Editoriali 02/02/2018

L'olio extra vergine di oliva non ha alcun valore

L'olio extra vergine d'oliva non è un prodotto nè esclusivo nè raro. E' inutile sforzarci di conferire valore, smettiamola! Nessuno ha mai fatto a botte per una bottiglia di olio in offerta, come invece avvenuto per la Nutella in Francia. Un motivo ci sarà...


Quanto costa un litro (o chilo) di olio extra vergine di oliva? Facile rispondere: dai due euro, in determinate condizioni economico-agronomico-sociali, fino ai venti euro ed oltre.

E' anche facile rispondere alla domanda: quale prezzo ha l'olio extra vergine di oliva? Dai 3 euro al litro, per le superofferte al supermercato, fino ai mille euro al litro dell'olio più dispendioso che conosco.

Ma quanto vale un litro di olio extra vergine di oliva?

Si tratta anche della domanda più comune a cui tutti, da comunicatori, esperti, tecnici, olivicoltori e frantoiani, ci troviamo a rispondere più spesso.

Le risposte non sono mai realmente esaurienti. Sono spesso partigiane o dominate da schemi culturali che risentono dell'origine e dell'estrazione culturale ed esperienziale di ciascuno di noi.

La verità è che, di fronte a una domanda sul valore dell'olio, bisognerebbe rispondere: l'olio extra vergine di oliva non ha alcun valore.

La caratteristica principe che rende un prodotto di valore è la sua rarità.

L'olio extra vergine d'oliva, in sé e per sé, non è un prodotto raro. Si trova in tutti gli angoli del globo e i consumi sono pari alla produzione, ovvero tutti coloro che lo vogliono soddisfano il desiderio di averlo sulle proprie tavole.

Altra caratteristica che eleva il valore di un prodotto è la sua esclusività, ovvero la possibilità che ad acquistarlo od averlo sia un'esigua minoranza di persone.

L'olio extra vergine di oliva non è un prodotto esclusivo poiché è a buon mercato in tutti gli angoli del pianeta, ovvero una larga fascia delle popolazione si può permettere l'acquisto.

Potrei continuare così a lungo.

Ogni prodotto, se ci riflettiamo bene, non ha, in sé e per sé, alcun valore ma sono le sue caratteristiche e declinazioni a renderlo più o meno prezioso.

Non basta.

L'olio extra vergine di oliva è un prodotto prezioso per la salute ma non ho mai visto fare a botte per accaparrarsi una bottiglia di olio in offerta, come successo qualche giorno fa per i barattoli di Nutella in Francia, pur sapendo che la famosa crema spalmabile non è esattamente un elisir di lunga vita.

Nel caso francese i consumatori hanno riconosciuto che il valore del prodotto era di gran lunga superiore al suo prezzo, rendendo la corsa all'acquisto una vera e propria battaglia.

In sé e per sé nessuna caratteristica di un prodotto, per quanto reale, tangibile e oggettiva, è sorgente di valore.

Il fatto che l'olio extra vergine di oliva sia ricco di acidi grassi monoinsaturi o di polifenoli, abbia un sentore di carciofo o arricchisca di gusti o profumi un piatto non è in sé un valore.

Ma lo può diventare.

L'olio extra vergine di oliva non ha alcun valore ma può diventare un prodotto di gran valore.

Innanzitutto bisogna riconoscere che nessuno di noi, attore della filiera, può dar valore all'olio extra vergine di oliva.

Sono gli altri, i consumatori, gli unici artefici del valore.

Non è posizionando una bottiglia a mille euro al litro o attaccandoci mille bollini che si conferisce valore.

Il valore viene riconosciuto, non viene mai dato.

Per molti anni tutti, indistintamente, ci siamo sforzati di dar valore all'olio, enumerando, in un pericoloso circolo autoreferenziale, le caratteristiche che servivano a valorizzare il prodotto. Pensiamo alle indicazioni facoltative in etichetta.

Abbiamo parlato, ma ascoltato molto poco, se non nulla.

Sentendo le domande che venivano dal pubblico di Web&Food, videochat del TG1 condotta da Anna Scafuri, ho capito il motivo per il quale l'olio extra vergine di oliva non ha alcun valore.

Il mondo olivicolo-oleario ha cercato disperatamente, per anni, di dar valore, di convincere che alcune caratteristiche erano elementi valoriali, senza capire che, invece, il percorso da fare era un altro.

Occorreva, anche attraverso rubriche come erano Terra&Sapori del TG1 e altre trasmissioni agricole, chiuse o ridotte a puro intrattenimento, fornire informazioni, trasmettere contenuti.

Poi fermarsi ed ascoltare.

Dai consumatori sarebbero venute, e possono ancor oggi venire, le indicazioni sulle caratteristiche su cui puntare per far riconoscere il valore dell'olio extra vergine di oliva.

Si tratta di un lavoro oggi molto più difficile di ieri poiché per i grandi media, l'agroalimentare è diventato solo spettacolo, non notizia. Grazie ad Anna Scafuri per la rivelazione di questa piccola e grande verità.

Arrivano così al consumatore informazioni distorte, contraddittorie, a volte false. E' solo show business.

Quel che ritorna, quindi, è disorientamento, caos, diffidenza.

Se non fosse per la pervicace attenzione e curiosità dimostrata da una parte di consumatori per il mondo dell'olio extra vergine d'oliva, ci sarebbe da abbattersi e arrendersi.

Ma una speranza ancora c'è.

Vogliamo davvero valorizzare, dare valore all'olio extra vergine d'oliva? Impariamo ad ascoltare.

di Alberto Grimelli

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Commenti 5

ANGELO PELLICCIOTTI
ANGELO PELLICCIOTTI
05 febbraio 2018 ore 13:27

Direttore condivido la sua analisi e aggiungo che l'educazione alimentare in età scolare sia il presupposto da cui ri-partire per far crescere i consumatori consapevoli di domani, quelli che potranno attribuire il giusto valore ad un prodotto di valore.

Jens Schmidt
Jens Schmidt
03 febbraio 2018 ore 20:38

non so, mi pare una storia autoreferenziale, né inizio né fine. Io la vedo cosi : tra le grande categorie alimentari conosciuto nel mondo, e in tutte le lingue sempre pronunciato uguale, figura sicuramente 'olio extra vergine'. Una visibilità pazzesca - basta usala bene.
Concordo che oggi e utilizzato male, ma non tanto per il comportamento del poveretto consumatore, ma per la scarsa applicazione di un concetto di qualità. Che dite, non basterebbe abbassare la soglia massima della acidità a 0.25%, e passare il resto all’olio d'oliva semplice? Non solo sale così il prezzo per rarità, ma anche l'olio extra vergine esce dalla presa dell'industria e ritorna all'agricoltura. Io questo faccio da 20 anni, e per me il valore c’è. Quello che invece non ha valore sono i concetti dei studi di mercato (bollini citati) o a pari livello i contesti geo-politici delle IGP, che comunque non avranno mai una riconoscibilità nei mercati come olio extra vergine.
P.S. io dico questo perché ho provato a fare in azienda un olio peggio, ma non sono riuscito ad arrivare oltre le 0.3%, quindi il mio pensiero e semplice: se il 'extra vergine' deve rappresentare il meglio, non può orientarsi ai parametri mediocri industriali. Il TOP deve avere l'ambizione di essere TOP.

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
03 febbraio 2018 ore 12:32

Non avrà alcun valore fino a quando il mondo olivicolo delle eccellenze non si unirà sul serio per diffondere la conoscenza di questo ingrediente fantastico quando è fatto con tutti i crismi. Entrare nelle scuole primarie, insegnare ai nostri giovani come riconoscere un buon olio, spiegargli tutte le sfumature e le diversità è di vitale importanza. Bisogna ripartire dai bambini, sui grandi le speranze sono poche, salvo piccole nicchie.
Questo è il lavoro primario da fare, coinvolgere le associazioni di esperti e di categoria, i presidi, i professori fino alla politica per entrare nelle scuole e far conoscere questa eccellenza e magari anche altre.
Di non secondaria importanza è l'entrata di oli di qualità nella ristorazione, un buon olio in tavola dovrebbe essere il primo segnale di riconoscimento di un ristorante che si rispetti, se l'olio è di bassa qualità potrebbe esserlo anche per altri ingredienti di base.
C'è da impegnarsi e da lottare ma le soluzioni per far emergere una cosa buona e dargli il giusto valore ci sono.

domenico d'alessio
domenico d'alessio
03 febbraio 2018 ore 10:33

Vogliamo esprimere con molto piacere al Direttore, Alberto Grimelli, che è anche nostro carissimo Vicepresidente di ASCOE-Associazione Assaggiatori e Cultori Olio Extravergine di Oliva, i nostri infiniti complimenti per la chiarezza e l'efficacia della ottima intervista a tutto campo in videochat del TG1 sull'Olio Extravergine.
Domenico D'Alessio segretario di ASCOE-Licia Gambini presidente di ASCOE

Francesco Donadini
Francesco Donadini
03 febbraio 2018 ore 09:57

gentile direttore Alberto Grimelli, concordo completamente con quanto scrive. In quindici anni che, prima come consumatore evoluto, poi come editore e infine come promodistributore di eccellenze agroalimentari, mi sono confrontato con il mondo dei frantoiani (Zaramella, Gonnelli, Sodano quelli che ho più pressato) per far capire che occorreva osservare e ascoltare il consumatore, uscire da GD/GDO per far capire che il loro prodotto è raro ed esclusivo, cioè operare nel marketing per costruire, con una strategia, un valore riconoscibile e un conseguente posizionamento, ho sempre ricevuto risposte su altre preoccupazioni. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: è amaro quanto scrive: l'olio extra vergine d'oliva non ha alcun valore. Bene! Si è toccato il fondo! Siamo a zero e può nascere finalmente un progetto valoriale. Si potrebbe Iniziare dal nome: chiamiamolo solo olio EVO (Blend o Cultivar) e basta, per non confonderlo con l'olio d'oliva (il lampante raffinato). Si potrebbe utilizzare un canale distributivo esclusivo: le Botteghe del Gusto (Massobrio ne ha censite ben 4500 in Italia!) e si può iniziare a mettersi in ascolto tra consumatori evoluti, comunicazione e stampa, frantoi, per costruire quella strategia necessaria finora ignorata (un TED per l'olio EVO).