Editoriali 06/03/2020

Chi paga davvero il prezzo della sostenibilità?

Chi paga davvero il prezzo della sostenibilità?

Le belle parole e i buoni propositi sono sulla bocca di tutti. Quando però si passa ai fatti chi rimane col cerino in mano è l'ultimo anello della filiera. Un teatrino, in cui a rimetterci rischia di essere chi in cima alla filiera sta


Il teatrino della sostenibilità …

Abbiamo assistito in questi ultimi anni ad un teatrino a volte ridicolo e spesso dai connotati drammatici, quantomeno nei risvolti economici, che si parli di olivo o di agricoltura in generale la cosa cambia poco.

Il caso dell'erbicida ci ha insegnato davvero tanto su tutte le procedure di autorizzazione dei prodotti fitosanitari, con una discussione deviata e pompata con la conclusione che sono stati alzati i toni, sono stati fatti scaricabarile infiniti, perdendo un sacco di tempo che poteva essere ben impiegato per cercare alternative, elaborare strategie, fare una formazione adeguata degli operatori e dei consumatori.

Ma i prodotti fitosanitari, spieghiamocelo bene, non vengono usati dagli agricoltori per divertimento, bensì sono lo strumento che hanno a disposizione per difendere la loro produzione, il cibo per i consumatori, e quindi la redditività dell'azienda o in alcuni casi per renderla possibile ai costi che gli vengono offerti dal libero mercato.

In generale in Toscana ed in Italia usiamo molti meno prodotti fitosanitari rispetto agli anni passati e le conoscenze maturate ci hanno permesso di mettere fuori autorizzazione tanti prodotti che prima venivano usati – spesso - con leggerezza. Basti pensare all'impatto sulla salute e sull'ambiente che avevano alcuni prodotti diffusamente usati negli anni '70 e '80, prodotti che in alcuni casi sono ancora autorizzati in paesi extra UE.

Quindi dobbiamo partire dal principio che sarebbe più utile per un'agricoltura sana, per una tutela del consumatore e per una corretta gestione dell'ambiente deporre l'ascia della guerra alle streghe ed impegnarsi in modo concreto ad operare e a comunicare in modo serio e professionale; mentre il mondo attuale si spacca subito tra quelli del sì e quelli del no, e in mezzo rischiano di rimanerci gli agricoltori con un pugno di mosche e conti salati da pagare.

E' un giochino un po sporco quello fatto da alcuni politici ed imprenditori che pongono il divieto o chiedono la “materia prima pincopallino free” senza riconoscere al produttore primario il differente costo di produzione.

Facciamo alcuni esempi molto semplici: usare un prodotto fitosanitario erbicida su cereali mi permette di avere dei costi di produzione più bassi rispetto ad eseguire le “false semine”, oppure non poter usare l'insetticida mi obbliga ad utilizzare tecniche di cattura massale, repellenti o strategia adulticida, pratiche che hanno un impatto su salute e ambiente inferiore ma costi maggiori.

Se una sostanza prevede o comincia a manifestare dei rischi seri per la salute e per l'ambiente sarebbe opportuno ragionare in comunità più grandi possibili e non andare a caccia come cani sciolti per singole regioni o ancora peggio per comuni, spesso troppo piccoli per avere le conoscenze necessarie per legiferare in modo corretto, creando inoltre un sistema disomogeneo di regole che gravano sulla competitività del produttore di quel territorio rispetto a chi non subisce - a pochi chilometri - il divieto.

Qualcuno potrebbe cominciare a storcere il naso perchè apparentemente la cosa si fa contorta, ma in realtà è tutto molto più semplice e basta declinare il ragionamento sulla base della “responsabilità”.
- L'agricoltore ha il dovere di agire responsabilmente nei confronti di operatore, consumatore e ambiente, e deve ricevere ai sensi del Piano di Azione Nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (PAN) gli strumenti formativi per usare gli strumenti tecnici al meglio e meno possibile.
- Il politico deve legiferare responsabilmente costruendo un processo di cambiamento che porti investimenti in ricerca per dare all'agricoltore le alternative operative, le possibilità commerciali di valorizzare il prodotto sostenibile – leggi etichette chiare - ed al consumatore le corrette informazioni.
- I trasformatori e distributori a valle hanno la responsabilità di riconoscere al produttore primario il prezzo remunerativo, e possono assumere un importante ruolo nella comunicazione reale - non di mero marketing - al consumatore.
- Il consumatore ha la responsabilità di acquistare prodotti ad alta sostenibilità, riconoscendo il prezzo che può essere remunerativo per la filiera. Il maggior costo ricade positivamente sul consumatore stesso in qualità del cibo e dell'ambiente in cui vive.

Lo stesso PAN prevede un'informazione del consumatore e di chi abita in aree trattate dai prodotto fitasanitario, e mi chiede quanti paesi, quanti comuni o quante regione hanno messo in atto questa misura? A chi viene demandata? A chi vende o a chi produce mezzi tecnici? Alla grande distribuzione organizzata?

Dobbiamo però pensare al prezzo del cibo senza la stortura del sistema economico neo-liberista che vede intorno al denaro l'unico interesse - nel senso più bieco - ma nell'approccio di una economia sostenibile - da tutti punti di vista – che vede nel prezzo equo gli aspetti ambientali, etici e sociali della corretta remunerazione di tutte le figure della filiera; ad esempio la politica degli sconti può portare alla non remunerazione o alla sotto remunerazione di qualche figura con la spinta verso fenomeni come abbiamo più volte visto fraudolente o illegali, o più semplicemente alla distorsione della percezione dei prezzi bassi che vengono assunti dal consumatore come “normali” svalutando il lavoro che sta dietro un prodotto.

Lo potremmo chiamare il percorso virtuoso della sostenibilità responsabile, in cui non si accusa l'altro di ciò che non fa o che fa male, ma ogni anello si assume “responsabilmente” il suo ruolo fondamentale per creare un “ambiente” migliore. Per quanto sopra detto la Ricerca autonoma ed indipendente – volutamente con la r maiuscola - deve avere gli strumenti per poter valutare attentamente le strategie agronomiche e i loro impatti, mentre le autorità locali possono avere un ruolo importantissimo nel creare, favorire o alimentare l'aggregazione in strutture come biodistretti, distretti agricoli o distretti del cibo che possono funzionare da collante del tessuto sociale, da vettore di necessità tecniche, da strumento di divulgazione corretta ai consumatori ed agli abitanti, e, perchè no, “massa critica” maggiore per richieste presso le istituzioni regionali o nazionali.

di Angelo Bo

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Commenti 7

Angelo Ferricchio
Angelo Ferricchio
07 marzo 2020 ore 11:35

Cosa intende l'autore per ""massa critica" maggiore per richieste presso le istituzioni regionali o nazionali"? Ulteriori contributi pubblici?

Angelo Bo
Angelo Bo
07 marzo 2020 ore 18:19

Non per forza devono essere fatte richieste in contributi pubblici di tipo assistenziale, sempre più spesso abbiamo in agricoltura richieste di formazione, o necessità di aggregazione pe partecipazione a manifestazioni, o di ricerca e sviluppo perfare alcuni esempi.

Angelo Frascarelli
Angelo Frascarelli
07 marzo 2020 ore 06:45

Il "percorso virtuoso della sostenibilità responsabile", citato in questo articolo, è il frutto di totale mancanza di conoscenza dell'economia, non dell'economia astratta, ma quella del comportamento individuale di ogni consumatore, compreso l'autore di questo articolo.
L'autore di questo articolo non compra da anni i rullini della macchina fotografica; ha ragione! perchè comprarli, dopo l'avvento dello smartphone? L'autore di questo articolo ha contribuito al fallimento di Kodak con i suoi 90.000 dipendenti.
In sostanza, il consumatore guida i processi economici, a cui tutti contribuiamo.
Il consumatore vuole prodotti con maggiore sostenibilità. La disponibilità a pagare dipende dalla domanda e dall'offerta di prodotti sostenibili. Ci sono imprenditori che hanno colto la maggiore domanda di prodotti sostenibili e stanno avendo buoni risultati. La strategia è quella di seguire il consumatore.
L'articolo è intriso di illusioni teoriche astratte. Invece ogni imprenditore deve essere attivo e protagonista.

Angelo Bo
Angelo Bo
07 marzo 2020 ore 18:27

La ringrazio molto per essersi scomodato a leggere e a commentare l'articolo. Il suo mi sembra però un'analisi un po deviata dal mio ragionamento, probabilmente perché il suo parte da un concetto di libero mercato il mio da un mercato che qualche regola deve pur porsela. Non mi pare che i prodotti glifosate free che sta proponendo coop - per fare un esempio - sia un illusione teorica astratta, tanto meno quando loro fanno i contratti di acquisto delle farine o delle semole glifosato free. Forse non ho usato la terminologia accademica, ma conosco piuttosto bene la realtà non vivendo e studiando esclusivamente dietro ad una scrivania.

Angelo Frascarelli
Angelo Frascarelli
07 marzo 2020 ore 18:38

Mi sta a cuore solo una precisazione e le assicuro che conosco bene sia la teoria economica che la pratica,
Il prezzo dipende dalla domanda e dall'offerta, con il ruolo principale del consumatore.
Il prezzo "equo" è un'illusione; se lei conosce bene la realtà non può dare illusioni, perchè alimenta il lamento degli imprenditori, anziché il protagonismo.
Il prezzo del farro biologico è stato di 440 euro/t (quando la domanda cresceva e l'offerta era bassa) e l'anno scorso di 180 euro/t (perchè tantissimi gli agricoltori hanno coltivato farro bio). Qual è il prezzo equo?
L'unica possibilità è essere attivi sul mercato, vedere le tendenze, conoscere il consumatore, stare nelle filiere virtuose. Il prezzo equo è un'illusione.

Angelo Bo
Angelo Bo
08 marzo 2020 ore 17:33

Scusi ma nelle filiere virtuose (che lei cita) riconoscono un prezzo runerativo (il prezzo equo lo cita solo lei) per le varie fasi produttive e spesso fuori dalle logiche del libero mercato, almeno quelle che conosco. Quindi vede che il mio ragionamento nell'articolo non è cosi poco sensato.
E mi permetta una piccola precisazione ho subito mio malgrado l'indisponibilità di pellicole x diapositve emi sono dovuto convertire alla reflex digitale perché no le trovavo più e non trovavo chi stampava da diapo, gli smartphone sono arrivati più tardi.

Angelo Frascarelli
Angelo Frascarelli
08 marzo 2020 ore 17:41

Grazie, la sua risposta mi corrisponde.