Editoriali
Alcune cose che ho imparato
25 settembre 2010 | Gualtiero Marchesi
Panini
Troppo facile fare i creativi, confezionare panini reali e immaginari, imbottendoli di sapori.
A me è sempre piaciuto il sapore del pane e di ogni singolo ingrediente, per questo li ho trattati con rispetto, imparando a restare semplice e, soprattutto a distinguere i momenti della vita, i piaceri che offre.
Un panino è un panino, meraviglioso e fragrante, lâalta cucina unâaltra.
Per creare ci vuole scuola, molta, moltissima pratica e sani principi: la semplicità , appunto.
Per me, anche e soprattutto, lâidea che la materia sia forma, che lâaspetto del cibo, prima di manipolarlo, anticipi la verità del piatto, la sua forma, il linguaggio di una ricetta, il gusto della cosa in sé.
Una volta, grandi ristoranti faceva rima con grandi alberghi. Formula giusta, perché è la grande ospitalità che consente certi investimenti.
Resta il fatto che solo imparando, facendosi le ossa nelle cucine dei maestri puoi accumulare quelle conoscenze che, poi, fanno la differenza tra una grande trattoria e lâalta cucina.
Io non scendo, salgo.
Giapponesi
Basterebbe guardare con altri occhi. Osservare cosa fanno i giapponesi. Sushi, sashimi, tempura: far bene, fino in fondo, fino ad una completa padronanza delle tecniche e dei gesti, ognuna di queste cose è già un grande, onorevole, obiettivo.
Da lì si deve partire. Solo qualcuno sarà , poi, anche capace di affrontare il menu kaiseki, il più importante, mettendo in gioco le conoscenze di una vita, unite al proprio talento.
Per me, lâesempio parallelo è il menu degustazione.
Il creativo è, quindi, la somma dei sapienti, in grado però di addolcirne sia lâintransigenza sia la necessaria severità .
La Porche, il Maggiolino e Massimo Mila
Quando si va ad un concerto si entra in sala con una certa predisposizione dello spirito.
Così è o dovrebbe essere anche per chi cerca lâalta cucina.
In ambedue i casi, il desiderio profondo è quello di provare unâemozione, di aggiungere una nuova esperienza culturale, in altre parole di crescere, affinando la propria sensibilità .
Una cucina dâautore stupisce e magari, in un primo momento, lascia interdetti.
Penso a lâeffetto che fecero le prime esecuzioni di Schomberg, tanto per citarne uno.
Lâautore Marchesi non ha mai voluto lasciare di stucco nessuno. Nessuna rivoluzione del suono alla Schomberg, piuttosto ho cercato i sapori che mi hanno nutrito, ho lavorato intorno alla materia, alla memoria, a quello che offre il mercato e in definitiva la natura. Se riesco a stupire, lo faccio nella semplicità . Non cerco sapori strani, voglio solo modernizzare e attualizzare i piatti.
La Porche o il Maggiolino sono, in un certo senso, nate moderne e tradizionali al tempo stesso ed è giusto, sacrosanto, rinnovarle con dedizione.
Mi viene in mente, a questo proposito e riguardo alla cucina ciò che diceva Massimo Mila sulla musica che non sono suoni, ma tempo e memoria.
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