruolo di produttore ed esportatore di olio del Levante meridionale, da centrale quale era nel Bronzo Antico, risulta nel corso del II millennio a.C. parte di una dinamica policentrica.
Quel che sembra restare invariato durante tutto l’arco del II millennio a.C. è il ruolo acquisito dall’olio d’oliva nelle civiltà mediterranee preclassiche: un bene di lusso, la cui lavorazione, faticosa e lenta, è fondamentalmente dedicata ad usi speciali o che potremmo definire secondari rispetto a quello alimentare ma che sono di primaria importanza nell’autorappresentazione di una cultura.
L’industria dell’olio diventa una produzione di massa nell’Età del Ferro: nelle città di provincia del regno di Giudea, le aree di produzione diventano parte della pianificazione urbana, come a Tell Beit Mirsim, e parte integrante dell’economia reale. La città-regno di Tell Miqne/Ekron divenne nel VII secolo a.C. un centro di produzione oleario senza precedenti nel mondo preclassico, con l’installazione di un complesso produttivo con circa 115 presse a leva.
Bibliografia
Sharon Sabatini, LA CULTURA DELL’OLIO D’OLIVA NEL MEDITERRANEO ORIENTALE TRA IL II E IL I MILLENNIO A.C., Vicino Oriente XXVIII N.S. (2024), pp. 115-126