Editoriali

IL FATTORE TERRITORIO

17 luglio 2004 | Alberto Grimelli

Territorio non è solo terreno, suolo e clima ma anche storia e tradizioni, ma soprattutto è la gente che vi vive e lo anima.
Non solo quindi elementi ambientali, anche il tessuto sociale contribuisce, alle volte in maniera determinante, a costruire un’immagine positiva e pregevole.
Anche quando mancano magnifici paesaggi, ricchezze artistiche e naturalistiche, anche quando non esistono un patrimonio varietale particolarmente ampio e condizioni pedoclimatiche ottimali, l’abnegazione, il lavoro possono comunque creare un alone di fascino e di attrattiva che condizionano il consumatore, che lo predispongono favorevolmente verso quel territorio e i suoi prodotti.
La natura fornisce le risorse ma saperle utilizzare e soprattutto valorizzarle è compito dell’uomo.
Alcune regioni hanno saputo, prima di altre, cogliere le esigenze e le aspettative della propria clientela, introducendo miglioramenti agronomici e tecnologici, puntando sulla qualità e sulla tipicità, promuovendo le proprie produzioni in ogni occasione e circostanza, con azioni di marketing e pubblicità coordinate ed efficaci. Ora questi territori godono di fiducia e ammirazione, alle loro produzioni viene riconosciuto un valore aggiunto, rendendole ambite e pregiate.
Ecco che forme di tutela, come Doc o Dop, per il nome o i simboli del territorio sono di grande utilità, in quanto forniscono nuove garanzie al consumatore, aumentando ulteriormente la credibilità e la buona reputazione della regione.
In altri luoghi, invece, sembra manchi l’intenzione di innovare, di proporre qualcosa di nuovo. Durante un mio recente viaggio in Puglia ho proprio potuto constatare l’apaticità di un territorio bellissimo, straordinario, per cultura, beni artistici, paesaggistici ed agricoli, quindi con ottime potenzialità, inespresse. L’olio viene giudicato grasso, sgradevole, squilibrato? Si accusa la clientela di ignoranza o peggio di razzismo. Certo i pregiudizi e i preconcetti di larghe fasce di consumatori del nord Italia o Europa sono spesso ingiustificati, ma hanno origine da un gravissimo problema d’immagine aggravato da una vistosa sfiducia verso tutto quello che è originario di queste terre e avvenimenti, quali il recente sequestro di uno stabilimento di “vino al fertilizzante”, come definito da tutti i mass media nazionali, non aiutano a creare un clima favorevole.
Diventa allora inutile certificare o mettere in bella evidenza in etichetta una provenienza che il consumatore rifugge o da cui, nella migliore delle ipotesi, non è attratto. Prima di dare il via alla creazione di Dop o Igp occorre avere un nome e un’immagine da difendere.
Ripartire da dove allora? Dinamismo, attenzione all’ambiente, produzioni d’alta qualità, queste sono alcune delle caratteristiche apprezzate dal consumatore. Per ottenere la fiducia e la considerazione della pubblica opinione occorrono anni, ma è certo che senza partire non si raggiungerà alcun traguardo. Un risveglio degli agricoltori dal torpore in cui sono caduti è indispensabile, ma occorre anche l’aiuto e il sostegno delle istituzioni e delle associazioni di categoria, troppo spesso latitanti.
È solo questione di volontà. Altre regioni hanno tracciato la via, non occorre quindi escogitare, ideare nulla di nuovo, ma semplicemente seguire la strada che altri territori hanno già percorso, adattandola alle proprie specificità, ai propri connotati.

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