Editoriali

L'olio d'oliva italiano ha bisogno di assaggiatori e divulgatori, non di piazzisti

Assaggiatore va bene, ma fuori dal panel non basta. Divulgatore va bene, ma senza competenze è dannoso. Può uno stesso soggetto possa fare il panelista, il tecnico di frantoio, il consulente alle vendite, il consulente grafico e alla fine consulente per la ristorazione? Occorre chiarezza e distinzione dei ruoli per Piero Palanti

20 ottobre 2017 | Piero Palanti

“Diamo al panel test ciò che è del panel test e teniamoci la nostra professionalità, rivendichiamola, esaltiamola.” (ndr Un bagno d'umiltà per gli assaggiatori d'olio d'oliva)

A mio parere, hai sicuramente ragione ma dobbiamo distinguere le varie figure.

Il mondo dell’olio extravergine di qualità è cresciuto molto in questi anni e sicuramente ha bisogno di nuove figure che si stanno già delineando, dobbiamo soltanto capire quale sia quella più adatta a noi e utile alla filiera.

Il Panel certifica e classifica un olio e va benissimo!

Ma chi pensa alla signora Maria?

Chi pensa al consumatore?

Alla ristorazione?

Chi pensa ai bambini delle scuole?

Ma soprattutto, chi forma quei signori che a loro volta insegnano nei corsi non ufficiali di avvicinamento all’olio e che distribuiscono fogli A4 con arzigogoli dorati a “supereroi dello sniffo e somministratori di verità?”.

È un proliferare di corsi e qualcuno dirà: quanto più se ne parla meglio è! Ne siete sicuri?

Chi devono essere questi comunicatori? Un capo panel? Un panelista?

Così confondiamo ancora i ruoli.

Devono essere tutti assaggiatori, iscritti all'elenco nazionale dei tecnici ed esperti degli oli di oliva vergini ed extravergini, ma devono avere anche conoscenze mirate e linguaggi diversi:
chi insegna ai bambini dovrebbe avere delle buone nozioni di pedagogia;
chi fa consulenza alla ristorazione dovrebbe essere a conoscenza delle tecniche di cottura, abbinamento, dei tempi e modi di servizio, della gestione economica e dell’approvvigionamento o almeno sapere cosa succede in un ristorante.

Quindi è vero che “il giudizio del singolo è soggettivo, per definizione, si dà maggiore forza proprio alle competenze e alle esperienze che ciascuno ha acquisito nel corso del proprio percorso nel mondo degli oli d'oliva”e aggiungerei anche lavorativo, ma nell’ottica delle nuove figure, dobbiamo valutare la professionalità dei singoli, i progetti e quantificare i risultati ottenuti nel tempo.

Progetti e figure che diano un valore alla filiera olivicola, visibilità a tutti e non li dissangui con proposte al limite del ricatto o della decenza.

Fortunatamente qualcuno ne abbiamo ma vi chiedo se sia possibile che uno stesso soggetto possa fare il panelista, il tecnico di frantoio, il consulente alle vendite, il consulente grafico e alla fine consulente per la ristorazione?

Il ristoratore non informato spesso è in balia del commerciale, che sa fare il suo lavoro e “piazza” cose indicibili o la panacee di turno che (a parer loro) possono essere abbinati al primo, al secondo, all’ostrica e al dolce finale. E’ ridicolo!

Tornando sempre alla signora Maria che è il consumatore finale, non ha un panel in tasca quando va a fare la spesa o va al ristorante.

Chi la aiuta?

Chi la porta ad avere quella consapevolezza e tranquillità di avvicinarsi ai negozi specializzati o magari (spero in tempi brevi) poter scegliere nei supermercati oli di alta qualità?

Sicuramente informare il consumatore finale rende poco ed è più semplice fare corsi o consulenze, purché siano validi e non un racimola soldi. Un consumatore soddisfatto è la pubblicità migliore che possiamo volere.

La realtà è che siamo in una giungla, avventori affamati non hanno capito che l’olio di qualità non è abbastanza per tutti, il consumatore diventa sempre più consapevole e ognuno di noi può avere un ruolo ben preciso nella filiera basta conoscere i propri limiti e per essere il primo della classe dobbiamo essere autorevoli e non autoritari, altrimenti siamo nelle mani dei “venditori”.

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Francesco Donadini

21 ottobre 2017 ore 10:44

Benissimo sig. Piero Parlanti, per riuscire a dare concretezza a ciò che, con passione, scrive, mi permetto di suggerire due azioni chiare e forti:
1) diamogli un NOME: olio Evo e basta, diverso dall'olio di oliva perchè...
2) diamogli una DISTRIBUZIONE: è poco, quindi l'olio Evo si trova SOLO nelle Botteghe del Gusto (sono oltre 4000 in Italia e hanno una guida realizzata passo passo, negli anni, Il Golosario di Paolo Massobrio).
Sono convinto che queste due semplici azioni saranno capaci di muovere attenzione, interesse e promuovere cultura quella cultura dell'Olio EVO che tutti desideriamo.