Cultura 05/06/2015

Dagli antichi Romani ad oggi. Qual'è il vero significato dell'olivo e dell'oliva?

Dagli antichi Romani ad oggi. Qual'è il vero significato dell'olivo e dell'oliva?

Non c'è solo l'extra vergine, come sanno bene le donne dell'olio di Pandolea. L'albero e il frutto ci possono dire molte cose. Occorre recuperare, anche attraverso scritti antichi, valore e valori. Dalle riflessioni di Marco Aurelio gli insegnamenti dell'olivo e della natura per cogliere nuove opportunità


Questo istante trascorrilo quindi in armonia con la natura, e termina poi la tua vita con serenità, come l’oliva che, una volta matura, cade al suolo benedicendo la terra che l’ha prodotta, ringraziando l’albero che l’ha generata”.

Il passo, tratto dai Pensieri di Marco Aurelio, ci offre una riflessione intima e profonda su come sia possibile ed importante, oggi ancor più, potersi prendere cura di sè facendo ricorso al “mondo delle immagini”, soprattutto delle immagini e della armonia che la natura ci regala; nel mio precedente articolo ci eravamo soffermati proprio sulla ricerca delle condizioni “terapeutiche” che possono essere create anche a partire dalla consapevolezza dell’appartenenza culturale ad un patrimonio storico determinato e dinamico, pensato anche e necessariamente come patrimonio sociale, affettivo, emozionale e valoriale.

Marco Aurelio, imperatore dal 161 al 180 d.C., ha lasciato dodici libri di ricordi o meditazioni, scritti in greco ed in forma aforistica, di solito chiamati Pensieri, il cui titolo originale risulta sia stato Tà eis heautòn. I latini lo resero letteralmente A se stesso, un’opera per sé quindi, non destinata alla diffusione, una serie di considerazioni per l’anima, sue e segrete ma di ampio respiro, ricche di profonde riflessioni sulla vita e sulla morte, che qui non è possibile approfondire.

Nel brano scelto, tratto dal libro IV dell’opera, la nostra attenzione è attratta in particolare dall’associazione dell’oliva ai termini indicanti la natura, la terra, l’istante, la vita, quindi da quella suggestiva immagine della caduta del frutto, che viene descritta quasi come fosse un risarcimento per l’albero. L’”istante” – il greco presenta un termine che indica il momento “opportuno”- è messo in stretto rapporto con il compimento della vita; la pianta, infatti, nutrendo e portando a maturazione, si riappropria dello stesso processo generativo che, in un nuovo ciclo di nascita e sviluppo, porterà a nuovi frutti e a nuova vita, per sé e per la terra, terra che il frutto riceve al termine del suo percorso di crescita e che è, ad un tempo, madre generatrice, elemento di quella “natura naturans” che dell’albero ospita e nutre le radici, la linfa, le foglie, i fiori, i frutti.

Nel corso della nostra esistenza, molte situazioni di difficoltà, di incertezza e di ostacolo sono spesso interpretate come “cadute”; nell’ammonimento del poeta, l’immagine dell’oliva che torna precipite al suolo, ivi così suggestiva e ricca di spunti di riflessione sul meccanismo di rigenerazione spontanea della natura, conferisce all’episodio così circoscritto della caduta un significato tutt’altro che negativo. Conformemente ad alcuni principi dello stoicismo, a cui Marco Aurelio aderì per il tramite degli insegnamenti di Epitteto, anche se con notevoli influenze anche platoniche ed aristoteliche, l’attenzione non dovrebbe rivolgersi al fatto traumatico in sè, ancorchè oggettivo, perché fisico e legato alla fine di un processo vitale, ma alle cause dello stesso ed ai suoi fini, oltre che al contesto ambientale e temporale nel quale esso si colloca e verifica. In termini psicologici, almeno secondo alcune interpretazioni tradizionali, il concetto di “caduta” si associa spesso a quello di crisi psichica ed emotiva; il termine “krìsis” è etimologicamente legato anche alla sfera semantica della “separazione”, della “scelta”, del “passaggio”, della “trasformazione”, del “discernimento”, della “selezione”, per cui si arricchisce, per traslato, anche di possibili riferimenti ai concetti di consapevolezza “critica” e pienezza di coscienza, di “vigore psichico”.

La stagione della raccolta dei frutti, come quella dell’olivagione, si colloca secondo le leggi di natura in un preciso ambito cronologico, legato necessariamente al perfetto grado di maturazione, che, al termine del processo di trasformazione finale, e quindi esiziale dell’esistenza fisica, rende merito della stessa parabola vitale del frutto, conferendo al momento della raccolta tutta l’energia del passaggio, in cui cedendo o concedendo sé stesso produce una nuova utilità, un nuovo prodotto, una nuova vita.

Dunque, nel momento più “critico” del proprio processo biologico, il frutto, cadendo spontaneo o per mano dell’uomo, origina un vero e proprio rinnovamento, motivando e rideterminando tutto il ciclo di vita precedente.

Anche per questo, la raccolta diventa un particolare momento di aggregazione e spesso di festosa convivialità; i nostri cari anziani ricordano infatti con nostalgia il senso profondo e commovente di quei momenti pieni di vita, di nuova vita, di rinascita della natura e dei legami familiari, attraverso il lavoro vissuto nei campi, uno dei pochi processi energetici in grado di ricongiungere l’essere umano con le sue radici più intimamente rurali.

Il ricordo stesso ne rappresenta già la vita, l’immagine sembra farci rivivere la raccolta; la fatica, e anche il suo ricordo, diventano cura e carezza per lo spirito.

In un altro passo dei Pensieri di Marco Aurelio si legge:

“Sii come il promontorio contro cui si infrangono incessantemente i flutti: resta immobile e intorno ad esso si placa il ribollire delle acque. «Me sventurato, mi è capitato questo». Niente affatto! Semmai: «Me fortunato, perché anche se mi è capitato questo resisto senza provar dolore, senza farmi spezzare dal presente e senza temere il futuro». Infatti, una cosa simile sarebbe potuta accadere a tutti, ma non tutti avrebbero saputo resistere senza cedere al dolore. Allora perché vedere in quello una sfortuna anziché in questo una fortuna?”.

Le immagini della caduta dell’oliva, evidentemente emblematica “per cultura” agli occhi dell’imperatore, e quella della roccia che si impone con la sua tenacia alle forze avverse o contrastanti del destino – dovrei usare un’altra parola-, sono chiaramente metafore di una visione filosofica e di una cultura profondamente improntate ai principi dello stoicismo, ma a noi interessa che la loro forte rappresentatività immaginifica porti a noi contemporanei, con piena vivezza, un suggerimento esistenziale di pungente attualità; dai tempi della natura, dai suoi cicli perpetui e armonici, dalle sue leggi insondabili eppure così perfette, l’uomo può ancora apprendere la misura della propria emotività, della sua spiritualità, della sua disciplina, della sua educazione e dei suoi comportamenti, della sua psicologia. Una “frattura” nel corso di un’esistenza umana, per cavalcare la metafora classica, un abbandono, una perdita, sono spesso fattori o vettori di una nuova condizione che si prepara, o improvvisamente subentra, per abitare nell’animo umano, un’occasione che viene per creare, per innovare, per fertilizzare nuove opportunità.
Secondo l’ordine cosmico e naturale – scrive l’imperatore - la vita “esige” la morte.
“Se lo sguardo rimane sulle ferite, esse non guariranno più”, afferma lo psicologo Raffaele Morelli in “Nessuna ferita è per sempre. Imparare a non trascinare gli errori del passato”, ribadendolo durante una recente intervista radiofonica.

Nei Pensieri di Marco Aurelio, l’immagine dell’oliva che cadendo ritorna in armonia con la terra che l’ha generata, assorbita nel processo di trasformazione energetica, vivificante, ci commuove profondamente, ci invita e ci insegna a cogliere il senso dell’ordine universale, delle perfette scansioni periodiche, della crescita, dello sviluppo armonico, del riposo e delle metamorfosi inevitabili, anche se sofferte.

Negare, come spesso siamo condannati a fare, per via delle più “moderne” abitudini, il bisogno sia dell’intelligenza che della sensibilità umane a vivere le “proprie stagioni”, i loro tempi, che sono anche quelli della tristezza, del dolore, della perdita e dell’abbandono, ma anche quelli della gioia e dell’euforia, delle illusioni, significa non cogliere quell’opportunità che l’imperatore filosofo ci indica, quella di essere e sentirci unici e protagonisti in questa terra, attori di un incessante processo di rigenerazione, il cui pàthos, la cui partecipazione viva e attiva, ci rendono invincibili agli affronti inevitabili della sorte e parte integrante di un’eternità.

La forma dell’oliva, la sua linea ovale che come l’uovo contiene, che favorisce l’incubazione e protegge, può richiamare il culto ed il simbolo della gravidanza che nelle più antiche civiltà, a carattere prevalentemente matriarcale, sottolineavano il “contenuto per contenere”, il nucleo vitale che, pur determinato, “essere per natura”, era destinato a sua volta a determinare, a generare nascita e discendenza.
Nelle preparazioni gastronomiche tradizionali, non a caso, la forma ovale e l’oliva stessa, si prestano a numerose rivisitazioni di questa chiave simbolica legata al passaggio di generazione dal contenente al contenuto, come, solo per citare due casi rappresentativi, l’uovo di Pasqua e l’“involucro” delle olive all’ascolana.

Marco Aurelio ci riporta dunque alle cause degli eventi, in quanto strettamente legate ai loro stessi fini, ad un approccio complesso e relazionale, poiché spesso una sottrazione o una caduta sono solo il sintomo di un percorso dinamico necessario, e sostanzialmente “positivo”, cioè foriero di crescita, poiché parti di un complesso processo di rinnovamento, enciclico e sistemico.

Così, per “natura”, fioriscono i doni dei talenti, delle idee, delle capacità, della creatività, del desiderio, dell’amicizia, dell’amore, della “socievolezza”, per fare riferimento ad un concetto tanto caro allo scrittore di età classica.

La vita è un regalo in ogni suo prezioso istante, anche perché ogni singolo attimo è “destinato” a generare nuova vita, se solo si asseconda e si accetta la metamorfosi.

Di una vita vissuta così dolcissimo sarà il ricordo, vita esso stesso, eterno.

Seppure la vita scorre rapida come fiume in piena - ammonisce Marco Aurelio – il passato è lontano ed il futuro incerto, è necessario approfittare del presente e delle circostanze, contribuendo, per la propria parte, all’ordine del tutto, poiché ognuno ha il suo posto, che gli è stato assegnato e a cui sarebbe inutile sottrarsi: “La mattina, se ti alzi di cattivo umore, tieni presente che vieni svegliato per un compito degno dell’uomo”.

Come terra che accoglie i suoi frutti dopo averli generati, come radice che ospita la foglia dell’albero che sostiene, come custodisce generosa in segreto l’oliva la sua storia millenaria e le sue virtù, come i nostri nonni e le nostre nonne, le nostre madri ed i nostri padri hanno preservato per noi il senso della loro vita, del loro lavoro e dei loro ricordi, noi non possiamo dimenticare a nostra volta che siamo l’intera vita che passa, la roccia che resiste, unica, fortunata, perché viva, tra passato e futuro, in mezzo all’incessante flusso dei secoli.

di Alessandra Chiusaroli

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Commenti 2

Massimiliano Consolo
Massimiliano Consolo
08 giugno 2015 ore 12:48

...ammonisce Marco Aurelio – il passato è lontano ed il futuro incerto, è necessario approfittare del presente e delle circostanze, contribuendo, per la propria parte, all’ordine del tutto.

ANGIOLINO BERTI
ANGIOLINO BERTI
06 giugno 2015 ore 19:51

Sensazione straordinaria la macinatura delle olive al frantoio, durante questa fase della macerazione delle olive assistiamo ad un rito magico, meraviglioso ed emozionante; leggendo il suo articolo con precisi riferimenti storici, mi ha coinvolto come assistere ad una frangitura di olive, complimenti molto bello
angiolino berti