Editoriali

ZUCCHERAGGIO. LA GRANDE TRUFFA

27 ottobre 2007 | Romano Satolli

Le proposte del Commissario europeo Marian Fischer Boël sulla nuova Ocm vino ha trovato l’opposizione di quasi tutti i 27 Paesi comunitari, ognuno dei quali pensa ai propri vantaggi senza preoccuparsi di altro.
I principi che hanno ispirato la riforma, sono essenzialmente quelli di far risparmiare soldi alla Comunità evitando spese che finora hanno gravato e caratterizzato il comparto del vino.
Praticamente il ragionamento è questo: nella Comunità la produzione del vino è eccedentaria, per cui ogni anno si spendono milioni di euro per il magazzinaggio dei vini, per le varie distillazioni volte a ridurre le eccedenze, per gli aiuti ai mosti concentrati per l’aumento delle gradazioni alcoliche dei vini (arricchimento).
Poiché in qualche Paese del nord (ora anche dell’Est) i vini si fanno anche con lo zucchero, non solo con l’uva, per compensare il divario economico, diamo ai Paesi dove lo zucchero è vietato (come l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia, tanto per citarne alcuni) un aiuto per l’aumento della gradazione alcolica tramite i mosti concentrati.

La pratica dell’arricchimento dovrebbe essere riconosciuta in annate eccezionalmente sfavorevoli, ma, da diversi anni, tutte le annate sono eccezionali, per cui molte cantine producono mosti arricchiti con mosto concentrato che, trasformati poi in vini, vengono tenuti fermi per diversi mesi percependo un tanto al giorno per ettolitro per il magazzinaggio.
I vini arricchiti acquistati dai distillatori ad un determinato prezzo agevolato per grado e per ettolitro, fissato dalla Comunità Europea saranno poi successivamente destinati alle eventuali distillazioni.
Il ragionamento della Commissaria non fa una grinza, perché se si vieta lo zuccheraggio in tutta Europa, si diminuisce la produzione globale di una percentuale notevole (qualcuno ritiene del 15%).

Vietando lo zuccheraggio, non occorrono più gli aiuti per gli arricchimenti con mosti concentrati e i Paesi del sud, invece di trasformare tutti i mosti in vini, produrranno mosti concentrati per aumentare le gradazioni delle uve di quei Paesi dove esse non raggiungono, per cause climatiche, le gradazioni necessarie per diventare vini per cui, si ridurrà anche la produzione dei vini da tavola. Nel Sud d’Europa, si ricorrerà in misura minore alle distillazioni e si incentiverà la produzione dei mosti concentrati da esportare nei Paesi che ne hanno bisogno. Si ridurranno anche i costi di produzione e, quindi, i prezzi di mercato.

Meno vino, meno ricorso alle spese per magazzinaggio e distillazioni e, forse, meno ricorso alle estirpazioni dei vigneti.
In linea teorica il ragionamento non fa una grinza, ma ci sono state levate di scudi da parte di molti ministri comunitari, non volendo nessuno rinunciare a diritti ormai acquisiti da anni dai propri elettori.
Ma il colmo di tutto questo can can è che le associazioni dei consumatori della comunità, tanto attente a molte problematiche che li riguardano, non si sono mai fatte sentire, per cui i politici europei continuano a decidere senza sentire il loro parere.

Mantenendo lo zuccheraggio dei vini continua la grande truffa a danno di tutti i consumatori.
Si, questa dello zuccheraggio è una vera e propria truffa, perché i consumatori non possono sapere, leggendo le etichette dei vini, se gli stessi sono stati ottenuti con aggiunta di zucchero o naturalmente con mosto concentrato.
Se i tedeschi non vogliono usare i mosti concentrati perché costano più dello zucchero e perchè, a loro dire, modificherebbero le caratteristiche sensoriali dei loro vini (anche se con i mosti concentrati rettificati non si hanno sensibili differenze qualitative rispetto agli zuccheri. Anzi!), perché non dovrebbero dichiararlo in etichetta? Viene addotta la scusa che nel resto del mondo lo zucchero è ammesso e che i vini così prodotti farebbero una concorrenza sleale nei confronti dei nostri vini, ma allora si pretenda che anche questi Paesi che esportano i loro vini in Europa lo dichiarino in etichetta.
Perché i nostri vini che vengono inviati negli Usa, e con i vini tanti altri prodotti alimentari, debbono rispondere alle loro leggi e noi possiamo importare di tutto e di più?

I nostri produttori debbono osservare rigide norme sanitarie che incidono sui costi e noi dobbiamo importare senza protestare qualsiasi prodotto alimentare di cui non conosciamo la composizione, dove e come sono ottenuti, soprattutto da certi Paesi dove le norme sanitarie lasciano molto a desiderare.

In nome dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e della solidarietà internazionale, dobbiamo mettere a repentaglio la nostra salute?
Per concludere, se voci più o meno accese si sono levate contro l’Ocm del vino, perché nessuna associazione di consumatori europea, fatte eccezione per l’Unione Nazionale Consumatori, ha fatto sentire le proprie ragioni? Anche loro sono succubi delle lobby di potere?

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