Editoriali
DE CASTRO, L'OLIO, LE ETICHETTE
05 maggio 2007 | Mena Aloia
Caro Paolo, aiutami a capire.
Perché, il 2 maggio 2007, hai presentato la bozza di un decreto, firmato insieme a Pier Luigi Bersani, sullâindicazione obbligatoria, in etichetta, dellâorigine dellâolio vergine ed extravergine?
Perché, il 30 aprile 2007, hai firmato, nel corso della Fiera Internazionale dellâAgricoltura di Foggia, lâappello lanciato da Slow Food e Coldiretti ai Parlamentari italiani a sostegno dellâapplicazione della legge 204/2004 che obbliga ad indicare in etichetta lâorigine dei prodotti agoalimentari in generale, e degli oli di oliva in particolare?
Perché, il 7 marzo 2007, hai approvato, quale membro del Consiglio dei Ministri, il disegno di Legge Comunitaria 2007 che prevede allâart. 7 lâabrogazione dellâart. 1 - comma 3-bis-, dellâart. 1-bis e 1-ter della legge 204/2004 cioè gli articoli che introducevano lâobbligatorietà in etichetta dellâorigine dei prodotti alimentari?
Perché, il 21 novembre 2006, non hai firmato una mozione presentata da 16 senatori in cui si chiedeva lâimpegno del Governo a non assumere iniziative dirette allâabrogazione della legge 204/2004?
Perché, allora, lâabrogazione della 204 ti sembrava un passo obbligato per il Mipaaf?
Credi, forse, che questo nuovo Decreto possa sembrare agli occhi dellâUe diverso dalla contestata legge 204?
Certo la 204 prevedeva lâobbligatorietà dellâorigine per tutti i prodotti agroalimentari, mentre il nuovo decreto presentato, in pompa magna, qualche giorno fa restringe il campo solo allâolio vergine ed extravergine di oliva. Fare unâesatta copia di tutta la legge deve essere sembrato molto azzardato, così sì è proceduti ad un parziale âcopia-incollaâ del solo art. 1-ter. Se a Bruxelles non si accorgono di questo copia-incolla potrebbero anche dare lâapprovazione necessaria per lâentrata in vigore.
Possiamo farcela, questa volta, a non incorrere nellâennesima procedura dâinfrazione nei nostri confronti?
Caro Paolo, aiutami a capire le logiche della politica.
In questâoccasione hai dato un esempio di linguaggioâpoliticheseâ ineccepibile, straordinario, ma difficile da tradurre.
Hai accontentato praticamente tutti: Coldiretti, insieme ad altre organizzazioni di categoria; Slow Food; consumatori; produttori che rivendicano, giustamente, il diritto di poter dire di fare prodotti italiani; ed Ue, unica voce contraria, ma a cui bisognava in ogni modo dare un contentino.
Eppure in un tuo intervento a Napoli, nel dicembre 2006, dichiaravi di ritenere lâindicazione della materia prima in etichetta unâesigenza non solo italiana, ma di tutta Europa ed era per questo che bisognava spostare la battaglia sulle etichette dallâItalia allâEuropa, dove bisognava combattere âle sacche di resistenza e rimuovere le incrostazioni di norme ormai obsoleteâ.
Parole sagge che facevano ben sperare in una gestione corretta e coraggiosa della questione, oggi invece la delusione nel constatare che la battaglia si è spostata da Bruxelles alla piazze italiane, alle fiere paesane.
Nulla mai cambierà se temi così delicati ed importanti per il nostro sistema agroalimentare continueranno ad essere usati da chiunque voglia trarne vantaggio.
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