Cultura
Abbracciare un olivo è come abbracciare un amico
Imparare dai bambini a dare il giusto valore agli olivi, non solo piante agrarie ma amici: "pensavo a quanti anni aveva, se soffriva o se era felice, se era giovane o vecchio". Un transfer emozionale vivo, reale e tangibile: "prima mi sono sentita un’estranea, poi un’oliva"
22 giugno 2017 | Gabriella Falcicchio
A conclusione del progetto “Dall’assaggio al paesaggio”, abbiamo voluto proporre ai bambini una semplice scheda in uscita al fine di monitorare alcune conoscenze acquisite e raccogliere i vissuti dei bambini.
Hanno compilato la scheda le classi di Lecce, San Severo e Ostuni per un totale di 159 alunni di terza e quarta.
Gli item della scheda riguardavano il sapore dell’olio extravergine (se di formaggio, amaro e piccante o aceto); il nome di almeno una cultivar (e qui ben l’80% dei bambini ne serbava la conoscenza); una sequenza di vero-falso rispetto a 6 affermazioni riguardanti radici, chioma, tronco, potatura, spazio necessario, longevità; un item edonistico sull’olio preferito; il voto attribuito al progetto; i vissuti e i suggerimenti. sugli ultimi 4 ci dobbiamo soffermare, per scoprire che, tolta una risposta mancata, 79 bambini prediligono il gusto più delicato; 40 l’intenso e 39 l’intermedio. per quanto riguarda la valutazione numerica, a parte un 4,5, la media dei voti restanti, tutti sopra la sufficienza è di 9,54: una promozione di tutto rispetto.
L’item senza dubbio più interessante è il seguente:
Quando sei andato/a in campagna (durante questo progetto o per conto tuo) e ti sei trovato/a in un uliveto, vicino agli ulivi, quando li hai guardati, li hai toccati, se ti è capitato, come ti sei sentito/a? descrivi le tue sensazioni brevemente.
L’item vuole esplicitamente evocare il contatto diretto con l’ulivo, anche in momenti diversi dal progetto, per sollecitare dimensioni non analitiche o tecnico-scientifiche e osservare più da vicino le modalità infantili di vivere l’olio, l’olivo e il paesaggio.
Le parole-chiave che ritroviamo in tutte le classi, con una eterogeneità che si riproduce in modo simile di gruppo in gruppo, sono categorizzabili in 6 aree: mi sono sentita/o 1. emozionata/o, 2. meravigliata/o, 3. rilassata/o, 4. protetta/o, 5. libera/o, 6. felice. Ciascuna di queste aree è spesso associata a riferimenti che si reiterano (quali le forme contorte dell’albero, la sua longevità, la sua grandezza, la sua ruvidezza) e quindi all’atto che potremmo definire conoscitivo-affettivo del toccare.
Credo sia giusto dare la parola ai bambini, che hanno saputo muoversi in un ampio universo lessicale e che restano, a mio parere, i riferimenti principali per costruire una seria politica culturale ed educativa per i custodi del paesaggio, degli alberi, dei loro frutti. La varietà dei termini afferenti alle 6 aree è notevole e da questa emerge una grande ricchezza
esperienziale che commuove e mette allegria.
Innanzitutto i bambini hanno utilizzato e hanno saputo ben utilizzare il lessico delle emozioni, che risuona ancora di più in quelli per i quali l’esperienza diretta con gli alberi e la campagna avveniva per la prima volta: mi sono sentito emozionato quanto ho toccato l’ulivo…bello toccare l’ulivo; emozionata davanti a quegli ulivi e qualsiasi albero di olivo mi andava di toccarlo; il cuore mi batteva forte per l’emozione e mi ricorderò sempre quel giorno; ho sentito salire un brivido dietro la schiena per quanto era vecchio, ho pensato quanti anni avrà questo ulivo…; affascinata per quanto erano contorti.
Queste emozioni si declinano in meraviglia e stupore e si traducono in curiosità e contentezza della scoperta:
ero stupita della loro magnificità [sic]; molto curiosa perché volevo sapere il più possibile; meravigliata perché la sua chioma era così grande e mi facevano ombra; sorpreso di sapere come nascono e vivono gli ulivi; meravigliata perché ho scoperto tante cose che non sapevo; stranito perché sono contorti e strani; incuriosito per le sue forme così strane.
Un bambino riassume in una frase l’intero processo di scoperta, che si connota come una vera e propria focalizzazione dall’indistinto che lascia interdetti alla nitidezza:
mi sentivo strano perché non avevo mai toccato un ulivo, poi mi sono accorto che era rigido e ruvido.
Non di rado il sentire si coniuga con il sentimento dell’empatia e dell’identificazione con l’ulivo, un sentimento di contatto profondo, che peraltro era stavo volutamente evocato da una delle attività ludiche in campo:
ero impressionato perché pensavo a quanti anni aveva, se soffriva o se era felice, se era giovane o vecchio
mi sono sentito un po’ strano, direi abbastanza, sentivo i sentimenti dell’albero
mi sono sentito trasportare dal vento e in quel momento sentivo di essere un albero
sentivo come se l’ulivo fosse un mio amico mentre lo toccavo ed era come se toccavo una persona
come se l’albero fosse vivo e ho provato la sensazione di avere un nuovo amico
quando ho toccato il tronco, ho provato amore, amicizia, perché gli alberi sono amici e li ringrazio
emozionata: ho avuto l’impressione di abbracciare mio nonno (spesso, anche nel monitoraggio in ingresso avevamo rilevato un fortissimo legame tra ulivo e dimensione del tempo, dell’antico, declinato in senso storico ma soprattutto affettivo, con la rilevanza affatto particolare dei nonni).
Il sentimento di affiliazione viene riassunto mirabilmente da un bambino che lo esprime a chiare lettere:
mi sono sentito affezionato alla natura.
Un percorso analogo ma più radicale, dato il punto di partenza, lo attesta una bambina, che scrive:
prima mi sono sentita un’estranea, poi un’oliva.
Il contatto con l’ambiente naturale, quando il paesaggio non è sfondo più o meno bello, ma soggetto con cui interagire, “altro” con il quale intercorre il legame affettivo doppio di familiarità e alterità, ha un potere rigenerante che è stato comparato negli esiti alla meditazione in molte ricerche. Eccolo qui nelle risposte:
mi sono sentita rilassata, in armonia con il creato, con la natura, a mio agio, tranquilla, serena, in pace;
torna l’aspetto tattile: rilassato perché ho strisciato delicatamente la mia mano sul tronco dell’albero.
Anche in questa area una risposta colpisce particolarmente, perché la rigenerazione viene esplicitamente qualificata con un tratto interiore, etico addirittura: mi sono sentito rilassata, senza nessun pensiero cattivo, positiva, era bellissimo.
La tranquillità va di pari passo con il senso di protezione che gli ulivi comunicano, dimensione a cui i bambini sono particolarmente sensibili in quanto soggetti “deboli” e dipendenti per definizione (per cui non sorprende l’associazione al sentirsi “piccoli”) e con il conseguente senso di libertà che deriva dal trovarsi al sicuro:
mi sono sentito protetto sotto gli ulivi: quando li ho toccati erano ruvidi, quando li ho guardati, erano giganteschi; sicura di me, sicura sotto gli ulivi; accolta da questi ulivi; piccolina di fronte a questi alberi; libera e molto piccola rispetto agli ulivi; libero e immerso nei profumi e nei colori del nostro Salento.
Delle emozioni descritte, il posto forse più rilevante è occupato dal senso di felicità, che si declina anche in orgoglio e passione. Gli elementi già evidenziati ritornano ricorsivamente: mi sono sentito felice di visitare un posto nuovo e toccare il tronco; felice perché la mia mano si infilava nelle fessure del tronco; felice perché il tronco era ruvido; veramente felice, felicissima, contento, allegra, piena di gioia; felice perché ho sentito vicino un altro essere vivente; felice quando sono andato vicino agli ulivi; appassionato come se il campo fosse mio; fiera del paesaggio olivetato; orgoglioso di essere stato sotto un albero così importante.
Una risposta riporta sulla dimensione del tempo: ero felice perché è come se avessi toccato la storia.
A conclusione di questo percorso nel sentire bambino, una frase sembra racchiudere il senso profondo del paesaggio nella formazione delle identità e attesta il successo del progetto, che intendeva incrementare questa consapevolezza. Noi siamo il paesaggio e in Puglia siamo il paesaggio olivetato: non solo ci muoviamo al suo interno, o ne attraversiamo i confini per allontanarcene e ritornare; non solo lo abitiamo e ce ne sentiamo parte. Noi siamo interamente il paesaggio e il legame di appartenenza è duplice e reciproco: esso appartiene a noi contribuendo a costruirci proprio come l’olio nutre il corpo; noi gli apparteniamo intimamente, concorrendo a costruirlo e a incrementarlo col nostro essere presenti e attivi. Questo legame è profondo, antico al punto da essere “ombelicale” e ogni giorno rinnovato al punto da indicare la strada. Era quello che volevamo accadesse con il progetto e che ci spinge a continuare:
ero felice a guardarlo: mi sono sentito pure io grande, forte e resistente. Li ho toccati per la prima volta e mi sono sentito pieno di gioia e non mi volevo staccare più.
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