Editoriali
Olio di oliva a PiazzaPulita: un pessimo servizio all’olivicoltura italiana

La truffa dell’olio di semi spacciato per olio extravergine di oliva è in voga quest’anno a causa del rincaro dei prezzi. La trasmissione televisiva è però pura demagogia e non fornisce però alcuna indicazione utile al consumatore
30 marzo 2024 | Alberto Grimelli
La televisione è da sempre demagogica, tendendo a enfatizzare lo scandalo, dando sfogo alle pulsioni del telespettatore arrabbiato.
Le trasmissioni televisive sull’olio di oliva non fanno differenza ma almeno forniscono qualche indicazione, pillole al consumatore per evitare di essere truffato e informazioni per indirizzarlo verso l’economia olivicola sana, vitale e produttiva.
Niente di tutto questo, purtroppo, nella trasmissione televisiva PiazzaPulita, andata in onda il 28 marzo su La7.
Gli addetti ai lavori si annoieranno durante gli otto minuti del servizio: acquisto di olio palesemente falso, analisi chimica e “caccia” al truffatore stile Striscia la Notizia, con i truffatori che scappano e il servizio televisivo che si chiude. Un format consolidato, economico e di facile realizzazione.
Ovviamente nulla di male. La televisione deve produrre servizi da mandare in onda e ripetere un format di successo non è un delitto, semmai una scopiazzatura.
Cosa c’è allora che non va nel servizio sull’olio di oliva di PiazzaPulita?
Si prende un annuncio di Facebook di olio a 6,5 euro al litro, da un “produttore” sconosciuto che fornisce solo un numero di cellulare. Niente sito internet, niente foto della bottiglia, dell’etichetta. Di simili inserzioni, non solo sull’olio, Facebook e altri social sono pieni. Si tratta palesemente di truffe ma, do atto al giornalista, chi ci casca c’è sempre, per cui mettere sull’avviso il consumatore può essere utile.
Si fa dunque vedere cosa si nasconde dietro certe inserzioni pubblicitarie: un magazzino, a volte un sottoscala, senza il rispetto delle più elementari norme igenico-sanitarie, un recipiente per l’olio, l’olio messo in latta senza etichetta e il solito pagamento per contanti, senza ricevuta.
Già lì il servizio si poteva chiudere. Comprare olio in simili condizioni equivale a incauto acquisto, al pari di una borsa da un extracomunitario a bordo strada.
Si sono volute fare le analisi e la “caccia” al truffatore per spettacolizzare il servizio. Esigenze di scena.
Un utile servizio al consumatore? Non proprio perché mancano utili indicazioni su come discriminare il falso dal vero, anche su Facebook.
Non sarebbe servito molto. Giusto 30 secondi, massimo un minuto di servizio, per chiarire di acquistare da produttori con un sito internet, una ragione sociale, un’etichetta da poter verificare e leggere, se non qualche bollino di garanzia tipo Dop e Igp. Ovvero acquistare da shop on line noti o recensiti. Regole elementari e di buon senso ma che forniscono almeno la bussola di base nella scelta per acquisti on line.
Certo una simile spezzone avrebbe avuto poco ritmo e sarebbe potuto risultare noioso. Quindi meglio tagliare.
Così, però, si fa un pessimo servizio all’olivicoltura italiana, alimentando una diffidenza generalizzata verso ogni acquisto, verso ogni inserzione pubblicitaria, verso gli acquisti on line di olio in generale. Il contrario del messaggio diffuso per anni, incentivando proprio gli acquisti diretti dal produttore, per alimentare un’economia sana, vitale e produttiva.
Meglio il supermercato forse?
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