Editoriali

La filosofia della sostenibilità

20 febbraio 2010 | Daniele Bordoni



Aumenta la convinzione che l’uscita dalla crisi economica, che non sarà né immediata e né semplice, sarà guidata dalla Green Economy.
Si tratta di un enorme giro d’affari, valutato in circa 10 miliardi di euro solo in Italia.
In realtà, nessuno è ancora in grado di valutare quante e quali implicazioni potrà avere un’economia basata sulla sostenibilità.

È facile prevedere che la realtà potrebbe andare ben oltre le previsioni. Per comprenderlo, rifacciamoci a quanto accaduto in passato, nei casi di mutamenti epocali che hanno mutato il volto del mondo in cui viviamo, generando conseguenze mai valutate completamente.
L’ultimo di questi cambiamenti è stato quello della Information Technology, ancora in corso con implicazioni sconosciute e con realizzazioni che immancabilmente superano le previsioni.

Se ora cerchiamo di prevedere quali implicazioni avrà un mondo orientato alla sostenibilità, non immagineremo se non una piccola parte della rivoluzione, che potrebbe riscrivere completamente il nostro stile di vita.

Prima di tutto definiamo il termine “sostenibilità”.
In mancanza di espressioni più adatte e ancora da coniare, possiamo dire che per sostenibilità si intende uno stile di vita che abbia poco o nessun impatto sull’ambiente, e che cambi l’atteggiamento nei confronti dell’ambiente stesso, dando maggiore rilevanza ai rapporti umani, maggiore livello di qualità di vita, incluso il tempo per sé stessi e per le relazioni con gli altri, un’etica più corretta nel mondo degli affari, una maggiore attenzione all’alimentazione, all’agricoltura e alla salute.
Sono ovviamente possibili molte altre definizioni, ma se ampliamo al massimo il significato, ci accorgiamo che le implicazioni potrebbero essere sconvolgenti.

Gli stessi concetti di sviluppo economico, di ricchezza, di benessere potrebbero essere completamente riscritti, e non abbiamo un modo per riscriverli qui e ora, ma dobbiamo ancora costruire tutto.

Proviamo, solo per un momento a immaginare un mondo senza inquinamento, ottenuto attraverso l’adesione convinta della maggior parte degli abitanti del nostro pianeta, l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, disponibili a tutti e abbondanti.
Immaginiamo un mondo in cui correttezza ed etica conducano tutte le nostre azioni.
Immaginiamo un mondo nel quale nessuno si approfitti più di nessun altro o tragga beneficio dall’inganno o dalla violenza nei confronti degli altri.

Un’utopia, si tratta indubbiamente di questo, ma se si vuole tracciare il percorso della sostenibilità e degli obiettivi futuri, la direzione sembra essere solo questa. In altre parole si prospetta, non subito e non tutta insieme, una crescita di civiltà.

Se finora la civiltà si è rivelata un faticoso compromesso che ha permesso agli esseri umani di convivere dandosi delle regole, instaurando dei principi e dei mezzi per farli rispettare, il passo successivo sarà quello di raggiungere uno stadio di equilibrio attraverso il quale sarà possibile accettare i giusti comportamenti come unica e logica conseguenza del vivere insieme agli altri.

La domanda è: siamo già pronti a questo passo?
A giudicare da quanto accade intorno a noi ogni giorno sembrerebbe di no, ma esistono crescenti segnali di comportamenti che vanno in quella direzione.
Alcuni principi semplici, come il rispetto per l’ambiente, stanno crescendo nella consapevolezza comune, ma sta crescendo anche la consapevolezza che le relazioni umane, così come sono ora non sono accettabili.
Circondati da violenza, sopraffazione, carestie e guerre, stiamo iniziando a interrogarci se la “civiltà” che abbiamo creato sia ancora sufficiente a regolare i rapporti tra gli individui e le nazioni.
Non si tratta di religioni, di credi politici e neppure di voler imporre una linea di pensiero a nessuno. Si tratta di fare uno sforzo individuale e collettivo nella direzione del cambiamento.
Prendiamo l’economia. La crisi economica ha recentemente scosso e fatto vacillare il sistema finanziario, tenuto insieme da massicci interventi di immissione di denaro, mai visti in precedenza. I problemi, però, sono solo rimandati e si ripresentano qua o là nel mondo, quasi ogni giorno.

Forse la gente ha già iniziato a cambiare, senza annunci, senza campagne stampa e senza preavviso. Ha fatto precipitare il sistema economico basato sul consumismo, forse perché si è resa conto che acquistare e usare è meglio che consumare.
Occorreva ridare agli oggetti il loro significato originario, di cose utili e non di simboli di qualcos’altro. Così facendo però i consumi sono precipitati e il denaro ha smesso di circolare con la stessa rapidità.

Se paragoniamo il denaro al sangue, l’economia planetaria ha avuto un collasso e questo non è certo un segno di salute. Non si tratta più di cicli, che una volta passati fanno tornare tutto come prima, persino aumentando il ritmo di crescita dei consumi, ma di un mutamento molto più profondo. Non ci sono certezze o ricette collaudate per superare questa difficoltà, ma solo segnali non sempre facili da cogliere per comprendere dove si indirizzerà il nostro prossimo stadio di evoluzione della civiltà.

Qualcuno già preconizza un mondo idilliacamente in pace ed equilibrato, basato su risorse energetiche rinnovabili e abbondanti, senza conflitti, aiutato da una tecnologia in grado di alleviare completamente le attività di lavoro manuale. Senza arrivare a tanto, il percorso sembra comunque essere quello di una maggiore interazione positiva tra le persone e un rapporto più corretto nei confronti dell’ambiente.

Non facciamoci illusioni: l’impatto zero non esiste. Per il solo fatto di popolare la terra, l’essere umano è comunque fonte di mutamento e, in una certa misura, di inquinamento ambientale e la crescita della popolazione metterà comunque in pericolo l’equilibrio, anche se l’ambiente viene maggiormente rispettato.
Possiamo però scegliere di sfruttare al meglio le nostre conoscenze e cercare di avere un impatto minore, o, meglio, un impatto che non comprometta, oltre a quella dell’ambiente anche la nostra stessa esistenza e questo sarebbe già un bel passo in avanti in direzione della sostenibilità.

Gli obiettivi possono essere ambiziosi o persino irraggiungibili, almeno per ora, ma il percorso per raggiungerli è forse ancora più importante degli obiettivi stessi. Per questo occorre essere sicuri che la direzione sia quella giusta.



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