Cultura

Non rompete mai lo specchio, porta sfortuna

Non rompete mai lo specchio, porta sfortuna

Secondo il mito il frantumarsi dell’anima riflessa nello specchio significherebbe e preannuncerebbe il suo dissolvimento. In credenze più recenti e popolari rompere uno specchio annunciava sette anni di guai

25 aprile 2025 | 11:30 | Giulio Scatolini

Lo specchio, di sicuro, rappresenta uno degli oggetti più interessanti e ieratici inventati dall’ingegno umano, perché senza di esso l’occhio che vede tutto il visibile, non vedrebbe se stesso!

Le “meravigliose” caratteristiche fisiche dello specchio, e cioè la sua capacità di riflettere i raggi solari, qualsiasi oggetto vivente e non vivente e lo stesso soggetto che guarda, sono alla base, secondo l’opinione di tutti gli studiosi, delle sue tante e diverse valenze allegoriche e magiche.

Dal mito di Narciso che richiama l’antica proibizione di guardare la propria immagine riflessa, agli anelli muniti di piccoli specchi usati per tenere lontano gli spiriti maligni e le streghe, alla pratica universale della “catoptromanzia, la divinizzazione per mezzo di superfici riflettenti nelle quali si crede rispecchiato il futuro, fino alla quantità di allegorie in cui lo specchio ha simboleggiato ogni volta la vanità e la sapienza, la superbia e la verità, l’immutabilità della natura divina e la purezza ecc. 

Il suo riflesso risplende nella mitologia, nella letteratura e nelle credenze di tantissimi popoli.

Secondo Litvinskii, “il fenomeno ottico della riflessione, ossia la duplicazione esatta degli oggetti del mondo esterno, poteva essere interpretato dall’uomo primitivo e antico soltanto nell’ambito di concetti religiosi, e soprattutto all’interno di un sistema di credenze animistiche”. Per tale motivo si riteneva che lo specchio rappresentasse il doppio spirituale di una persona, la sua anima che aveva una esistenza separata da lei. Questa idea, che presso molti popoli riguardava qualsiasi superficie naturale riflettente, come laghi e pozze d’acqua, faceva parte di un più ampio insieme di credenze riguardanti l’uomo e la sua ombra; una traccia che in tempi passati legava lo specchio e l’ombra come doppi dell’anima.  

Frazer ha offerto una esemplificazione etnologica di una persistente e diffusa identificazione dell’anima con l’immagine della persona rispecchiata e molti ritengono che proprio in questa si debba ricercare l’origine della credenza secondo la quale alla rottura di uno specchio conseguono carestie, disgrazie e morte: il frantumarsi dell’anima riflessa significherebbe e preannuncerebbe il suo dissolvimento. A tale timore sarebbe da richiamare la credenza degli antichi Greci, secondo la quale gli spiriti trascinassero sott’acqua l’anima di una persona che vi si specchiasse (da qui la proibizione adombrata all’infelice sorte di Narciso), e anche l’usanza di coprire con drappi neri gli specchi nella casa in cui era da poco morto qualcuno, per evitare ossia che l’anima di chi vi fosse accidentalmente riflesso potesse essere portata via dall’anima del defunto.

In credenze più recenti e popolari rompere uno specchio annunciava sette anni di guai. Una sventura la cui origine è da ricercare, come già detto, nell’aura magica attribuita a questo strumento che frantumandosi, avrebbe mandato in frantumi anche tutte le immagini che era solito riflettere.

Nel XVI secolo si affiancò allo specchio anche il tema iconografico dell’immagine della scimmia riflessa nello specchio: segno della stupidità di chi era schiavo dell’umana vanità, ma anche metafora dell’uso demoniaco dello specchio, in quanto è noto che la scimmia fu per lungo tempo ritenuta l’effigie di Satana. Gli specchi, infatti, erano sempre presenti nell’armamentario dei maghi e degli indovini, mantenendo comunque la loro aura di mistero anche quando svolgevano le normali funzioni della quotidiana toelette femminile. Giravano nell’antichità anche leggende che alcuni personaggi storici fossero in possesso di specchi magici con i quali  prevedere le mosse dei nemici. Se ne racconta nelle vicende di Alessandro Magno come in quelle di Cagliostro che ricorrevano allo specchio per conoscere il futuro: un modello simbolico destinato a raffermarsi, attraverso le vie del folklore, nelle fiabe (“specchio specchio  delle mie brame chi è la più bella …”

Questa curiosa superstizione che rompere uno specchio era simbolo di presagio nefasto fu temuta anche da Napoleone che durante una delle sue campagne italiane ruppe il vetro del ritratto di Giuseppina. Non riuscì a darsi pace fino al ritorno del corriere che aveva mandato ad assicurarsi della salute della donna.

Termino ricordando “Il ritratto di Dorian Gray” un romanzo di Oscar Wilde a cui tutte le mattine, davanti lo specchio, penso: a  quando da giovane lì mi vedevo con i capelli biondissimi e ricci e con un corpo snello e scattante. “Maledetto specchio con il tuo nefasto sortilegio mi stai facendo invecchiare in modo inesorabile e definitivo”. 

Bibliografia

AA.VV. Lo specchio e il doppio. Dallo stagno di Narciso allo schermo televisivo. Fabbri ed. 1997

Umberto Eco. Sugli specchi ed altri saggi. 1986

Jean Chevalier Alain Gheerbrant. Dizionario dei simboli 1987

Massimo Centini. Il libro delle superstizioni. 2000

De Chesnel A. Dictionaire des superstitions et traditions populaires 1856

Frezer J.G. A study in magic and religion. 1955

Le Garzantine. Simboli 1991

Litvtinskii B.A. The encyclopedia of religion. 1987

A.Graf. Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo. 1984

Toschi P. Lei ci crede? Appunti sulle superstizioni 1957

Tricoire R. Folklore des animoux 1967

Oscar Wilde. Il ritratto di Dorian Gray. 1891   

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