Editoriali
Quando il valore aggiunto non è l'olio extra vergine d'oliva
Il potenziale esperienziale dell’olio extravergine italiano si può percepire, vedere, capire ma soprattutto misurare. Per sfidare il consumatore e spingerlo a provare cose nuove è necessario porlo difronte ad una scelta: non c’è un solo olio. Nella guerra dei prezzi gli oli italiani di alta qualità dovrebbero tenersi fuori sottolinea Maria Lisa Clodoveo dell'Università di Bari
17 marzo 2017 | Maria Lisa Clodoveo
Il marketing esperienziale sposta l’attenzione del consumatore dal valore d’uso del prodotto “Olio extravergine d’oliva” all’esperienza di consumo legata alle emozioni.
A causa delle oggettive condizioni del sistema olivicolo italiano, risulta assai difficile perseverare nella convinzione di poter competere esclusivamente sul prezzo, soprattutto per la produzione di eccellenza, se si è consapevoli dell’esistenza di altre realtà più competitive quali la Spagna, la Tunisia o il Marocco.
Allora una delle strade per mantenere la competitività dell’olio di qualità italiano deve necessariamente essere quella di vendere, insieme al prodotto, contenuti immateriali che ne accrescano il valore.
L’olio extravergine di oliva di alta qualità deve trasformarsi in un mezzo tramite il quale il consumatore può vivere una vera e propria esperienza di consumo.
C’è una porzione di consumatori alla ricerca di emozioni e sensazioni che “gli oli” ed i loro abbinamenti possono suscitare e che è disposta a pagare per una esperienza che soddisfi le aspettative.
Esistono quattro dimensioni dell’esperienza esplorabili con l’extravergine, la cui efficacia può essere così descritta in termini crescenti:
1. L’intrattenimento - è il caso del cliente che partecipa ad un salone espositivo passando dallo stand di un produttore all’altro: il consumatore mantiene un atteggiamento di passività nei confronti di un’esperienza cui assiste.
2. L’estetica - è il caso di manifestazioni aperte ad un largo pubblico durante le quali si visita il frantoio e si conclude il tour nel punto vendita: le persone sono immerse fisicamente nell’esperienza, pur mantenendo un atteggiamento passivo.
3. L’educazione - si moltiplicano i mini corsi di avvicinamento all’olio extravergine di oliva nei quali, in poco più di quattro ore, si toccano temi che vanno dalle tecniche di produzione e degustazione, all'utilizzo dell'olio in cucina: il consumatore-discente apprende e assiste in maniera coinvolta e attiva.
4. L’evasione: il consumatore è al “Ristorante” (la “r” maiuscola non è un caso) e deve scegliere l’OEVO da consumare: l’olio è nel suo ruolo principe di ingrediente/condimento ed il cliente è totalmente coinvolto e partecipa in maniera attiva, diventa attore e arriva a interagire emozionalmente con il prodotto. La dimensione esperienziale trova così la massima espressione.
L’approccio esperienziale richiede che il consumatore resti impressionato. L’ambiente ideale, il ristorante, è il luogo in cui l’impiego di olio di alta qualità può creare stimoli simultanei per sensi, cuore e mente, trasformando il momento di consumo in un attimo piacevole, in cui il consumatore riesce a raggiungere un miglior stato psico-fisico. Il consumo di olio, mediato dal responsabile di sala, a seconda delle modalità di presentazione, può toccare tutti e 5 i livelli di coinvolgimento del cliente in un crescendo di tensione emotiva:
1. Sense - l’esperienza sensoriale si costruisce sui 5 sensi: gusto, olfatto, tatto, udito e vista;
2. Feel: l’esperienza affettiva legata all’olio serve a stimolare i sentimenti interiori del consumatore;
3. Think: l’esperienza di consumo deve stimolare la mente e toccare la sfera creativa del cliente e spingerlo ad agire. Questi stimoli risultano molto più duraturi rispetto ad altri, poiché il cliente è coinvolto non solo emotivamente, ma anche mentalmente
4. Act: l’esperienza, che coinvolge la fisicità, culmina in una sfida per il consumatore che viene stimolato a migliorare il suo stile di vita. È importante spingere il consumatore a provare cose nuove;
5. Relate: l’esperienza non è individuale, ma mette in relazione l’individuo con gli altri. Il prodotto incarna il segno visibile di un interesse che accomuna i commensali e che si identifica con le loro aspirazioni.
Se l’olio è semplicemente offerto come condimento in accompagnamento al piatto, l’esperienza sensoriali si costruisce sui 5 sensi.
Per stimolare i sentimenti interiori del consumatore il prodotto necessità di essere narrato. La narrazione può toccare aspetti della memoria collettiva e individuale.
Per sfidare il consumatore e spingerlo a provare cose nuove è necessario porlo difronte ad una scelta, non c’è un solo olio, ed è necessario comprendere l’olio più adatto alle preparazioni gastronomiche scelte.
Le competenze in materia di olio possono essere create ed accresciute sperimentando con i commensali diversi abbinamenti e condividendone le impressioni, costruendo una comunità di appassionati.
Il ricordo dell’esperienza può essere rafforzato se la bottiglia servita a tavola è di piccole dimensioni (100 ml). Una volta contabilizzata nel conto può essere trasportata in tasca o in borsetta, e riaccendere, nel consumo domestico, le stesse emozioni provate al ristorante. La memoria emotiva resterà legata ad una cultivar ed un brand da cercare anche al di là della ristorazione.
La dimensione esperienziale dell’olio extravergine italiano è un traguardo arduo per il quale è necessaria una “alleanza” lungo la filiera. L’integrazione all’interno della filiera permette, a tutti i soggetti della catena di fornitura, di condividere conoscenze, saperi e competenze, generando le premesse per favorire lo sviluppo di uno spirito collaborativo che coinvolga tutti i soggetti interessati e distribuisca in maniera equa il valore tra gli attori.
L’approccio collaborativo, l’alleanza tra ristoratore, frantoiano e olivicoltore è l’unica strategia in grado di assicurare una sostenibilità a lungo termine. Il ristoratore guadagna, dall’alleanza con il frantoiano, la garanzia della costanza di standard elevati di prodotto. Il frantoiano ha interesse ad allearsi con l’olivicoltore perché la qualità dell’olio nasce in campo dalla cura dell’oliveto. Il ristoratore deve allearsi con l’olivicoltore, perché è custode del territorio e del paesaggio, elementi inscindibili del prodotto e dell’offerta eno-gastronomica. Alleanza significa garantire l’equo profitto a tutti i soggetti della filiera. Un olivicoltore che svolge una attività non remunerativa perde interesse nella cura dell’oliveto. L’abbandono corrisponde alla distruzione della bellezza del paesaggio che è parte del valore immateriale del prodotto servito a tavola. Se non c’è più spazio per una olivicoltura che garantisca reddito, presto non ci sarà spazio per il turismo e le attività ricettive coinvolte. Anche il frantoiano non deve essere schiacciato dalla sua posizione centrale, compresso tra la difficoltà di approvvigionarsi di olive, dovuta alla diminuzione di prodotto che ne fa crescere i costi, e la scarsa propensione dei ristoratori a pagare il giusto prezzo per un prodotto di qualità, che sarà un mero costo se non si impone, nell’ambito della ristorazione, di pagare l’olio nel conto, così come avviene per tutto il resto: coperto, pane, acqua, ecc..
Occorre ricordare, quando si serve un olio italiano d’eccellenza, che l’olivicoltura è la storia vivente dell’interazione tra uomo e natura e che l’olio stesso è opera della natura, del sole, del clima, della composizione del terreno e dell’uomo che si dedica con passione. Nella guerra dei prezzi gli oli italiani di alta qualità dovrebbero tenersi fuori. Devono competere su un altro livello. Essi rappresentano molto più di un ingrediente/condimento”. Sono “testimoni liquidi” della cultura e della bellezza del paesaggio della nostra nazione, di cui dobbiamo preoccuparci oggi per non pentircene domani.
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Accedi o RegistratiMario Marangi
20 marzo 2017 ore 12:15Mi complimento per l'articolo. Credo che la via maestra, dura da perseguire, sia quella dell'alleanza tra i vari soggetti della filiera produttiva, gli operatori della ristorazione/turismo e anche i distributori (perché no). Mi hanno sempre molto colpito le dichiarazioni televisive, e non solo, di alcuni famosi chef italiani (come Vissani et al.) che hanno dimostrato la loro scarsa conoscenza di prodotto. La cosa colpisce perché proviene proprio da loro che sono gli addetti ai lavori ma che veicolano cattiva informazione, in un momento come questo di enfatizzazione/idolatria della loro professione nell'immaginario collettivo (vedasi il successo dei vari MasterChef). Mi chiedo cosa si insegni nelle scuole alberghiere sul prodotto olio.
Credo che l'olio sia una campo di applicazione fantastico per il marketing esperenziale, per portare il consumatore da un livello di consapevolezza ad un altro livello, quello di consumAttore!!!
giampaolo sodano
19 marzo 2017 ore 19:59Il ristorante può essere un luogo ludico come può essere semplicemente un posto dove alimentarsi. In ambedue i casi il cibo deve essere sano, meglio se è anche buono per il palato del cliente. Ma se il consumatore vuole saperne di più su ciò che desidera mangiare e bere, allora il ristoratore o l’uomo di sala ha il dovere di dare tutte le informazioni che conosce sui cibi che propone. Anche sull’olio, sia quello che usa in cucina sia quello offerto sulla tavola.
Se così stanno le cose allora ben venga un master come questo organizzato dalla professoressa Clodoveo per chiarire agli allievi che un corretto rapporto con il cliente vuol dire una informazione trasparente e completa sul menù proposto, compreso la scelta del vino e dell’olio dalle olive. ma non sarà facile raggiungere un tale obiettivo se si pensa a quei menù in cui è specificato con quali pomodori lo chef ha fatto la salsa oppure da dove viene il grasso di maiale con cui si propongono i crostini, ma quale olio si usa nella preparazione dei cibi rimane un mistero o un segreto non confessabile.
maria lisa clodoveo
19 marzo 2017 ore 16:09Carissimo Stefano,
grazie di cuore per il commento. E' importante per i produttori confrontarsi con i protagonisti della ristorazione, Chef, Addetti di Sala e Ristoratori, “ambasciatori del gusto”, con i quali comprendere come valorizzare gli oli extravergini d’oliva di qualità nell’ambito delle preparazioni eno-gastronomiche e consentire al consumatore/cliente di vivere una vera e propria esperienza di consumo.
a presto, Maria Lisa Clodoveo
STEFANO CAROLI
18 marzo 2017 ore 08:16Gent.ma Proff.ssa Clodoveo, complimenti per l'articolo e l'impegno continuo verso il ns. patrimonio olivicolo nazionale, condivido in pieno i contenuti e sono convinto che, gli attori della filiera produttiva insieme ai consumatori e ristoratori chiedono un coinvolgimento di tutte le scuole per approfondire gli argomenti da lei citate.
maria lisa clodoveo
21 marzo 2017 ore 18:22desidero ringraziare Giampaolo Sodano per aver introdotto nel suo commento una novità che riguarda l'offerta didattica dell'Università di Bari.
I contenuti dell'articolo non sono sospesi in un esercizio dialettico, ma sono parte integrante di un percorso scientifico, didattico e di trasferimento tecnologico dal mondo accademico al tessuto territoriale, mirato a creare strumenti di accelerazione di processo culturale fortemente auspicato.
non credo nelle coincidenze, e perciò suggerisco di leggere contestualmente a questo articolo altri tre:
- L'olio extra vergine di oliva di eccellenza non è gratis, gli assaggi si pagano
http://www.teatronaturale.it/racconti/a-regola-d-arte/23810-l-olio-extra-vergine-di-oliva-di-eccellenza-non-e-gratis-gli-assaggi-si-pagano.htm
- Prepariamoci a un gran cambiamento per i consumi di olio extra vergine di oliva al ristorante
http://www.teatronaturale.it/strettamente-tecnico/l-arca-olearia/23834-prepariamoci-a-un-gran-cambiamenti-per-i-consumi-di-olio-extra-vergine-di-oliva-al-ristorante.htm
- Se l'olio extra vergine di oliva è solo un costo
http://www.teatronaturale.it/pensieri-e-parole/editoriali/23814-se-l-olio-extra-vergine-di-oliva-e-solo-un-costo.htm
per percorsi totalmente autonomi ed indipendenti Piero Palanti e Filippo Falugiani tracciano un percorso che porta nella stessa direzione.
allora cosa significa? che i tempi sono maturi?
Lo short master "The olive oil sensory science and the culinary art", rivolto agli operatori della ristorazione, rappresenta un primo tentativo di passare dalla teoria alla pratica!
Augurateci un "in bocca al lupo" poichè è una esperienza che definirei pionieristica e darà vita ad un importante confronto con i professionisti della ristorazione.