Cultura

Un paesaggio disposto su linee parallele

Chiarone è una fermata prima o dopo Capalbio. E' uno scorcio che può avere implicazioni metafisiche, la forza dell'icona. Ed è proprio nel deambulare di margine in margine, in questo zigzagare, che si raggruma il fervore della visione

30 aprile 2011 | Nicola Dal Falco

 

Chiarone

Compare un paesaggio disposto su linee parallele: gli ocra bruciati, i verdi tenerissimi, quasi lilla e quelli argentei delle siepi che lasciano intravedere il baffo ventoso del Tirreno; un fiorire orizzontale, a strati, perpendicolare a cosa? a chi?

Né le nuvole, né il gregge, ma un uccello immobile è lume, foglia d’oro, eidos.

Lentamente, per via taumaturgica, troviamo posto anche noi, scivoliamo nel quadro con la luce del tardo mattino.

Non so se questo avvenga da un punto preciso, da un gorgo centrale, dalla ripa magnetica, mascherata ai piedi del pioppo nero, carico di rami spezzati o piuttosto ripetendo la traversata lungo le linee dell’ordito, scorrendo con lo sguardo da sinistra a destra e da destra a sinistra.

Ma è proprio in questo deambulare di margine in margine, in questo zigzagare, avvicinandosi inavvertitamente e fatalmente alla linea dell’orizzonte, che si raggruma tutto il fervore della visione; seguendo il movimento della spola e del pennello, allacciati all’immaginaria spirale che trasporta in su e in giù la luce del tardo mattino.

Così da versare (obliare) il fremito d’ore che come patina veste un tratto di costa e campagna, di levigata pittura, immemorabile, perché intrisa di chissà quanti sguardi.

Quali significati, allora, potrebbe mai svelarci il termine “astratto” se non una più appropriata trasmigrazione e sintesi nel suo opposto fino a preferire l’elegante facezia della parola “presenza” che dà corpo al ronzare del tempo?

Oltre, ubiqua e perfetta, regna l’assenza.

 

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