Editoriali
L'assaggio dell'olio d'oliva, una splendida storia di persone
Dall'Italia, volando in California e passando per Marocco, Giappone e Turchia con l'olio extra vergine di oliva come comun denominatore. Culture diverse e radici diverse ma per tutti gli assaggiatori la passione, la costanza e la voglia di raggiungere sempre più elevati standard di qualità, riconoscendo mediante i propri sensi allenati difetti e sfumature identitarie di ciascun olio. Perchè il mondo dell'extra vergine è fatto di persone, come ci racconta Carlotta Pasetto, assaggiatrice Onaoo
16 marzo 2018 | Carlotta Pasetto
Wanderlust è l’irrefrenabile desiderio di viaggiare, una passione travolgente che ci porta alla ricerca dell’ignoto, ci spinge a scoprire e provare esperienze sempre nuove.
E' una passione travolgente, come quella che assorbe chi si avvicina al mondo dell’olio, un universo vasto e vario, fatto di piccoli segreti e grandi verità.
La fortuna di poter unire, lavorando, queste due grandi passioni mi ha portato nel corso degli anni a scoprire culture molto diverse tra loro, accomunate dal crescente interesse verso l’oro verde.
Grazie ai corsi che come ONAOO, Organizzazione Nazionale Assaggiatori Olio di Oliva, organizziamo in tutto il mondo, abbiamo l'opportunità di entrare in contatto con Paesi in cui esiste già da millenni una cultura tradizionale legata all’olio di oliva ed altri nei quali solo negli ultimi anni si è iniziato a conoscerlo e ad apprezzarlo.
In un solo anno siamo volati dalla California al Marocco, dal Cile al Giappone, dalla Turchia a Taiwan, con l'aspirazione e la voglia di trasmettere la nostra conoscenza del prodotto, ma soprattutto con il desiderio di ascoltare e ad arricchirci personalmente, scoprendo nuovi approcci e confrontandoci con le testimonianze preziose di produttori, consumatori o semplici appassionati.
Il denominatore comune di chi si avvicina all’assaggio dell’olio, indipendentemente dal suo Paese di origine, è la voglia di capire di apprendere come riconoscere le peculiarità di un prodotto e come distinguere tra le diverse tipologie esistenti, in modo da poter scegliere in maniera autonoma e preferire la qualità tra le tante alternative offerte sul mercato.
Può sembrare scontato, ma, per condividere efficacemente concetti ed idee, è necessario l’utilizzo di un vocabolario e di una terminologia universalmente condivisa ed al tempo stesso specifica, che serva a delineare il più oggettivamente possibile il profilo sensoriale di un prodotto.
La prima difficoltà che si riscontra in Paesi molto distanti dalla cultura occidentale, è proprio la possibilità di utilizzare semplici parole di uso quotidiano che rimandino ad immagini immediate e di facile comprensione. Un esempio è il termine “carciofo”, scontato e di immediata comprensione nella cultura occidentale, ma assolutamente sconosciuto in un paese come il Giappone, se non nella sua forma “surgelata”. Ed ecco allora che interviene una radice tipica giapponese ad aiutarci, che ha peculiarità sensoriali simili a quelle del carciofo e che, al tempo stesso, risulta familiare nella cultura del posto.
Confrontarsi con produttori, buyers e consumatori internazionali, permette di conoscere realtà sempre interessanti ed apprendere piccoli aneddoti. C’è il Libanese che segue il corso avanzato ONAOO, che, con immenso orgoglio, ci fa assaggiare il frutto dei suoi sforzi: il “passato” e il “futuro”, come lui stesso ha definito il suo olio. L’uno prodotto in un frantoio a presse in condizioni igieniche discutibili, l’altro prodotto in un frantoio moderno.
Ci spiega che in Libano si trovano numerosi frantoi a molazze, mentre i frantoi continui sono una rarità, ma che, sebbene lui si renda conto che questi ultimi siano più facili da gestire e producano un olio di migliore qualità, è il consumatore ad orientare la produzione: finché il consumatore libanese medio preferirà “l’olio del passato”, difficilmente vi sarà un cambiamento.
Incontriamo poi il produttore Taiwanese che, per garantire ai suoi consumatori un prodotto fresco, importa olive direttamente dall’Italia per lavorarle direttamente in loco facendole viaggiare per oltre un mese in un container. Dopo aver appreso che per avere un prodotto qualitativamente superiore è necessario far passare il minor tempo possibile tra la raccolta e la lavorazione, si chiede se effettivamente l’olio da lui prodotto possa essere ritenuto un “vero” extravergine.
C'è infine l'olivicoltrice Brasiliana che ci regala una preziosa bottiglietta racchiusa in una scatola di legno e rafia e chiede che venga assaggiata da tutti i suoi colleghi assaggiatori e che le venga dato un giudizio oggettivo e sincero. E’ la sua prima produzione di olio da piante che hanno solo quattro anni, come ci racconta con orgoglio. Quando riceve apprezzamenti e complimenti le brillano gli occhi, fiera di aver ottenuto un prodotto di qualità.
Ogni storia è legata a un episodio di vita privata, ma ciò che accomuna questi assaggiatori internazionali è la passione, la costanza e la voglia di raggiungere sempre più elevati standard di qualità, riconoscendo mediante i propri sensi allenati difetti e sfumature identitarie di ciascun olio ottenuto dalle olive.
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