Editoriali

UNDICI SETTEMBRE. E DOPO?

11 settembre 2004 | Sante Ambrosi

Sono passati tre anni da quell’undici settembre che ha visto distruggere le torri gemelle a New York. Da allora sono avvenuti fatti importanti e gravi: come la guerra in Afghanistan contro i Talebani, che proteggevano, nascondendolo, il capo di Al Qaeda Osama Bin Laden; la guerra in Iraq e una interminabile serie di attentati terroristici fino al più cruento di Beslan, in Russia.

Le cose, come sappiamo, si sono tremendamente complicate. Si pensava di colpire il terrorismo con le guerre, ma il risultato è stato quello di vederlo moltiplicato e diffuso, più pericoloso di prima.
Cosa possiamo dire di fronte a scenari che di giorno in giorno diventano sempre più minacciosi?
E’ difficile offrire delle ricette in situazioni così complicate.
Ci sono problemi politici che difficilmente possono essere sbrogliati.
E, poi, vi sono questioni religiose che non si possono affrontare con superficialità. Per non parlare poi degli interessi economici che agiscono in modo sotterraneo, tesi a rendere il mondo in perenne conflitto.

Senza voler entrare nel groviglio dei problemi, ci sentiamo di poter sostenere alcune considerazioni preliminari che dovrebbero essere alla base di ogni azione politica.
Prima di tutto si può riconoscere che non si può certo pensare di combattere ed eliminare il terrorismo senza prima tentare di risolvere i problemi di quelle aree calde. Pensiamo alla Palestina, o alla Cecenia, come pure ad altri focolai sparsi in diverse aree geografiche.
Anche in questi giorni attorno alla tragica vicenda della scuola di Beslan si è parlato di alleanza tra i terroristi Ceceni e il movimento di Al Qaeda. Ciò può essere vero, ma la questione principale resta quella di isolare i vari problemi, affrontandoli, e cercando di conseguenza delle soluzioni politiche efficaci e tempestive.

Nelle zone calde del terrore vi sono situazioni di ingiustizie recenti e antiche che vanno sbrogliate sul piano politico. Occorre cercare soluzioni che sanino, almeno in parte, piaghe fin troppo laceranti e vive. Pensare di risolvere problemi così spinosi con guerre preventive a tutto campo è errato dal punto di vista umano e anche su un piano di mera strategia politica. Con azioni simili non si farà altro che moltiplicare il terrorismo. La politica del muro contro muro non paga, soprattutto con terroristi irrazionalmente vocati al martirio
Ciò non attenua la brutalità di certi atti d’infamia, come nel caso dell’eccidio nella scuola di Beslan. Una strage di innocenti compiuta con una ferocia che non ha nulla di umano, non può nemmeno essere giustificata né compresa. Di fronte a tanta barbarie restiamo sbalorditi e muti, ci chiediamo dove possa arrivare l’odio e se ha un limite. Ci chiediamo se tale odio infinito sia dominato da un folle e diabolico desiderio di totale distruzione. E’ un nichilismo che deve far riflettere seriamente quanti hanno responsabilità educative. Una certa cultura può aprire voragini. Sono vortici del Male che una volta aperti diventano tremendamente difficili sbarrare. Ingoiano tutto. Non lasciano scampo.

Dopo l’undici settembre non può esserci un futuro dominato dal terrore nichilista. Non possiamo accettare un simile declino. Occorre che le religioni, la scuola e tutti i mezzi di informazione, si impegnino per attivare una cultura nuova aperta al dialogo reciproco. E’ quanto alcune forze cattoliche guidate dal Papa stanno facendo da qualche anno. Anche in questi giorni si è aperto a Milano un convegno che ha visto radunate insieme tutte le religioni con il proposito di affrontare i più gravi problemi che preoccupano il mondo.
Si tratta, come ha affermato il cardinale Tettamanzi, di avviare una cultura di un nuovo umanesimo. E’ questa la strada da seguire. E’ necessario però che tale percorso a ostacoli non venga relegato ai soli addetti alle religioni; dovrà invece investire e coinvolgere in modo ampio l’intera società in tutte le sue strutture.

Occorre creare opinione e avanzare delle forme sane di reazione. Anche questi eventi catastrofici potranno determinare una svolta e non essere invece solo un motivo di disperazione. I drammi collettivi che si vanno consumando in questi anni di inarrestabili tragedie dovranno essere semmai un richiamo forte e straziante alle nostre responsabilità.
Se si assumerà un simile atteggiamento con serietà e impegno da parte di tutte le strutture con compiti formativi, sarà di certo più facile concretizzare una proficua collaborazione con i settori più moderati della religione islamica presenti nel nostro paese e in tutto il mondo, soprattutto in quello islamico. Senza collaborazione tra Islam e Occidente sarà improbabile che il terrorismo possa essere isolato, o comunque ridimensionato e alla fine vinto.

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