Editoriali

Le radici cristiane del Sessantotto

03 maggio 2008 | Sante Ambrosi

Sono così numerosi i commenti e le celebrazioni per il quarantesimo anniversario del mitico sessant’otto che potrebbe apparire superfluo ogni ulteriore intervento. Eppure mi sembra utile sottolineare un aspetto che in qualche modo sta all’origine di questo movimento, che, nel bene e nel male ha segnato buona parte di questi decenni trascorsi.

Ricordando quegli anni, le grandi utopie e le grandi speranze che animavano tanti giovani e non giovani, utopie e speranze che purtroppo si sono poi tradotte anche in schegge rivoluzionarie che tutti conosciamo, mi torna facile pensare che essehanno una matrice in buona parte cristiana.

Nel 1965 terminava il concilio Vaticano secondo che fu senza dubbio un evento che ha scosso positivamente non solo il mondo cristiano, ma anche il mondo intero per un nuovo modo di vedere la storia e il rapporto tra fede e ragione, tra tradizione cristiana e futuro dell’umanità. Tutta la cristianità si sentiva portatrice di una speranza che contagiava i vari strati sociali.

Se poi a questo evento aggiungiamo figure di straordinaria potenza carismatica come un Giovanni XXIII, morto qualche anno prima ma ancora profondamente vivo nelle coscienze di credenti e non credenti, oppure un Kennedy che dagli Stati Uniti aveva iniziato una politica completamente nuova su scala mondiale, possiamo facilmente capire quale forza era entrata nel cuore di milioni di persone e soprattutto dei giovani.

In questa ottica si dovrebbero ricordare tante altre figure che hanno agito come propulsori di una svolta significativa nel modo di concepire la vita, il progresso, la scuola, la famiglia, ecc.
Potremmo fare un elenco piuttosto lungo, ma io mi limito a ricordare la figura di don Milani che con la sua Lettera ad una professoressa infiammava i giovani che durante le occupazioni delle scuole la leggevano con attenzione e venerazione, padre Turoldo e padre Balducci, voci assai ascoltate e che tanta parte ebbero per lanciare i nuovi messaggi per un mondo nuovo.

Non è un caso che molti dei protagonisti del movimento che nasceva nel '68 venissero da una formazione cristiana e da movimenti cristiani come la Fuci o Azione Cattolica.
Certo, sappiamo che poi le cose si sono confuse e molte genuine speranze si sono tradotte in schegge impazzite che hanno provocato tanto male sociale e umano. Ma se dovessimo fare una riflessione al di fuori dei tanti errori commessi per le più svariate responsabilità potrebbe essere questa: oggi stiamo vivendo un periodo che non conosce né slanci ideali né eresie di nessun genere, ma non rallegriamoci troppo perché forse è segno di un corpo sociale e una chiesa stanchi.

Molti auspicano un nuovo '68, come se il rinnovamento potesse venire da una rinascita impossibile di quel movimento. Noi (almeno io personalmente) auspichiamo un corpo sociale più vivo e una chiesa che sia ancora capace di infondere una speranza che contagi il mondo intero, ma per fare questo occorre uno sforzo notevole per ripensare sia la politica sia il messaggio cristiano.

Se ben guardiamo non vediamo all’orizzonte né figure carismatiche, né profeti in tutti i campi, ma solo piccoli figure ripetitive con speranze effimere. Questa povertà di ideali dovrebbe essere la cosa che più preoccupa o dovrebbe preoccupare un po’ tutti.