Cultura 28/03/2014

Quali capisaldi per l'agricoltura del futuro? Lavoro, capitale e conoscenza

All'inaugurazione del 261° anno accademico dei Georgofili per parlare di crisi ma soprattutto dei modi per uscirne. Sembra diffondersi anche una deformata opinione secondo la quale l'agricoltura servirebbe ormai solo a mantenere la fauna selvatica e ad assicurare uno svago. Senza riflettere e capire che la vita dell'uomo è indissolubilmente legata a quella dell'agricoltura


Siamo soliti parlare al singolare di una crisi in atto, facendo forse un tacito riferimento a quella di origine finanziaria esplosa nel 2008. In realtà, si tratta di una ormai lunga depressione e recessione, nelle quali si sono intrecciate molteplici concause: politiche, ideologiche, sociali, morali, economiche, ecc.. Contestualmente, si sono diffuse anche forti innovazioni tecnologiche che già dal secolo scorso hanno creato, oltre a benefici, anche non facili impatti. Cominciamo quindi col precisare che a provocare l'attuale situazione di diffusa disoccupazione, nuova povertà e generale disorientamento, ha contribuito un insieme di fattori ciascuno entrato in crisi.
In questa complessa e confusa realtà, riteniamo sia utile puntare i riflettori su tre elementi (lavoro, capitale, conoscenza) che emergono come capisaldi determinanti per il nostro futuro. Li esamineremo singolarmente partendo, per ciascuno, da riferimenti all'agricoltura e mantenendo sempre un sguardo particolare sul nostro settore primario, quale madre di tutte le attività umane, nella piena convinzione che sia destinato a essere ancora arbitro del futuro globale.

Lavoro
Cominciamo dal lavoro e da alcune sue fasi storiche.
Per elaborare i propri prodotti primari (alimenti, fibre tessili, legno, ecc.), nelle e dalle aziende agrarie nacquero le manifatture. Si svilupparono poi le industrie e furono impiegate macchine ovunque e comunque potessero ridurre la fatica del lavoro manuale e il numero delle ore lavorative occorrenti per realizzare una unità di prodotto. Il capitale investito nelle macchine ha quindi gradualmente sostituito il lavoro dell'uomo e degli animali. Ciò poteva creare avvii di disoccupazione e quindi venne osteggiato. La meccanizzazione comunque si è fortemente affermata in tutti i settori perché riduceva i costi, aumentava la competitività sui mercati, migliorava le
condizioni di vita, non soltanto incrementando produttività, redditi e salari, ma anche proponendo qualificazioni del lavoro.
Nuove e plurime tecnologie hanno poi provocato ulteriori importanti cambiamenti, ripetendo vantaggi e vicende analoghe a quelle indotte dalla meccanizzazione. Basti pensare al numero crescente di persone che hanno dovuto operare online e in digitale, modificando l'organizzazione delle attività e coinvolgendo anche il lavoro di impiegati e dirigenti. Altre nuove tecnologie stanno
sviluppandosi e molte diverranno irrinunciabili. Cresceranno i sistemi robotizzati. Si utilizzeranno sempre più i satelliti per teleguidare lavori di grande precisione, anche nelle operazioni colturali agricole. Si diffonderanno nuovi mezzi di trasporto automatici. Per non parlare dei sempre più stupefacenti mezzi di comunicazione.
L'odierna disoccupazione viene spesso genericamente attribuita agli effetti di una crisi transitoria e l'attenzione sembra concentrarsi quasi sempre sulla tutela delle vecchie regole per i posti di lavoro esistenti. Bisogna invece considerare che alcuni cambiamenti sono permanenti e forieri di nuovi orizzonti per l'intero mondo del lavoro. Per far fronte all'emergenza è quindi indispensabile creare al più presto nuovi posti di lavoro tradizionali, ma allo stesso tempo dobbiamo adeguare la formazione dei giovani e riqualificare i meno giovani con aggiornamenti continui.
Nuovi modelli scolastici dovrebbero diffondere cultura e dottrina, ma anche stimolare lo spirito critico e creativo (cioè quanto i computer non sono in grado di svolgere, almeno per ora). Oggi sembra più importante saper realizzare rapide sintesi che memorizzare. Occorrono diplomati e laureati capaci di valorizzare la propria intelligenza e preparazione generale, anche perché le aziende che li dovranno assumere spesso li valutano su queste basi e provvedono ad impartire loro una successiva formazione specialistica, mirata alle specifiche attività da svolgere.
Non sarà certo facile, ma necessario modificare anche i vecchi concetti sul posto di lavoro "fisso",
inteso come garantito "a vita", emblematicamente espresso dal "ruolo" nello Stato e nelle Pubbliche Amministrazioni, i cui costi per spese di personale sono divenuti insostenibili e sono ormai incompatibili con la dinamica realtà attuale.
L'agricoltura ci offre un significativo esempio sul quale riflettere. Perché riconoscere il diritto di avere comunque un "assegno di cittadinanza" minimo da parte di chi rifiuta il lavoro che occupavano i suoi genitori o nonni?

Capitale
In agricoltura, sono stati realizzati plurisecolari rapporti contrattuali tra lavoro e capitale, ad esempio con la mezzadria che è stata anche substrato fertile per la grande civiltà contadina in vaste aree della nostra penisola. Ma questi rapporti sono stati interrotti e cancellati con decisioni imposte per legge a metà del '900.
La storia continua comunque ad insegnarci che il capitale è essenziale, purché agisca nel rispetto dei valori e della dignità umana e non venga utilizzato per avide speculazioni finanziarie, che possono essere rischiose per tutti.
Non sapremo mai come la mezzadria avrebbe potuto evolversi se fosse rimasta libera. Ma è molto probabile che il lavoro avrebbe acquisito la maggiore forza contrattuale, fino a poterne acquisire la proprietà. Non a caso, nacque allora il contoterzismo che si è rapidamente sviluppato con successo e che potrebbe rappresentare un valido indice a sostegno di questa ipotesi.
Anche nel settore agricolo si stanno affermando imprese (grandi, medie o piccole), non necessariamente dotate di loro proprietà fondiarie (da sempre utilizzate quale garanzia bancaria), ma che hanno essenzialmente bisogno solo di due elementi: conoscenza e capitale. Cioè, di conoscenza del mercato e del know how per produrre, nonché di capitali per acquisire, ovunque sia più opportuno, l'uso della terra, degli strumenti, del lavoro e di quanto necessario a realizzare i propri progetti. Occorrono quindi idee, capacità manageriali e finanziamenti per stimolare e sostenere creative e libere iniziative imprenditoriali, che rischiano in proprio e che possono più rapidamente fornire esempi concreti di nuovi indirizzi imitabili. Gli interventi dello Stato e delle Amministrazioni pubbliche, con i loro tempi lunghi, non sono in grado di agire direttamente, in modo altrettanto tempestivo ed efficace. Per analoghi motivi, vanno riconsiderati anche i sostegni finanziari (europei, nazionali o regionali) che vengono attualmente distribuiti, condizionandoli all'attuazione di rigide scelte dettate dall'alto, non sempre basate su criteri razionali e validi, governate poi da una pesante e lenta burocrazia.

Conoscenza
L'impulso che dalla metà del '700 i Georgofili dettero allo studio e alla ricerca produsse acquisizioni di nuove e importanti conoscenze agronomiche. Ma quelle grandi innovazioni di allora sono ormai annoverate fra le tecniche tradizionali. Hanno lasciato il posto a ulteriori cambiamenti, tanto forti da essere definiti "rivoluzioni", battezzate di solito con il nome del settore prevalentemente interessato
("agronomica", "industriale", "verde", "biotecnologica", "genomica", "digitale", ecc.).
Dopo l'ultimo conflitto mondiale, nonostante l'esodo dalle nostre campagne di milioni di lavoratori agricoli, attratti dalle metropoli industriali, e nonostante la forte riduzione delle superfici coltivate, la nostra produzione agricola complessiva fu raddoppiata in pochi anni, grazie alla "rivoluzione verde". L'agricoltura registrò allora cambiamenti di portata superiore a tutti quelli che aveva sommato nella sua plurimillenaria storia.
Oggi, ulteriori incrementi unitari della produttività vengono fortemente auspicati per garantire la sicurezza alimentare in tutto il pianeta, così come opportunamente evidenziato dal tema della EXPO 2015. Molto dipenderà proprio dallo sviluppo che potrà scaturire da nuove conoscenze della ricerca scientifica, superando gli attuali limiti produttivi della biosfera, razionalmente gestita e tutelata dall'agricoltura. Per riuscire ad aumentare adeguatamente la produttività, non potremo rinunciare ad arricchire la biosfera anche con nuovi organismi che la moderna genetica ci consente di ottenere e utilizzare senza alcun rischio.
Oggi siamo di fronte ad una evoluzione cognitiva che offre prospettive sempre più ampie e rapide.
Nuove idee (come quelle della "economia positiva", della "economia del benessere", della "decrescita"), stanno cercando di valutare la ricchezza di un Paese attraverso parametri (anche sociali, ambientali, ecc.) più ampi del solo PIL. Si tratta di iniziative benemerite, basate su principi facilmente condivisibili, che creano affascinanti aspettative di indubbio interesse. Bisognerebbe sperimentarne e adottarne i criteri, traducendoli in pratiche applicazioni che possano dimostrarne la efficacia e l'utilità nel lungo periodo. Tutti vorremmo che la qualità della vita fosse sempre migliore e venisse misurata in termini di benessere, in un livello sociale e morale più elevato ed equilibrato. Questi sono proprio gli intenti che i Georgofili hanno sempre perseguito e che sono incisi nel loro antico logo con tre sole parole: "Prosperitati publicae augendae".
Nel prossimo futuro, l'avanzare delle conoscenze potrà portare cambiamenti oggi neppure immaginabili. Si apriranno quindi altri scenari e altri problemi, in un'inarrestabile divenire che va ad arricchire anche gli strumenti di cui la stessa scienza potrà avvalersi per progredire ancor più rapidamente.

Il nostro Paese appare oggi impoverito e disorientato. Sembra non riuscire a liberarsi da tenaci ragnatele umane che paralizzano le ormai vecchie strutture istituzionali. Percepisce il bisogno di riforme, ma ha difficoltà ad attuarle in modo condiviso. Si aggiungono le direttive della UE e le competenze politiche e amministrative delegate alle Regioni. Stiamo perdendo il "senso dello Stato". I chiamati ad assumere decisioni sono oggi troppi, ma troppo pochi sono quelli che vi adempiono compiutamente. Ben vengano quindi le riforme indispensabili per ridare autorità allo Stato, che non può abdicare al suo ruolo. Questa esigenza, che scaturisce spontanea dal semplice buon senso dei cittadini, è diventata preliminare priorità per uscire al più presto dalla situazione creatasi e per poter adottare chiari e concreti progetti nazionali, di breve e lungo termine, che individuino e affrontino i problemi più urgenti, con provvedimenti immediati.
Non abbiamo mancato di sottolineare doverosamente, con pressante insistenza, come la nostra agricoltura venga da qualche tempo sottovalutata e trascurata. Forse anche perché considerata proprio solo in misura rapportata al suo attuale PIL, o perché si pensa che i prodotti agricoli siano e rimangano sempre disponibili sui mercati mondiali, per di più a prezzi inferiori. Sembra diffondersi anche una deformata opinione secondo la quale l'agricoltura servirebbe ormai solo a mantenere la fauna selvatica e ad assicurare uno svago ai cittadini e ai turisti in cerca di qualcosa che ricordi la natura di un tempo passato. Senza riflettere e capire che la vita dell'uomo è indissolubilmente legata a quella dell'agricoltura, tanto che la fine di uno trascinerà entrambi in un inevitabile destino comune.
Con riflessiva saggezza e i piedi ben saldi sulla terra, come loro si addice, i Georgofili guardano al futuro a testa alta, animati dall'ottimismo della volontà. Se si è perso l'orientamento e la strada maestra, diventa prima di tutto importante proprio la volontà di ritrovarla. Per farlo, si dovrebbe idealmente percorrere un faticoso sentiero, di quelli stretti e pieni di allettanti e pericolose deviazioni senza uscita.
Riuscire a individuare questo sentiero può essere già motivo di speranza e quindi di maggiore serenità e di forza. Ciascuno, entro i propri limiti, può fare qualcosa per aiutarsi reciprocamente a percorrere il sentiero giusto, al fine di raggiungere ciò che amiamo pensare possa condurci e attenderci oltre l'ostacolo.
Questo è il saldo spirito con il quale dichiariamo aperto il 261° Anno.

 

Fonte: Estratto dalla Relazione "Crisi e "rivoluzioni" tecnologiche" all'inaugurazione del 261° Anno Accademico dell'Accademia dei Georgofili

di Franco Scaramuzzi

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