Editoriali

Se non santi, almeno peccatori

05 settembre 2009 | Sante Ambrosi

La storia è piena di santi, ma i santi non si consideravano tali, anzi si sentivano i più grandi peccatori e si immedesimavano con il peccato dei propri fratelli al punto da sentirsi pienamente corresponsabili e piangere con essi e per essi. Nel grande romanzo di Dostevvskij, I Fratelli Karamazov, si narra che il monaco Zosima, al termine della sua vita raccoglie attorno a sé i suoi discepoli, tra cui anche uno dei fratelli Karamazov, Aljosa, appunto, e consegna alcune raccomandazioni memorabili, di cui vogliamo trascrivere questa:

“ Fratelli, non temete il peccato degli uomini, amate l’uomo anche nel suo peccato, perché questa immagine dell’amor di Dio è anche il culmine dell’amore sopra la terra…Amici miei, domandate a Dio la gioia. Siate allegri come i bimbi, come gli uccellini del cielo. E non vi turbi nell’opera vostra il peccato, non temete che esso sciupi l’opera vostra e le impedisca di compiersi, e non dite: “ Forte è il peccato, forte l’empietà, forte il cattivo ambiente, mentre noi siamo soli e deboli”. Figli miei, non lasciatevi così abbattere! Non c’è che un mezzo di salvezza: renderti responsabile di ogni peccato umano E’ proprio così, amico mio: infatti, appena sarai sinceramente reso responsabile per tutti e per tutto, vedrai subito che è così per davvero e anche tu sei colpevole per tutti e per tutto”.
(Dostoevskij, Fratelli Karamazov, Garzanti, Milano, 1974, p. 341)

Ho voluto riportare queste frasi del grande romanziere russo perché le trovo non solo profondamente vere, ma perché le trovo in netta contrapposizione con una certa e diffusa mentalità di oggi.

Ciò che spaventa non è tanto il male degli uomini, (il peccato c’è sempre stato), ma la totale assenza di rimorso, di consapevolezza dell’errore commesso. Anzi, la sregolatezza, le passioni senza controllo sono diventati i nuovi idoli. Idoli di libertà e di potenza da esibire come modernità e da ostentare. Non più, dunque, la santità come traguardo, ma neppure il peccato di cui vergognarsi ed, eventualmente, pentirsi, abitano l’uomo contemporaneo. Solo il vuoto egoismo che vuole nient’altro che la propria affermazione.

Ciò che impressiona, però, è il fatto che un’opinione sempre più diffusa non solo accetta o compatisce questa generale tendenza, ma non riesce più neppure a scandalizzarsi di fronte a comportamenti completamente svuotati di ogni contenuto etico.

A proposito, anche la parola “etica”, suona male alle orecchie delicate dell’uomo contemporaneo. Si preferisce un altro termine, meno impegnativo, come ”deontologia” Un termine, questo, che ha la sua origine dall’utilitarismo dell’inglese J. Bentham. Niente contro questa terminologia, ma in essa ci vedo un velato e sapiente tentativo di evitare il confronto netto tra bene e male, tra giusto e ingiusto, tra santo e peccatore, come la vecchia morale voleva affrontare ed applicare nella vita pratica di ogni uomo e della società. Meglio nascondere o evitare certi problemi con una vaga terminologia che può mettere d’accordo un po’ tutti: santi e peccatori.

Così abbiamo l’uomo contemporaneo che non è né santo, né peccatore. Appunto, come si vuole.

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