Editoriali

I pruriti della gente

23 maggio 2009 | Sante Ambrosi

I recenti provvedimenti del nostro governo, soprattutto quelli che riguardano la sicurezza dei cittadini e quelli che riguardano i cosiddetti “respingimenti” dei barconi di immigrati che tentano di giungere sulle nostre coste, hanno dato l’occasione a furiosi dibattiti e scontri tra le diverse fazioni politiche.

Quello che emerge dalle posizioni sostenute e dalle ragioni che stanno alla base dei ragionamenti di buona parte della nostra politica è l’assenza di una ricerca sincera e non ideologica del vero. Un politico rispondeva così alle obbiezioni sui provvedimenti che venivano votati alla Camera: “ Noi siamo con la gente”.

Ecco il punto: essere con la gente. Ma essere con la gente non vuol dire, per ciò stesso, essere con la verità.
Sappiamo che la gente è molto spesso mossa da istinti, da paure, certo, vere, ma che facilmente non sono elementi costitutivi di un futuro degno di una società veramente umana. Anzi, gli istinti immediati non sono in grado che progettare un futuro capace di affrontare i problemi e tentare di risolverli. Una società impostata sulle risposte immediate può soddisfare anche la totalità di una popolazione, ma non per questo sarà in grado di fondare una società fondata sulla verità, e, quindi, una società duratura.

Questo l’aveva capito molto bene Platone, che nella sua opera forse più famosa, La Repubblica (link esterno), per ovviare a questo pericolo ha pensato che lo stato doveva essere governato dai filosofi, da coloro, cioè, che avevano la dote primaria e fondamentale, quella di cogliere il vero, e in quanto tali potevano essere i veri condottieri di uno stato. E avere un rapporto con il vero significa intuire non tanto quello che può essere utile per l’immediato, ma ciò che è veramente valido per fondare una realtà che affronti e risolva i problemi dell’oggi e del domani.

Nella storia abbiamo tristissimi esempi di un sentire generale che ha prodotto dei mostri sociali. Pensiamo a ciò che è avvenuto in diverse nazioni d’Europa negli anni venti e tenta del secolo scorso.
Se è vero che la politica deve liberarsi dalle ideologie, e questo in parte sta avvenendo, anche se non del tutto, è altrettanto necessario che ciò non venga trasformato in una banale e sterile politica del sentire immediato della gente.

Si ha, infatti, l’impressione che una certa politica, non solo italiana, si preoccupi esclusivamente di soddisfare i pruriti della gente. I pruriti della libertà innanzitutto, ma di una libertà che è solo libero arbitrio, possibilità di ottenere dallo stato ogni sostegno ai propri individualistici interessi e talora alle più stravaganti volontà.

E il discorso vale non solo per i provvedimenti di sicurezza sociale, ma più ancora quando dobbiamo affrontare il dialogo con le varie religioni e con le diverse culture. Anche su questo si sono sentiti ragionamenti che stridono con la verità.

La paura del diverso, della multiculturalità rischiano di essere elementi distruttivi e certamente incapaci di progettare il futuro verso il quale, lo vogliamo o no, stiamo andando. Anche se è molto difficile progettare una società multiculturale siamo chiamati innanzitutto a pensarla non come una minaccia, ma come una nuova e grande occasione Su questo c’è ancora tutto da studiare e da capire, ma almeno che il politico non si vanti di essere il difensore di una etnia monoculturale.

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