Editoriali

Chi rappresenta l'agricoltura italiana?

11 maggio 2013 | Ernesto Vania

Ora tutte le caselle istituzionali sono andate al loro posto, o per meglio dire i posti nelle caselle istituzionali sono stati assegnati.

Chi ha vinto e chi ha perso?

Qualche dubbio che l'agricoltura italiana risulti nella colonna dei vincenti è più che legittima, visto che dei cinque posti chiave, distribuiti tra Ministero e Commissioni di Camera e Senato, solo uno è occupato da chi conosce la materia, almeno in chiave politica.

Il Ministro De Girolamo, per sua stessa ammissione, ha dichiarato che avrà da studiare. Il sottosegretario Martina non si è mai occupato di agricoltura e infatti ha ricevuto la delega ad Expo 2015. Il sottosegretario Castiglione è l'unico con esperienza politica, nella regione siciliana e in Europa, di agricoltura, comprendendo i meccanismi di funzionamento delle macchine ministeriale e del parlamento Ue. L'onorevole Luca Sani, segretario del PD toscano, è un albergatore che non si è mai occupato di agricoltura ma all'area Bersani, così si vocifera in ambienti parlamentari, spettava la presidenza di una Commissione e l'agricoltura era libera. Non parliamo del senatore Roberto Formigoni, neo presidente della Commissione agricoltura del Senato, posizionato nel ruolo per controbilanciare, così dicono i maligni, il peso del PD sull'Expo 2015 e per dare consistenza istituzionale all'area ciellina in parlamento.

Il bene dell'agricoltura italiana è assolutamente secondario, la questione è il potere, non che sia una novità ma fa male sapere che antichi vizi vengono perpetuati.

Al di là delle recriminazioni sulla scarsa competenza settoriale e sul peso specifico delle persone chiamate a incarnare l'agricoltura italiana nei prossimi mesi, c'è anche da registrare allarme per le polemiche che si possono andare a innescare, con conseguenze sulla credibilità del comparto.

Due esempi.

“Non possiamo pensare che una giovane ragazza beneventana possa conoscere meglio di noi le vicende del latte e ci rappresenti al meglio a Bruxelles - ha detto l'assessore lombardo all'agricoltura Fava - I problemi del settore e la loro specificità ci spingono a intervenire direttamente nel processo di negoziazione a livello europeo. Senza più alcuna mediazione”.

''La Santanchè vicepresidente della Camera? Non è poi così grave, c'è di peggio: hanno messo Formigoni a capo della Commissione Agricoltura''. A dirlo è stato Bruno Tabacci, leader di Centro Democratico, al programma di Radio2 Un Giorno da Pecora.

Fin qui le prese di posizione pubbliche, figurarsi cosa accade nelle segrete stanze.

Chi rappresenterà davvero l'agricoltura italiana dunque? Il sospetto è che il vero deus ex machina non sia in Italia ma a Bruxelles.

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Vincenzo Lo Scalzo

14 maggio 2013 ore 09:48

Caro Dr Nasuelli, ho letto con voracità il suo ultimo commento: ricco di flash di realtà e di folle di operatori fainéant, non passa carte, ma creatori di carta o meglio di aria fritta. Questa è piatta piatta la situazione di stato della chiarissima sintesi di stato e di compiti di Bruxelles e di Roma. Mi rendo conto che non c'è rimedio altro che di ricominciare da tre.
Nel '97 scrissi e diedi corpo al volumetto "In difesa della buona Italia", ..piacere, stile, salute: forza e debolezza dell'uomo a tavola. Speravo nella libertà e amore per la civiltà della tavola ed i piaceri della cucina degli accademici, liberi e autosostenuti solo dalle loro tasche (al tempo). Continuo a farlo ma i canali di comunicazione liberi si sono ancor più rarefatti, occupati subito da che ne desidera, e riesce, a farne profitto. Impossibile forare lo schermo imposto dalla rete dei comunicatori professionali: ciascuno è facilmente trattenuto il più possibile nel sacco a fondo cieco del sistema, che lascia uscire solo il favore di parte. Se lungo il percorso riesce a raccogliere qualche ritaglio di diritti o di notorietà, lo accoglie con la lusinga più subdola, ma soprattutto con il silenzio di circostanza. Nessuno si dà briga di fare gli interessi di chi ne avrebbe diritto. Mi riferisco ai contadini, agli agricoltori, anche agli hobbisti e appassionati che si aspettano che la società sociale evoluta si prodighi a favore del resto del pianeta, del territorio, del campanile.
Il paradiso terrestre che si arricchiva di risorse naturali vegetali e animate dopo l'ultima glaciazione, meta di pellegrini, visitatori, navigatori per trasferire i loro ceppi umani e goderne bellezza e piacere in natura, sta perdendo l'incantesimo mitico naturale e ne moltiplica le imitazioni fasulle, appesantite da passaggi di carte e di mano che mantengono fainéants e guardoni. Parassiti?
Sì, con il sostegno delle leggi sociali, tendono a costruirsi la propria tenda per passare alla sala di palazzo, comunque protetto all'intrusione di insetticidi. Condivido che solo dei fuori di testa siano disponibili a passare dalle riscossioni di diritti contraffatti ma legali a un vero lavoro, direttamente rivolto alla terra, che ha il difetto di stare sempre più dura e a basso livello. Spesso lasciamo pure che i frutti restino nei campi o sulla pianta: a furia di ritagli, la spesa in carta e timbri costa molto di più del valore del frutto. L'entropia del sistema non è ancora degenerata al livello del massimo disordine, nel caso esistesse un limite al suo fondo, ogni giorno di più verso il basso...

Piero Nasuelli

14 maggio 2013 ore 06:30

Egr. Vania, la sua risposta e quella di altri lettori meritano una replica.
Voglio essere sintetico e mi auguro di non essere frainteso.
Le decisioni di politica economica relative all’agricoltura vengono prese a Bruxelles, così è stato sancito dal Trattato di Roma e mai modificato in tutti i trattati successivi. Questo è un dato di fatto, se ne può discutere, ma al momento è un dibattito che ritengo sterile perché la PLV agricola nel 2012 è di ca. 42 miliardi di euro, in termini di valore aggiunto ca. 22,5 miliardi di euro (ricordo che il PIL Italiano è di ca. 1565 miliardi di euro) e da Bruxelles riceviamo oltre 6,2 miliardi di euro tra pagamenti diretti, sviluppo rurale e misure di sostegno al mercato (prodotti di qualità, ecc..)e senza questi soldi (15% sulla PLV) saremmo messi veramente male.
Il sistema di governo nelle democrazie si basa sul principio della “rappresentanza delegata”, ovvero si eleggono dei rappresentanti ai quali “deleghiamo” il compito di rappresentarci e quindi dovrebbero fare i nostri interessi e non i loro. Chiaro !!. Questo modello vale per l'amministrazione del circolo della bocciofila così come per il Governo della Nazione.
In questo momento le Associazioni di Categoria sono più preoccupate a mantenere la propria struttura sia organizzativa che di potere piuttosto che farsi istanza delle reali necessità del mondo agricolo.
Come ho detto nel primo intervento stiamo assistendo a cambiamenti epocali eppure ci si trastulla nel mantenere un sistema faraonico fatto di Ministero, Assessorati regionali, Assessorati Provinciali, tre e più Associazioni di Categoria, per non parlare di una pletora infinita di Associazioni.
Tutto questo sistema con che soldi si mantiene? Semplice “attinge” da aziende ed imprese agricole, ad esempio il 5% della PAC fa già 30 milioni di euro, ci sono 1,6 milioni di aziende se chiediamo a ciascuna €50 fa la bella cifra di 80 milioni di euro. Si potrebbe continuare a lungo.
Ritengo che sono veramente pochi quelli che hanno interesse a cambiare questo stato di cose. Risultato ? l’Italia non riesce ad esprimere tutto il suo potenziale tanto che siamo deficitari di prodotti alimentari per ben 6,6 miliardi di euro (2012 differenza tra import-export). Produciamo i migliori prodotti alimentari, (almeno questo lo pensiamo noi) però poi non li sappiamo vendere e non si tiri fuori il discorso della contraffazione perché da un punto di vista di mercato è “un falso problema”.
Mi chiedo chi riuscirà a cambiare questa situazione, forse non abbiamo ancora toccato il fondo!!!

Giulio P.

12 maggio 2013 ore 20:16

Per me attorno all'agricoltura si vuole costruire un indotto di funzionari e controllori che scrutano attentamente l'operato dell'agricoltore, il fatto è che questi prima si pappano tutti i contributi destinati all'agricoltura poi ti obbligano a chiudere l'azienda agricola per troppa burocrazia e un infinità di normative a cui è praticamente impossibile adeguarsi. Vorrei proprio vedere quando le nostre aziende agricole le prenderanno in mano i cinesi quale fiscalità nei controlli applicheranno.
Tenetevi i soldi dei contributi e lasciateci lavorare in pace!!!

antonio checchi

11 maggio 2013 ore 16:14

L'agricoltura italiana non è rappresentata da "eminenze grigie" infatti i nostri rappresentanti sono un NULLA dal punto di vista agricolo. Se tutti i nostri governanti hanno la competenza del ministro all'agricoltura De Girolamo non dobbiamo meravigliarci se l'Italia non progredisce. Sono i funzionari che fanno tutto a loro piacimento;sono gli stessi da sempre. Nella mia azienda non andrebbero bene ne questi ne quello,ma io devo fare bilancio e mantenere tutti e due.

Vincenzo Lo Scalzo

11 maggio 2013 ore 12:25

Chi è in grado di assumersi l'onere della missione?
Teatro Naturale, sul tema di Olio e della sua coltura e cultura, ha avuto un mentore al di sopra delle parti, credibile. Luigi Caricato, dove sei andato a finire?
Ne sentiamo l'assenza-mancanza su queste colonne. Non ci sono deus ex machina a Bruxelles o in Italia o in Spagna o Grecia. Forse s'imporranno dai milioni di tonnellate in divenire nei paesi BRICS!
Eppure anche il MADE IN dell'extravergine era nato a Milano...
Oggi restano DESIGN, MODA e forse MUSICA se non verrà distrutta l'ìmmagine del La Scala. E una città alla ricerca di un'anima metropolitana, direi DUCALE.

Redazione Teatro Naturale

11 maggio 2013 ore 11:45

Egr. Nasuelli,
da quel che deduco dal suo commento, tanto varrebbe abolire il ministero dell'agricoltura e tutte le relative commissioni, tanto i politici che vi siedono sono solo lì a scaldar il posto in attesa, se va bene, di altre posizioni.
Al massimo possiamo dare la poltrona di ministro a turno a Marini, Guidi e Politi. Sei mesi cadauno e non ci pensiamo più.
Francamente credo che il sistema di potere, se vogliamo definirlo così, che governa il mondo agricolo sia un po' più complesso di come lo descrive, se non altro perchè, guidando la macchina ministeriale e parlamentare, si può influire su nomine che poi condizionano la vita dell'agricoltura italiana.
Le associazioni non possono fare a meno della politica e viceversa. Un concubinaggio, o se preferisce gemellaggio, che non è esclusivo appannaggio del mondo agricolo, anzi. Come abbiamo visto nel caso dell'articolo 62, se Confindustria ha il raffreddore è il ministero dello sviluppo economico a starnutire, ma vale anche viceversa.
Prendendo atto di questa situazione è lecito chiedersi chi realmente sia l'eminenza grigia politica dell'agricoltura italiana. L'ultima frase dell'editoriale, implicitamente, fornisce la risposta.
Saluti
Ernesto Vania

Piero Nasuelli

11 maggio 2013 ore 07:00

Egr. Vania, non condivido l’ultima frase perché in Italia il potere in agricoltura è esercitato dalle “Associazioni di categoria degli agricoltori” e senza fare nomi, una lo esercita in modo particolare….
A mio modesto parere da moltissimi anni c’è un tacito accordo, ma forse neanche tanto tacito, tra la politica e le Associazioni, ovvero ognuno si fa i suoi. La politica ha una poltrona storica e prestigiosa da assegnare, molto utile per la “navigazione” nei meandri dei palazzi. Se sei bravo puoi anche diventare qualcuno, vedi il Sindaco di Roma oppure il Governatore del Veneto. Le nostre “brave” Associazioni possono continuare a “pascolare” esercitando un potere inaudito.
Basta pensare ai cambiamenti epocali che ci sono stati nella società dal dopoguerra ad oggi eppure “loro” sono sempre lì. Le recenti elaborazioni fatte da bravi e competenti ricercatori hanno messo in evidenza che le “imprese agricole”, quelle cioè che possono definirsi tali perché producono e vendono prodotti agricoli, ovvero non fanno solo “folclore” sono poco più di 200.000 sul un totale di 1.600.000 “aziende agricole” censite nel 2010(basta un fazzoletto di terra e non vendere neanche un rapanello per essere considerati “azienda”). Non solo, ma 84.000, di queste contribuiscono con il 62% alla produzione agricola nazionale.
In conclusione, in futuro “politico” dell’agricoltura italiana non cambierà e la responsabilità non è certo di chi siede sulle “poltrone” nel palazzo di via XX Settembre!!!.