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Si torna a far l'olio d'oliva a Selinunte: oggi è il parco archeologico più esteso d'Europa

Si torna a far l'olio d'oliva a Selinunte: oggi è il parco archeologico più esteso d'Europa

L'olio di oliva era il fulcro della vita dell'Antica Grecia e oggi in Sicilia si riscopre il sapore della storia grazie a 18 ettari di oliveti

24 luglio 2023 | T N

Selinunte era un'antica città siceliota situata sulla costa sud-occidentale della Sicilia, nell'odierna provincia di Trapani.

I coloni di Megara Hyblea (vicino l'attuale Augusta), guidati dall'ecista Pammilos, cercano nuovi sbocchi commerciali nella parte occidentale della Sicilia: fondano la colonia di Selinunte nel 650 a.C., come ricco emporio, e prendono il nome da "Selinòn", che indica le foglie d'apio, un prezzemolo selvatico che cresce abbondante lungo le sponde e nella valle del fiume Modione. Assorbita in quello che diventò l'Impero Romano, Selinunte non si riprese più, andando in rovina.

I primi saggi e scavi furono eseguiti nel 1809 da parte degli inglesi. Nel 1823, due architetti inglesi, Samuel Angell e William Harris, iniziarono a scavare a Selinunte nel corso del loro tour in Sicilia e si imbatterono in diversi frammenti delle metope dal tempio arcaico oggi chiamato come “Tempio C.”

Oggi è il parco archeologico più esteso d'Europa. I ruderi della città si trovano nel territorio del comune di Castelvetrano, nei pressi della foce del Belice.

Si torna a far l'olio d'oliva a Selinunte

I 18 ettari di uliveti dentro il Parco archeologico di Selinunte torneranno a fiorire per produrre olive da cui verrà estratto olio extra vergine bio.

L'azienda agricola Centonze lo scorso autunno ha ottenuto l'affidamento per 6 anni della gestione delle piante secolari di ulivo che si trovano all'ombra dei templi e delle rovine selinuntine.

La prima raccolta avverrà a ottobre e l'olio sarà confezionato in latte con la dicitura 'olio da uliveti monumentali'. Dallo scorso anno gli agricoltori di Centonze hanno rimesso in produzione gli ulivi. Dapprima la pulizia dell'areale da tronchi e rami secchi e poi la potatura. Un intervento radicale sui tre appezzamenti, di cui uno addossato al tempio E, per un totale di 1.500 piante di ulivi della cultivar Nocellara del Belìce.

"Per noi coltivare gli ulivi del Parco archeologico è come chiudere una filiera - spiega Nino Centonze - proprio perché dentro la nostra azienda a pochi chilometri da Selinunte, si trovano le latomie da dove veniva estratta la roccia per i templi. Così combiniamo buon prodotto offrendo ai nostri clienti anche la visita a questo territorio straordinario".

"Da alcuni anni portiamo avanti un progetto di rivalutazione dei terreni che erano incolti dentro il Parco - spiega il direttore Felice Crescente - nell'ottica di arricchire l'offerta ai visitatori ma anche di riprendere la storia dell'antica città dove esistevano certe colture in alcuni spazi dell'area extraurbana". La produzione d'olio di quest'anno arricchisce il 'paniere' targato Selinunte.

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