Editoriali

Olio industriale e olio artigianale: prodotti diversi e distinguibili

06 febbraio 2015 | Piero Gonnelli

Se in tutti questi anni per ciascun operatore era prestigioso fregiarsi dell’italianità dell’olio extra vergine di oliva confezionato oggi, grazie ai numerosi interventi legislativi a livello europeo e nazionale, non è più raro leggere in etichetta che il prodotto in questione trae origine da una miscela di oli di oliva comunitari. Un dato che può passare inosservato, come un semplice adempimento normativo ma che, in realtà, sta accompagnando indirettamente una lenta rivoluzione copernicana nel settore dell’olio di oliva.

Se per anni la dichiarazione di origine è ed è stata il punto focale dal quale partire (e che è motivo di ispirazione per la realizzazione dei ben noti prodotti Italian sounding) oggi, se pur fondamentale ed importante, tale dichiarazione, di fatto, risulta affiancata da un’altra scala di valori che i frantoiani associati AIFO intendono comunicare ai consumatori ovvero che sono loro i soggetti in grado di certificare ed attestare l’italianità della materia prima come caratteristica base del loro olio extra vergine di oliva. Partendo dalle diverse varietà italiane riescono a trasformarle, con le tecniche adatte di lavorazione, in un prodotto unico, frutto del proprio know how. Sono i frantoiani che decidono quale tipologia di gramola è maggiormente idonea alle olive da lavorare, selezionano i tempi di gramolazione, decidono la relativa temperatura nonché le successive tecniche di separazione finale applicando, a monte, qualora la maturazione e la varietà lo richieda, anche una denocciolatura preventiva.

Molte sono le variabili che possono entrare in gioco dal momento in cui l’oliva viene raccolta per essere trasformata in un determinato olio extra vergine di oliva.

E questo dipende dalla maestria e dalla professionalità del capitale umano impiegato, dal mastro oleario capace di creare un capolavoro come, dall’altro canto, capace anche di sminuire o non esaltare appieno le potenzialità di quella cultivar.

Ciò non di meno, è proprio grazie a tale capacità creativa-artistica o meglio artigianale che l’olio prodotto dai frantoi racchiude in sé la sua originalità tanto da non poter essere confuso con gli oli industriali che, se pur validi dal punto di vista organolettico e chimico, nascono da un insieme di oli prodotti da altri.

Ciò non significa assolutamente entrare nel merito del risultato finale ovvero dichiarare che l’olio artigianale è più buono dell’olio industriale o viceversa.

Ma senz’altro non è possibile e verosimile che l’olio solo confezionato possa fregiarsi di un carattere artigianale.

La lenta rivoluzione che è in atto portata avanti da AIFO è tesa a spiegare perché un prodotto che si presenta sotto un unico cappello denominato “olio extra vergine di oliva” in realtà vive da sempre su due pianeti diversi, anche con evidenti riflessi in termini di prezzo a scaffale.

La risposta è evidente: la dichiarazione di origine da sola non basta, occorre mettere sotto i riflettori chi è l’operatore che produce e come realizza quel determinato prodotto. Una chiarezza necessaria al comparto dell’olio di oliva nonché un atto di corretta informazione nei confronti del consumatore, una distinzione finalizzata a spiegare che un prodotto ben può essere realizzato tanto da un sapiente selezionatore di prodotto finito che, al pari di uno chef, è capace di unire i vari ingredienti creando un piatto unico nel suo genere, quanto da un produttore che crea quel “manufatto” attraverso le proprie tecniche di frangitura partendo dalla selezione delle materia prima.

Anche i consumatori hanno ormai percepito che l’olio extra vergine di oliva non è tutto uguale, che può essere regionale, italiano, comunitario ed extracomunitario. La gente ogni giorno al momento dell’acquisto si trova quotidianamente davanti ad un mercato globale di prodotti alimentari. Ma, è altrettanto vero, che su quei medesimi scaffali o nel negozio accanto possono scegliere se acquistare un prodotto industriale o artigianale, basti pensare al gelato, alla birra, alla pasta, etc.

Proprio ciò che manca nel settore dell’olio di oliva: rendere distinguibili i due prodotti. Senza che ciò significhi, ed debba essere visto, come aspetto laudativo di un prodotto a dispetto di un altro.

Tale distinzione di ruoli diventerà anche l’ago della bilancia nei rapporti tra frantoiani e imbottigliatori che, all’interno di questa nuova consapevolezza, saranno in grado di collaborare e cooperare in maniera più redditizia per entrambi, valorizzando in maniera concreta l’olio di oliva italiano che, se in termini di volume prodotto annualmente non potrà competere certamente con le produzioni straniere, lo potrà senz’altro fare in termini di appeal e di prodotto di nicchia quale esso, da sempre, è.

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Francesco Donadini

08 febbraio 2015 ore 21:53

Il finale non lo capisco, da consumatore che cerca di diventare evoluto nella spesa, trovo questo articolo bello, ma non dice nulla. Gli oli di un frantoio sono nettamente migliori per profumo, piccantezza, aroma e retrogusto. Un olio industriale è piatto, inutile, costa e vale poco. Ma perchè abbiamo paura di lodare ciò che è migliore? Continuo a sostenere che il piccolo carrello degli oli che ho a casa è invidiato da tutti, come per la birra, quella artigianale è nettamente migliore di quella industriale, come per le farine, la pasta, le verdure, quelle artigianali sono nettamente migliori di quelle industriali. Solo nel mondo dell'olio extravergine in ossequio a non so quale principio, non dobbiamo affermare che l'olio extravergine di un frantoio artigiano non è migliore di un qualsiasi blend anonimo industriale? L'agricoltura dovrebbe poter riconquistare la sua intelligenza, la sua capacità di sostenere il territorio e la nostra tavola. In agricoltura standardizzare i processi significa solo perdere di qualità e questo lo stanno capendo tutti!

Cristina Fantacci

07 febbraio 2015 ore 14:47

Finalmente un articolo che ci parla con chiarezza sulla diversità dell'olio italiano o perlomeno quello che il consumatore, poco attento a leggere le etichette , ritiene di poter comprare a un prezzo veramente troppo basso per un extra vergine. Davanti a bottiglie con prezzi così distanti tra loro per lo "stesso" prodotto si può e si deve poter scegliere ma in maniera consapevole. Oggi più che in passato il non sapere in campo alimentare può causare ai consumatori forte confusione nella scelta dei prodotti per la nostre famiglie e era ora che anche nel settore degli oli di qualità si cominciasse a fare informazione per tutti .