Editoriali

Quel che ho da dirvi su Luca Zaia

17 aprile 2010 | Luigi Caricato



Ora che non è più ministro alle Politiche agricole, è il caso di fare il punto su Luca Zaia ed esprimere il nostro libero pensiero. Senza pregiudizi, con animo sincero.

Se dovessimo valutarlo per il suo operato, possiamo dare un giudizio complessivamente positivo, ma non siamo ancora in grado di capire in verità se siano più le luci o le ombre.

Di sicuro possiamo dire che i tratti della sua personalità sono ben delineati.
E’ uno che sa quel che vuole. Ha grinta, e forse vi è anche un po’ di sfacciataggine mista a caparbietà in lui, una punta di arroganza che lo rende perfino simpatico, perché in fondo sa comunque contenersi e non ha mai oltrepassato la misura.

Lo si può criticare per certe sue debolezze, per l’occhio sempre puntato sulla sua regione, ma di sicuro Zaia, al di là di una campagna elettorale che lo ha visto correre per la poltrona di governatore del Veneto sin dal momento in cui era stato nominato ministro, resta comunque una persona amabile, che ha saputo oltretutto agire con grande lucidità e determinazione.

Piaccia o meno, ha saputo lasciare un segno forte, anche perché con lui l’agricoltura ha parlato per la prima volta ad alta voce, senza mai urlare o scomporsi. Ha saputo imporre una propria linea, portando l’agricoltura sulla scena mediatica, e rendendola decisamente più appetibile.

La sua grande capacità è consistita nell’aver saputo comunicare con grande efficacia, dotandosi di uno smaliziato ufficio stampa che ha tempestato le redazioni dei giornali di comunicati e foto. Ha saputo perciò farsi interprete dei bisogni più evidenti, e se n’è fatto molto abilmente il portavoce, ottenendo così i meritati consensi cui evidentemente aspirava. Tuttavia, si sa, nonostante tale enorme visibilità, e nonostante i vari libri pubblicati - tra cui l’ultimo per l’editore Mondadori, con il titolo ad effetto di Adottare la Terra - un ministro non può certo essere giudicato soltanto per le apparenze e per ciò che sa magistralmente comunicare.

E’ per l’intero operato che va invece giudicato.
Le troppe e sbilanciate attenzioni per il settore lattiero-caseario e la contemporanea scarsa attenzione per le colture del sud sono alcune stringenti contraddizioni che ci spingono a dubitare della bontà della sua azione di governo.

L’aver annunciato anche lui come imminente il varo del tanto atteso Piano olivicolo nazionale, anche questo non ha giovato in alcun modo alla sua immagine di persona che pur si vanta di mantenere quanto promesso.

La sua adesione quasi totale al verbo coldirettiano, non ha certo giovato all’equilibrio dei rapporti tra le parti, con grave danno di rappresentatività per le altre forze associative in campo.

L’aver inoltre tifato spudoratamente per il Veneto, trascurando il resto del Paese, non è stato un buon segnale d’imparzialità. Come nel caso dell’attenzione smodata a favore del Prosecco, che è una irriverente mancanza di rispetto verso tutte le altre aree produttive.

Possiamo continuare con altri esempi, come il caso dell’episodio della nomina alla presidenza dell’Agea, l’Agenzia per l’erogazioni in agricoltura, di un uomo del Carroccio, Dario Fruscio. Ecco, con tutta sincerità, tale nomina non ha rappresentato certo un gesto di discontinuità con il passato, dimostrando in tal modo che, nonostante tutto, anche la Lega si comporta nel segno delle consolidate logiche della partitocrazia. Ma mi fermo qui, perché forse ho idealizzato una figura che probabilmente a parole affascina, ma a giudicare dai fatti si comporta come tutti gli altri, se non peggio, curando molto bene il proprio orticello.

Non sono peccati gravi, per carità, e quindi nel complesso possiamo sicuramente promuovere l’operato dell’ex ministro Zaia. Qualcosa all’agricoltura ha sicuramente lasciato di buono: una percezione pubblica diversa, per esempio; ma a che serve, in fondo, la maggiore visibilità, se poi nella sostanza delle cose, concretamente non cambia nulla?