Editoriali

Non diamo l'assalto all'olio d'oliva

26 novembre 2011 | Alberto Grimelli

Sto notando con preoccupazione che il sistema normativo relativo all'olio di oliva è ormai sotto assedio. L'impianto è, in effetti, datato e non può non risentire dei continui aggiornamenti e aggiustamenti che lo rendono mastodontico.

Una riforma è quindi indispensabile e ineludibile.

Esistono molte strade per riformare un sistema stratificato e complesso come quello dell'olio d'oliva.

Una strada è quella scelta dalla Coldiretti, ovvero di aggiungere legge a legge, regolamento e regolamento. Ciò provoca una ipetrofia legislativa per cui si passa dall'origine obbligatoria in etichetta alla regolamentazione della dimensione dei caratteri. Un susseguirsi senza sosta di norme che però non fanno altro che incrementare il sistema, rischiando, alla fine, di ingolfare la macchina. La burocrazia generata da questa proliferazione legislativa può, come in effetti sta avvenendo, minare l'attività, l'azione e la competitività delle imprese.

Una seconda via è quella scelta dall'Australia, ovvero un'azione di rottura. Considerando ormai irrecuperabile il sistema e troppo rigidi gli ingranaggi che dovrebbero riformarlo, decide di costruirsi un proprio quadro di riferimento. In questo contesto va infatti inquadrata l'emanazione degli standard nazionali sull'olio d'oliva da parte dell'Australia. La creazione di un sistema concorrente rispetto a quello del Coi è però un controcanto che può destabilizzare il commercio internazionale dell'olio d'oliva.

Ciascuna di queste linee di pensiero ha i propri guru e i propri punti di riferimento nei media. Per la linea Coldiretti vi è Slow Food e Carlin Petrini. Recentemente si è schierato con l'Australia Tom Mueller.

In un simile contesto, che può sfociare in aperta belligeranza, chi trae i maggiori profitti sono quei settori “concorrenti” con una legislazione snella, matura e globalizzata. Mi riferisco in particolare al comparto degli oli vegetali con i produttori di canola e girasole ad alto oleico, come pure ogni altro grasso hi-tech che potrebbero commercialmente beneficiare delle guerre intestine al mondo dell'olio d'oliva magari strappando, in sede di Codex Alimentarius, qualche ulteriore vantaggio normativo.

Il settore dell'olio d'oliva è tanto piccolo (3% del mercato dei grassi) da non potersi permettere una manifesta e aperta belligeranza interna, specie se volta alla tutela degli interessi di bottega o di cura del proprio orticello.

Tanto in Italia quanto a livello internazionale occorre prendere coscienza che vi sono interessi comuni da difendere e che certi assalti all'arma bianca al sistema dell'olio d'oliva possono rivelarsi un boomerang di cui pagheremo lo scotto per molti anni a venire.

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Romano Satolli

27 novembre 2011 ore 12:45

Alberto Grimelli illustra benissimo il clima che si è creato attorno all'olio extra vergine. Visto che c'è sempre qualcuno che, pur di apparire, riesce a criminalizzare tutto, vuoi vedere che in futuro riusciranno ad addebitare anche all'olio extra vergine la causa di qualche malattia? Scusatemi del paradosso, ma visti i tempi e certi personaggi....

Vincenzo Lo Scalzo

26 novembre 2011 ore 12:32

Alberto dice molte bene: "chi trae i maggiori profitti sono quei settori “concorrenti” con una legislazione snella, matura e globalizzata".
Al 51° compleanno forse ci si potrebbe considerare maturi ed orgogliosamente felici del patrimonio da difendere, la più salutare, generosa e piacevole risorsa energetica ed alimentare, per il buon gusto e per il piacere dell'uomo... in vita!

Scongiurando... e anche "dopo la vita"... , finché ci siamo promuoviamo attraverso un "label" che ne richiami la naturalezza nel paesaggio, nel frutto, nella bellezza, nell'arte, nella scienza e nel piacere, sempre "con gusto" e "stile". Oltre a Carlin ci starebbero forse tanti altri amici di TN e del BUON GUSTO...