Editoriali

Un mondo mais-centrico

13 luglio 2013 | Francesco Presti

Cristoforo Colombo ha scoperto l’America. Questo è noto a tutti. Fra le innumerevoli implicazioni di quest’avvenimento possiamo ricordarne una che ha lentamente cambiato le abitudini alimentari di intere popolazioni, le catene agroalimentari delle società passate e moderne, le culture rurali e i paesaggi di molte zone del pianeta. Colombo portò con se alcuni innocenti semi dalle molteplici proprietà: erano chicchi di mais.

Oggi questa pianta potrebbe essere considerata il re dell’agroalimentare, non tanto per il suo consumo diretto, quanto per la sua presenza - come derivato o trasformato - in una miriade di prodotti alimentari e non. Ovviamente non nella sua classica forma di pannocchia buona e dolce.

Dove troviamo questo straordinario cereale?! È inserito come ingrediente occulto in moltissimi prodotti, costituisce uno degli alimenti più importanti della dieta di bovini, suini, avicoli e lo troviamo quindi come elemento trasformato in carne, latte, formaggio e uova. È presente come dolcificante in quasi tutte le bibite sottoforma di sciroppo di glucosio/fruttosio; è inserito in biscotti, patatine e in generale nei prodotti fritti e cibi precotti; nel latte in polvere, nell’amido; nelle salse come ketchup e maionese e nella grande maggioranza di caramelle e dolciumi.

Esistono poi numerosi ingredienti tutti estratti dal mais dal nome strano che compaiono in molte etichette di cibi confezionati: amido modificato e non modificato, maltodestrina, acido ascorbico, acido lattico, glutammato monosodico, gomma xantana, e la lista è ancora lunga.

Il mais entra anche nella costituzione di prodotti non alimentari nei quali è impossibile vederlo in prima battuta: bioetanolo, plastiche biodegradabili, dentifrici, cosmetici, pannolini, pile, e anche alcune componenti di pavimenti e rivestimenti per l’edilizia.

Zea Mais L., appartenente alla famiglia delle graminacee, deriva da una pianta selvatica chiamata Teosinte che è ancora presente in alcune zone del Centro America. Molto prima del 1492 questa pianta mutò e le civiltà precolombiane iniziarono a staccare i chicchi, mangiarne una parte e seminare il restante. Il lento ma inesorabile processo di selezione ha portato a piante sempre più produttive e vicine al mais che noi oggi conosciamo. Poi sono arrivati i semi ibridi e successivamente le tecnologie per la creazione di organismi geneticamente modificati, ma questa è un’altra storia…

A partire dal 1492 il mais ha conquistato il resto del mondo e oggi è una delle piante più coltivate e studiate sul pianeta.

 

Fonte: http://www.cialombardia.org/fattoriascuola/C-mais.htm

In rosso: area di origine. In verde: aree di coltivazione.

 

Già nel passato fu usato per molteplici scopi: se disidratato poteva essere accumulato o trasformato in farina, ottimo mangime per gli animali, fonte di fibre tessili, combustibile per il riscaldamento e se fermentato ingrediente per ricavare birra e whisky.

Ebbe una notevole importanza anche a livello sociale poichè i semi di mais (facilmente trasportabili e quasi indistruttibili) si sostituivano spesso al denaro, lo stesso mais era poi il cibo per gli schiavi che arrivavano dall’Africa.

Dal punto di vista ecologico il mais ha conquistato il mondo entrando non solo nei campi coltivati (soppiantando le colture tradizionali), ma anche nelle nostre dispense (come ingrediente secondario di moltissimi prodotti dell’agroindustria). Come abbiamo visto, è entrato anche in settori produttivi distanti dal comparto alimentare.

Ma non dobbiamo dimenticare che lo sfruttamento che l’uomo opera sugli altri viventi non è a senso unico. Quando gli antichi abitanti dell’America Centrale iniziarono a scegliere e seminare i chicchi di mais i destini di questa pianta e dell’uomo si sono intrecciati e non si sono più separati. Oggi il mais non esiste più allo stato spontaneo, la ricerca e la selezione umana hanno creato una pianta cosi addomesticata da non essere più capace di propagarsi autonomamente.

Se i nostri supermercati sono pieni di una moltitudine di prodotti e i banchi della carne sempre pieni lo dobbiamo anche al mais. Questa catena agro alimentare ha ovviamente anche un costo ecologico: il mais occupa molto terreno e quasi la totalità diventa mangime per animali, consuma molta acqua e necessita di grandi quantità di energia per essere coltivato. L’uomo ha creato una catena alimentare mais-dipendente.

La pianta ha bisogno dell’intervento dell’uomo per continuare a propagarsi e noi non possiamo vivere senza di lei, in pochi anni il mais è arrivato dall’altra parte del mondo grazie all’opera e all’ingegno dell’uomo.

Ma chi sta sfruttando chi?

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Romano Satolli

15 luglio 2013 ore 13:07

Andiamo di male in peggio! A partire dal Pecoraro Scanio, ad oggi. Dopo Paolo De Castro c'è stato il nulla o, meglio, ministri manovrati dall'associazione agricoltori che pensa con il Km. zero di aumentare il nostro PIL agricolo!
Questa, forse di agricoltura ne avrà sentito parlare al Liceo, e dai discorsi del padre, se gestiva un'agenzia di un Consorzio Agrario!
Alla fine, tutto contribuisce a fare dell'Italia, come disse l'austriaco Klemens Von Metternich, che l'Italia è "una espressione geografica"!

Diego Leva

15 luglio 2013 ore 11:00

Dubito sappia qualcosa che solamente si avvicini ai temi dell'agronomia

Romano Satolli

13 luglio 2013 ore 17:22

Il nostro ministro dell'Agrigoltura lo saprà?