Editoriali
Basta con gli annus horribilis per l'olivicoltura italiana

I listini sono già in salita: a settembre si parlava di 8,5 euro al kg per i prodotti a scaffale. Inevitabilmente l'incremento dei prezzi al dettaglio porterà a una contrazione dei consumi
30 settembre 2022 | Claudio Vignoli
Sta per iniziare la raccolta delle olive. Un momento che rappresenta il punto di arrivo di una stagione molto difficile, in cui gli olivicoltori hanno dovuto combattere con le avversità del meteo.
Con il mio team, lavoro quotidianamente al fianco di aziende agricole e frantoi, nelle migliori zone di produzione, e posso affermare che la situazione è indubbiamente allarmante.
Le stime delle principali associazioni, Coldiretti e CIA, già a fine agosto parlavano di un calo della resa del 30%, da imputare principalmente alla crisi climatica: il caldo anomalo nel periodo della fioritura e la lunga siccità hanno creato le premesse per un’annata tutto fuorché copiosa. La carenza idrica, infatti, disidrata la polpa e ne compromette lo sviluppo, riducendo la formazione dell’olio (e compromettendo anche la qualità).
Ai danni della siccità, poi, si aggiunge purtroppo il costo della crisi energetica con cui gli operatori stanno facendo i conti da parecchi mesi e che sta diventando insostenibile. L’esplosione dei costi di produzione e confezionamento, i rincari energetici e delle materie prime (stimati in media attorno al 50%) stanno mettendo in ginocchio le aziende agricole già provate dalle avversità climatiche.
Cosa aspettarci, dunque, alla stagione di raccolta 2022-23? La scarsità produttiva e la bassa resa, uniti ai costi di produzione maggiorati, porteranno sicuramente i listini in salita: già a settembre si parlava di un prezzo medio dell’olio di oliva di 4,5 euro al kg che potrebbe arrivare a 8,5 euro al kg per i prodotti a scaffale. Inevitabilmente la salita dei prezzi al dettaglio porterà a una contrazione dei consumi (contrazione che per altro è già in atto per molte altre voci di spesa) vanificando il boom che aveva caratterizzato il biennio precedente.
Ma sia ben chiaro: è l’intero settore agricolo, non solo quello olivicolo, a dover affrontare con urgenza una serie di criticità.
Come giustamente sottolineano le associazioni di categoria, la priorità è la gestione del fabbisogno idrico. Sono necessari invasi e infrastrutture moderne volte a contenere le perdite e ottimizzare l’uso delle risorse e i costi. Non è pensabile, nell’era dell’agricoltura 4.0 che si debba restare ancora in balia del meteo per poi dover correre, troppo tardi, ai ripari.
Ma è necessario pianificare anche una gestione più strategica del suolo. Solo così è possibile contrastare gli effetti devastanti delle bombe d’acqua e degli incendi che sempre più spesso colpiscono le nostre aree produttive con danni incalcolabili e perdite di vite umane. La tragedia appena consumatasi nella mia regione, le Marche, purtroppo non è altro che uno dei tanti esempi. La scarsa manutenzione dei bacini e dei corsi d’acqua, l’aumento dei terreni incolti, la cementificazione cresciuti in modo esponenziale in tutta l’area mediterranea, non stanno facendo altro che esasperare gli effetti dell’emergenza climatica.
In quest’ottica, diventa strategico aumentare anche gli investimenti nell’agricoltura di precisione. L’impiego degli strumenti forniti dall’Agricoltura 4.0, ai fini della produzione, può contribuire a una riduzione dei costi del 20%, a seconda dell'estensione dell'azienda. Parallelamente, l'attività di precisione ci permette di aumentare la resa, riuscendo quindi con un impiego minore di risorse a produrre maggiori quantità e ad avere al tempo stesso un impatto positivo anche sulla qualità e sulla sostenibilità.
Oggi più che mai, risulta chiaro che tutta una serie di interventi strutturali non sono più procrastinabili e devono essere al primo posto nell’agenda della politica.
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