Editoriali
IL CORAGGIO DI DIRE
22 ottobre 2005 | Sante Ambrosi
I giornali hanno dato grande risalto al giovane rampollo degli Agnelli, Lapo Elkann, forse fin troppo e in modo fazioso.
In prima pagina la fotografia del giovane e poi articoli di vario genere, che in fin dei conti non hanno fatto altro che esasperare il caso e renderlo un episodio come tanti altri, come se fosse un incidente capitato solo perché câè stata una svista una esagerazione, insomma un errore fatale. Si perché sono tanti i giovani che si drogano come ha fatto Lapo Elkann. Così dicevano molti articoli, che sottolineavano un uso molto diffuso di cocaina soprattutto tra intellettuali di un certo tipo, di artisti di ogni genere e di manager più o meno giovani.
Come a dire: di che ci meravigliamo? Sono tanti che praticano queste evasioni, con i più disparati motivi. Dunque lâunico consiglio sarebbe quello di essere un pochino più furbi e non esagerare. Purtroppo questo è il messaggio fin troppo evidente che sta passando, un messaggio che esprime lâincapacità di andare oltre la meraviglia e lo stupore del tutto scontati e superficiali e che non sa andare alla radice del problema, anche perché gli artefici di opinione pubblica sono proprio questi giornalisti, non tutti per fortuna, che espongono il caso e che focalizzano lâattenzione non tanto sul problema in sé, ma sulla singolarità della persona. Per creare, appunto, una superficiale curiosità su aspetti del tutto marginali e fuorvianti.
Quello che io invece voglio dire è molto semplice ed è quello che le persone semplici pensano, ma che spesso non hanno il coraggio di dire, perché lâopinione creata dai mezzi dâinformazione è quella di questo mondo che praticano sistematicamente qualche forma di droga. Ebbene io dico che questa cultura, quella di questo mondo culturale che non ha più dei valori, anzi, che non vuole che ci siano è la causa del diffondersi esponenziale della droga, la madre di questa epidemia. Eâ questa cultura che è drogata e per liberarsi da essa è necessario combattere a viso aperto e senza nessuna attenuante nelle sue ragioni più profonde.
E le ragioni profonde di questa cultura sono da trovarsi in una concezione della libertà che non conosce altre regole che i propri desideri, il proprio io svincolato da ogni regola. Non solo libertà assoluta di ricerca, ma anche libertà di usare la vita degli altri per i desideri, soggettivi, libertà assoluta di sfruttare secondo i propri istinti la stessa vita e il proprio corpo. Tutto ciò che richiama una norma, unâetica viene bandito e più o meno apertamente condannato come retaggio di un mondo medioevale e religioso. La religione non è più attuale per questa cultura. E la felicità non giace più nella virtù, come il buon vecchio Seneca suggeriva, per non parlare delle Beatitudini consegnateci da Cristo. La nuova felicità riposa nel raggiungimento dei propri desideri e basta. La vita non è un dono da vivere per il bene di tutti, ma semplicemente una cosa da sfruttare e da godere. Eâ la completa reificazione della vita e di tutti gli aspetti della vita. Si naviga in un mare senza bussola, senza la possibilità di sapersi orientare. E i nostri nuovi chierici non solo non hanno risposte, ma si rifiutano di volerle cercare.
Lâunica cosa da suggerire è quella di abbandonare totalmente un tale modo di pensare, fondato sul nulla e che si nutre del nulla, ma che si maschera di modernità . Complici non solo questi nuovi chierici, ma anche tutti i mezzi dâinformazione che il più delle volte danno voce quasi esclusivamente a personaggi che non hanno niente da insegnare.
E si vuol fare entrare il quotidiano nelle scuole!