Editoriali

PRONTI ALLA RETROMARCIA

30 ottobre 2004 | Ernesto Vania

Voluta, stilata e finalmente firmata ieri, 29 ottobre 2004, a Roma.
E ora? Avanti piano, anzi pianissimo, pronti alla retromarcia.
Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, questa la denominazione ufficiale, dovrà essere ora ratificato dai parlamenti di ciascun Paese membro o direttamente dai cittadini di ogni Nazione, attraverso un referendum.
Un processo tutt’altro che breve e i cui esiti non sono nient’affatto scontati.
È già previsto che la Costituzione europea entrerà in vigore solo a partire dal 2009, ovvero tra ben cinque anni, ma unicamente nel caso che tutti i venticinque Stati che compongono l’Ue licenzino questo testo, composto, nella versione italiana di 349 pagine.
Tempi lunghi quindi, in particolare se si considera che, già all’atto della firma si vociferava di emendamenti, correzioni, cambi di rotta.
Se realmente occorreranno delle modifiche alla Carta, se davvero saranno necessarie nuove consultazioni, nuove riunioni e dibattiti, perché tutta questa fretta? Perché varare una nave che dovrà stare ancora a lungo in bacino di carenaggio? Perché limitare i tempi della discussione nel consesso della Costituente a pochi mesi?
In un periodo in cui l’euroentusiasmo è ai minimi storici e anche i più accaniti sostenitori dell’Unione europea non nascondono malumori e insofferenza serviva una scossa, occorreva un’energica iniezione di fiducia.
I politici del vecchio continente speravano ed auspicavano che un’ulteriore importante passo di integrazione ed unificazione, come appunto la promulgazione della Costituzione europea, allontanasse o almeno placasse il malcontento, se non la protesta, che circola e serpeggia tra i cittadini della Ue.
La lodevole e condivisibile intenzione di sopire sul nascere conflitti sociali o crescenti tensioni che non aiuteranno certo la ripresa economica, principale fonte di preoccupazione per tutti, rischia di fallire miseramente a causa delle lotte di potere dovute, soprattutto, a interessi nazionali ancora vivissimi e dominanti rispetto al bene comune europeo.
Quello che pareva fosse un buon progetto, un’idea encomiabile rischia di tramutarsi in un boomerang decisamente pericoloso che mina la stessa credibilità, fin dalle fondamenta, dell’intera Europa unita.