Editoriali

DELATORI

21 ottobre 2006 | Ernesto Vania

I lavoratori extracomunitari che lavorino in nero e che denunciassero il datore di lavoro otterrebbero un permesso di soggiorno.
Non si tratta soltanto di una provocatoria proposta di qualche esponente della sinistra radicale, ma di un disegno di legge, in itinere, studiato e voluto dal Ministro della solidarietà sociale Ferrero.
“Abbiamo pensato a un meccanismo – ha dichiarato Ferrero al Corriere delle Sera - che li metta nella condizione di denunciare i datori di lavoro senza venire automaticamente espulsi. In pratica, abbiamo pensato di estendere l'articolo 18 della Bossi-Fini, che permette alle prostitute di denunciare i loro protettori, anche ai lavoratori sfruttati.”
Ovvio che tale dichiarazione e il relativo progetto abbiano suscitato critiche e numerosissime polemiche.
La delazione, nei termini in cui si è espresso il Ministro, è assurta a premio, ambito dai tanti extracomunitari che vivono illegalmente nel nostro Paese.
Giuda, fedele collaboratore dell’Impero romano, diverrà allora il “santo” protettore dei clandestini?
Qualche dubbio, di ordine morale e pedagogico, a proposito di tale iniziativa risulta assolutamente legittimo. A nulla vale evocare l’emergenza immigrazione, perché i principi etici dovrebbero servire da guida sempre, a maggior ragione nei momenti di crisi.
I più sospettosi, inoltre, vedranno in questo progetto il tentativo di insinuare metodi bolscevichi. E’ noto infatti che il regime comunista russo stimolasse la delazione, anche tra parenti. In Cina, poi, fino agli anni 1970, la polizia utilizzava regolarmente il sistema dell’autodenuncia e della denuncia come mezzo di “educazione” civica. Sarebbe tuttavia scorretto rivolgere lo sguardo unicamente all’oriente. In casa nostra, nel Belpese, la democrazia cristiana istituzionalizzò il sistema del pentitismo per combattere la mafia. Noti criminali, in cambio di informazioni, possono oggi godere di benefici e prebende.
Si stimolano così l’invidia, l’individualismo e l’egoismo, altro che solidarietà sociale, caro Ministro Ferrero!
Per fortuna, all’interno del Governo, non tutti sono di idee così larghe quali quelle di Ferrero.
Intervenendo in Commissione agricoltura, al Senato, il Ministro Amato spiega la sua proposta: individuare precise tipologie di reato commesse dai caporali, che vanno oltre il lavoro irregolare, come ad esempio “la violenza, lo sfruttamento continuato e la spoliazione del salario”, e articolare il permesso di soggiorno premiale a chi “con la sua denuncia, permette di far cessare e punire” simili, gravi reati. "Io ho più di ogni altro, essendo appunto Ministro dell'Interno, avverto la preoccupazione di evitare che il largheggiare nel permesso di soggiorno premiale rappresenti, per quella criminalità che importa clandestini e produce caporali, un vantaggio piuttosto che un danno”.
Le parole del Ministro Ferrero hanno comunque alimentato speranza fra la moltitudine di immigrati extracomunitari irregolari che vivono nel nostro Paese e timori per molti lavori di datori di lavoro onesti che avrebbero potuto subire inchieste e accertamenti, quindi spreco di tempo e denaro, solo per una falsa denuncia frutto dell’esasperazione e della furbizia di qualche clandestino.
Al di là dell’opportunità etica e morale di incentivare la delazione, credo che, soprattutto da parte delle istituzioni, occorra molta più cautela, rispetto a quella dimostrata dal Ministro Ferrero, prima di annunciare provvedimenti che hanno un così rilevante impatto non soltanto sull’economia nazionale ma anche sull’ordine pubblico.