Editoriali
Anacronismo e declino dell’olivicoltura italiana
04 aprile 2009 | Alberto Grimelli
Lo abbiamo già scritto, lo abbiamo già detto.
In questa occasione vogliamo essere ancora più espliciti.
Il settore olivicolo del nostro Paese ha perso la leadership produttiva, ha perso la leadership commerciale, sta perdendo la leadership culturale.
Eâ un declino frutto di strategie sbagliate e di politiche di comparto assenti ma è anche dovuto allâanacronismo dellâolivicoltura italiana che guarda alla passato prossimo, se non a quello remoto, anziché concentrarsi sul futuro.
Le colpe del mondo associazionistico, dei ministri che si sono succeduti negli ultimi 20-30 anni sono note. Le abbiamo ricordate e ribadite più volte.
Prendiamo atto che, unâaltra volta, alla vigilia del Vinitaly si torna a parlare di piano olivicolo nazionale. Saremo pessimisti e sfiduciati ma non ci crediamo più.
Ciò per cui intendiamo ancor batterci, almeno finchè avremo fiato in corpo, è la supremazia culturale italiana in tema oliandolo e olivicolo.
Non vogliamo appoggiarci sulle nostre tradizioni e sulla nostra storia, che pur rappresentano un patrimonio immenso, ma vorremmo che lâItalia potesse essere e avere un modello culturale e colturale da poter esportare, ben poggiato su solide basi tecnico-scientifiche.
Purtroppo però ciò non sta accadendo.
Nutro personale grande rispetto e stima per il mondo accademico e della ricerca, vedo come una ricchezza le diatribe e le discussioni che in questo ambito si aprono, purchè non siano anacronistiche e purchè non danneggino lâimmagine, già sbiadita, del settore oliandolo del nostro Paese.
LâItalia sta ancora discutendo se e come introdurre il modello superintensivo spagnolo eppure proprio nel Paese iberico la politica della riduzione dei costi, della massificazione è fallita. Lo testimoniano le proteste dei produttori, scesi in piazza, quello delle organizzazioni agricole e di prodotto che, un giorno sì e uno no, inveiscono contro i prezzi troppo bassi e lo strapotere delle multinazionali. Lo testimonia la frequenza con cui extra vergini spagnoli, dâindubbia qualità , vincono premi o ottengono riconoscimenti internazionali.
La Spagna, insomma, sta progressivamente e lentamente, cambiando strada. Ha capito che, sul puro fronte dei costi di produzione non può competere con i vicini nordafricani o con quelli dellâAmerica latina. Queste Nazioni godono non solo di un costo della manodopera irrisorio, non solo di un carico burocratico amministrativo meno opprimente, non solo di legislazioni più flessibili ma anche di condizioni di partenza particolarmente favorevoli, con terreni agricoli, fertili e irrigui, dal costo di qualche decina di euro ad ettaro, contro le nostre migliaia. Laddove in Italia o Spagna si possono realizzare un centinaio di ettari olivetati, in questi Paesi se ne possono realizzare un migliaio.
Come pensiamo di competere in una simile situazione?
La Spagna lo ha capito, lâItalia ancora no o almeno non lo ha ancora capito il nostro mondo accademico che si divide in guelfi e ghibellini sul modello superintensivo, in una guerra che ci indebolisce.
Occorre invece uno sforzo di coesione, gli strumenti, i fondi e le istituzioni, vedi lâAccademia Nazionale dellâOlivo e dellâOlio, esistono, occorre solo concentrarsi su un unico obiettivo: costruire un italianissimo modello olivicolo-oleario esportabile al pari del nostro olio.
Dobbiamo essere coscienti che se perdiamo la battaglia sul fronte della conoscenza, del know how perderemo anche la guerra e lâItalia oliandola sparirà .
Potrebbero interessarti
Editoriali
La grande squadra del vino italiano

Tornando a viaggiare ed a fare promozione, posto all’attenzione della Fidal e della sua Casa Italia Atletica, il primo impegno è stato quello di attivare le sinergie come quelle messe in campo nei nove anni di promozione, in Italia, e nel mondo, con L’Enoteca italiana di Siena
08 agosto 2025 | 10:00 | Pasquale Di Lena
Editoriali
Grazie ai dazi di Trump anche nuove opportunità di promozione e comunicazione

Dal 7% della quota di mercato in Canada che l’Italia dei vini allora, deteneva con prodotti, nella generalità dei casi, scadenti, è passata, agli inizi del terzo millennio, a oltre il 30%, soprattutto grazie a una forte spinta iniziale nel campo della comunicazione
01 agosto 2025 | 12:00 | Pasquale Di Lena
Editoriali
L’olio d'oliva non lo fa il frantoio, ma si fa con il frantoio

Il frantoio va utilizzato e inteso quasi come uno strumento musicale che ha i suoi accordi da tarare a seconda della varietà delle olive e del loro grado di maturazione. Superiamo gli anacronismi del passato: l'olio non si compra più nell'elaiopolio
25 luglio 2025 | 12:00 | Giulio Scatolini
Editoriali
Addio cara Aifo: manca una proposta politica olearia che guardi al futuro

Niente confronto e nessuna visione: la storica associazione dei frantoiani olearia avrebbe bisogno di un radicale rinnovamento. Il passo indietro come Presidente dei Mastri oleari e da Aifo
21 luglio 2025 | 11:00 | Giampaolo Sodano
Editoriali
Difenderci dall’olio di oliva che sa di pipì di gatto: la scelta a scaffale

Fino a un paio d’anni fa il 75% dell’olio di olvia consumato in Italia era venduto nella GDO. E gran parte di quell’olio aveva un denominatore comune: il sentore di “pipì di gatto”
18 luglio 2025 | 12:00 | Piero Palanti
Editoriali
Olio extravergine di oliva 100% italiano a 5,99 euro al litro: dolcetto o scherzetto?

Dietro le quinte dell’offerta Esselunga su olio extravergine di oliva nazionale a marchio Cirio. Una promozione di 14 giorni che ha fatto molto rumore nel settore. Ecco cosa si nasconde dietro al “sottocosto” più aggressivo dell’anno sul 100% italiano
26 giugno 2025 | 09:00 | Alberto Grimelli