Cultura
Anche le parole fluiscono dal ventre

I sensi? Porte spalancate di cui la ragione custodisce le chiavi abbandonate in fondo al cuore. Una singolare esegesi di alcune frasi pescate dalle storie di Dione Cassio
10 settembre 2011 | Nicola Dal Falco
PROSAICA
da Storia Romana
(Libri XXXIX â XLIII)
di Dione Cassio
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La notte di Cassio
Nella notte, scrosciante di grilli, svaniscono i bordi. Si muove il bosco, sfiorando le costellazioni mentre il cielo sbiancato di stelle disegna unâombra iridescente.
Tutto, per lunghi attimi, appare pieno di senso e privo di segni.
Nulla emerge a indicare una direzione, ma permane nel proprio respiro.
Così prossima al nulla è la pienezza ora che lo spazio e il tempo rifluiscono lâuno nellâaltro e la visione si fa, miracolosamente, luogo, togliendo a questâultimo ogni infima determinazione.
Ti accorgi di come sia fisico lâabbandono e concreta la devozione per una tale incalcolabile ebbrezza.
Porte spalancate i sensi di cui la ragione custodisce le chiavi, abbandonate in fondo al cuore.
Allâopposto sta il mondo carico di segni, percepito come spettacolo: inizio e fine ripetuti, cercati.
Del tempo, padrone dâeffetti, si plasma la statua di cera, affidata al fuoco, sciolta e di nuovo raccolta.
Il tempo è vizio da storici, passione oracolare, poesia e fuori dalla Notte, dea luminosa, nientâaltro che un fiume a cui si chiede il passaggio: «ci furono momenti â scrisse Dione Cassio - in cui anche gli uccelli ritardarono le elezioni dei magistrati, mostrandosi contrari alla procedura degli interré».
«Così dunque finì anche questa guerra»
meraviglia degli avverbi: lâariosa mestizia del dunque e dellâanche, toglie ardore al categorico inizio della frase; il modo con cui si concludono le guerre sparge di freschi polloni il campo del prossimo, inevitabile scontro
«vedendo i Romani intenti a tagliare legni e a costruire le macchine, ridevano»
riso più pesante del piombo, nato di pancia,
che dura finché dura il nodo;
un riso senza bordi, né luce,
protratto in faccia allâignoto;
ridere di non sapere, ridere dellâimmagine,
di ciò che sarÃ
«allora partì per Efeso e lì visse presso il tempio della dea»
senza più regno, non rimane che la vicinanza del bosco,
il lento oblio ai piedi della sposa del mondo
«in città era stato visto e catturato un gufo,
quartieri tornati selve, resi notte
«una statua aveva emesso sudore per tre giorni,
può un dio avvertire la fatica del vivere?
«una luce aveva solcato il cielo da mezzogiorno a oriente
invertendo il moto
«e molti fulmini e zolle di terra e pietre e cocci e sangue erano volati per lâaria»
come soffocati da unâaria, divenuta improvvisamente vischiosa e tagliente; tra due effetti teatrali â fulmini e sangue â il più allarmante e orrifico sono i cocci che volano, pari ad un sordida rivolta dâoggetti
«e, sceso dalle nave, delle serpi lo avevano seguito scompigliando le sue orme»
lasciò per terra lo stesso,
inconcludente, solco
che aveva tracciato in mare;
onde lo inseguivano
fin dentro il porto
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Di là dal mare
Vicino ad un fiume â Ana è il suo nome â di là dal mare Ionio, in Epiro, scaturisce una sorgente di fuoco. Lì, la terra non sâimbeve dâacque, ma di fiamme, restando verde e rigogliosa.
Segno divino che il fuoco lasci lâaria tremante senza bruciare erba ed alberi attorno, e che quando piove
anziché affievolire sâinnalzi con maggiore vigore, riconoscendo così la potestà di Giove.
Anche le parole fluiscono dal ventre come un soffio rovente, ma senza ustioni per chi le pronuncia, attratte fuori e risucchiate in cielo verso il sole e gli altri astri.
Perciò quella sorgente, simile ad altre fonti, è sempre pronta a parlare.
Chi vi si reca per chiedere voti getta incenso tra le sue labbra.
Se il responso è favorevole il fuoco brucia lâofferta, ed anche quella che, per avventura, cada distante la insegue e lâinghiotte.
Altrimenti, si ritrae, e resta, per così dire, muta.
Fiume e sorgente si trovano a poca distanza da Apollonia Corinzia.
Solo due argomenti restano esclusi: il matrimonio e la morte. Quel fuoco non tratta i piccoli incendi.
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11 agosto 2011
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