Editoriali
15 milioni di euro per l'olio d'oliva, buttati via!
L’investimento da 15 milioni di euro avrebbe dovuto essere estremamente redditizio (dal 4,25 all’8,5 per cento). Non mi sembra che sia andata proprio così. Non ritiene signor Ministro che sarebbe il caso di disporre una indagine su quanto è avvenuto, magari per poi trasmettere gli atti al magistrato competente? Una lettera aperta di Mario Pacelli al Ministro Maurizio Martina
09 settembre 2016 | Mario Pacelli
On.le Ministro Maurizio Martina,
sono un cittadino come tanti che paga puntualmente le imposte e mi dispiace di mantenere in vita enti pubblici che, come credo emerga chiaro dall’esempio che sto per sottoporle, sono non solo inutili ma anche dannosi per la finanza pubblica.
Il caso che ha attirato la mia attenzione è quello dell’ISA, l’istituto per lo sviluppo agroalimentare, finalmente soppresso alla fine dello scorso anno, che avrebbe dovuto agire quale ente finanziatore di aziende in via di sviluppo, uno scopo certamente encomiabile in un momento di crisi come quello attuale. Un piccolo aiuto, qualche centinaia di migliaia di euro, e l’azienda può sperare in un futuro migliore: il problema sorge quando le difficoltà aziendali hanno motivi strutturali ed il finanziamento pubblico assume proporzioni tali da assorbire larga parte delle risorse finanziarie disponibili.
Ci sono elementi che inducono a ritenere che tale fosse già nel 2014 il caso del gruppo oleario Mataluni, un gruppo industriale di tutto rispetto per i marchi che ad esso fanno capo (olio Dante, olio Topazio e via dicendo) in seguito ad una campagna di acquisizioni che sembrava significare il trionfo dell’industria olearia meridionale. Poco dopo il suo insediamento Ella, signor Ministro, fece diffondere un comunicato stampa in cui si dava notizia che del capitale della società Olio Dante, valutata circa 100 milioni di euro, entrava a far parte l’ISA acquisendo, con 15 milioni di euro, una partecipazione del 20%, mentre i Mataluni avrebbero conferito un ramo d’azienda per un eguale valore. Alcuni lettori, tra i quali mi colloco anch’io, restarono un po’ meravigliati: ma non era finito il periodo, non proprio glorioso, delle società a partecipazione statale? Forse quella descritta non era una operazione IRI, forse si trattava solo di venire incontro alle necessità di un gruppo sviluppatosi troppo rapidamente, forse… e via di seguito. La sorpresa diveniva ancora maggiore se si andavano a leggere su internet le vicende degli oleifici Mataluni a proposito di una complicata storia, fatta di un’infinità di sentenze di giudici diversi (penali, amministrativi), di accuse pesanti e di altrettanti pesanti risposte riguardanti (veri o pretesi) abusi edilizi dei proprietari degli edifici, il tutto in uno scenario di diatribe politiche locali che sembrano evocare le storie di don Camillo e dell’on.le Peppone con la sola novità della presenza sulla scena di truppe mastellate note per la loro astuzia nelle guerriglie di paese.
Tutto bene dunque? Non tanto se ora leggo che il gruppo Mataluni ha una situazione fortemente debitoria (una novantina di milioni) ed ha chiesto la ristrutturazione del debito prevista per le aziende in crisi, e che presto altri 20 milioni di euro verranno al gruppo da finanziatori (qualcuno dice cinesi) per un ennesimo rilancio, non si conosce se dietro cessione di un quota del capitale sociale.
Facciamo insieme un po’ di conti: il 20% del capitale di Olio Dante era stato acquistato dall’ISA e per quanto se ne sa l’80% era restato ai Mataluni che ora ottengono un ulteriore finanziamento di 20 milioni, naturalmente a condizione che la ristrutturazione del debito sia accettata (l’alternativa potrebbe essere rovinosa). Quanto vale ora, a due anni di distanza, la partecipazione dell’ex ISA , tenendo presente che i debiti del gruppo sono quasi dello stesso ammontare del valore attributo a sua tempo ad Olio Dante? È da considerare che i nuovi finanziatori certamente chiederanno adeguate garanzie, non esclusa quella di una quota del capitale sociale: credo sarà entusiasmante il rapporto tra l’ex ISA ed il fondo cinese (forse sarà necessario un interprete per le riunioni del consiglio di amministrazione). Speriamo bene, ma l’esperienza del consorzio EVOLIO tra Unaprol e Mataluni, con tanto di marchio LUPI per la difesa dell’olio italiano, non sembra legittimare molte aspettative sullo sviluppo delle esportazioni dell’olio (solo italiano o miscelato? Di oliva o di semi?) del gruppo che è indicato invece come l’obiettivo del gruppo stesso per il futuro.
Tanto per sorridere, signor Ministro, mi permetto richiamare alla Sua memoria le dichiarazioni fatte alla stampa al momento dell’ingresso in Olio Dante della (non mai abbastanza) ex ISA: in pochi anni l’investimento sarebbe stato estremamente redditizio (dal 4,25 all’8,5 per cento). Non mi sembra che sia andata proprio così.
Non ritiene signor Ministro che sarebbe il caso di disporre una indagine su quanto è avvenuto, magari per poi trasmettere gli atti al magistrato competente? È proprio da escludersi, nel caso specifico, un danno pubblico erariale che i responsabili dei fatti, una volta accertato lo svolgimento dell’istruttoria, dovrebbero essere condannati a risarcire?
Vorrei proprio signor Ministro ricevere da Lei assicurazioni che un granello delle imposte che ho pagate non sia stato destinato a finanziare attività prive dei requisiti di redditività necessari per restare sul mercato senza gravare sui bilanci pubblici e privati. L’ISA, anche se ex, è stata una realtà, non una favola per bambini. Una favola sembra invece la redditività del finanziamento: altro che Cenerentola!
Con osservanza
Mario Pacelli
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10 settembre 2016 ore 17:04Come presidente dell'Associazione dei frantoiani di Puglia "i veri produttori di olio extravergine di oliva Italiano" NON HO PAROLE! gradirei tanto una risposta del Ministro!... e chiedo cosa ne pensa di sostenere e difendere il vero patrimonio Italiano i Frantoi oleari che oltre a produrre grandi olii, sono anche punto di riferimento dei produttori di olive e custodi 24 su 24 delle zone rurali.
Emilio Conti
11 settembre 2016 ore 19:06La situazione era chiara anche due anni fà, pressioni sul ministero da quasi tutte le associazioni ma nulla. Furono versati i soldi per aprire nuovi sbocchi commerciali nel mondo, questa la giustificazione. Come al solito nel settore oleario i soldi non si investono, si sperperano.