Editoriali

LA GRANDE SVENDITA

27 maggio 2006 | Ernesto Vania

Quote della vitivinicoltura europea sono in svendita.
Pezzi delle nostre aziende e delle nostre vigne vengono acquistate non soltanto da bramosi gruppi statunitensi, oggi i capitali vengono anche da altre nazioni.
Frescobaldi ha annunciato con enfasi e molta soddisfazione di aver concluso un accordo con la Spi, azienda russa leader nel commercio di superalcolici. Così il 25% di Tenute di Toscana, la società che riunisce tre tenute rinomate a livello internazionale (Ornellaia, Luce della Vite e Castel Giocondo) è in mani straniere.
“Per alleggerire il carico che era sulle nostre spalle - commenta Frescobaldi - sono state valutate diverse possibilità, anche fondi di investimento ma la Spi ci é sembrata aria nuova perché si tratta di finanziatori che vengono da Paesi che conosciamo meno e per crescere bisogna avere una mentalità aperta.”
E’ realismo economico quello della famiglia Frescobaldi che evidentemente, al pari di altri, soffriva la crisi del vino ed era in cerca di capitali per rilanciarsi.
Il patron della storica casa vinicola non riesce infatti a celare un certo disagio. Il connubio tra vini e liquori non è molto felice, “perché chi vende liquori è abituato a margini estremamente superiori, poi il liquore è un prodotto industriale, il vino è tutta un'altra cosa. E qualche volta la mentalità del vino è diversa da quella industriale.” sottolinea Frescobaldi.
Se la partecipazione di Spi in Frescobaldi è un matrimonio di interesse, il tentativo, ormai annunciato, di acquisizione della Taittinger da parte del gruppo indiano United Breweries rappresenta un vero e proprio assalto dei nuovi capitalisti a una delle più prestigiosi roccaforti europee del vino.
Dopo le acquisizioni di grandi gruppi industriali europei da parte di colossi asiatici non è più neanche lecito stupirsi.
Nuove potenze economiche stanno emergendo, sono interessate ai nostri marchi e alle potenzialità commerciali che ne derivano.
Hanno i soldi, comprano,
Ne soffriamo, ci sentiamo in qualche modo oltraggiati tutti ma alzare argini e barriere non è utile né produttivo, servirebbe solo a prolungare l’agonia.
Globalizzazione, delocalizzazione sono le parole magiche e le ricette con cui le nostre multinazionali hanno offerto una possibilità di rilancio a economie che, solo fino a qualche anno fa, consideravamo Terzo Mondo. Cina e India, senza dimenticare tutto il Sud Est asiatico e la Russia ora galoppano con crescite del prodotto interno lordo che noi vagheggiamo.
Sono nazioni che hanno fame, che hanno voglia di emergere, che vogliono un posto di primo piano sullo scenario politico, economico e sociale.
Portano una forza di volontà e di sacrificio che l’opulento Occidente ha dimenticato.
India e Cina non sono solo immensi bacini di manodopera a basso costo. Hanno adottato il capitalismo quale principio economico, senza abbandonare le loro radici culturali e sociali. Ne scaturiscono nuove idee e modelli che funzionano e che vogliono esportare.
Una ventata di novità che temiamo.
L’Europa è sotto scacco, speriamo sappia reagire prima di perdere la partita.

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