Editoriali

Crisi dell'olio. Noi l'avevamo detto

22 novembre 2008 | Luigi Caricato



Noi l’avevamo detto, la crisi era nell’aria. Lo sapevano tutti, in verità. Non è che si possa d’altra parte immaginare un contesto idilliaco quando il quadro generale di riferimento parla chiaro, nella sua cruda realtà dei numeri. Ma ciò ch’è fosco agli occhi di qualcuno, evidentemente per altri è rosa. Può capitare, salvo poi rendersi conto che in effetti il quadro che si aveva davanti era proprio a tinte scure. Ma l’evidenza, si sa, assume toni cangianti in funzione dei propri obiettivi, come del consenso che si vuole ottenere. Così è capitato che alcuni gridavano all’ottimismo, e altri cercavano piuttosto di richiamare alla realtà dei fatti.

Ecco dunque, in sintesi, il nostro stato d’animo. Di chi è consapevole di aver avuto ragione delle proprie parole, in tutti questi anni, e di ritrovarsi ora con soggetti intenti a piangere (lacrime di coccodrillo, in verità) una crisi che spiazza tutti e mette in ginocchio l’intero comparto agricolo, l’unico costituzionalmente più fragile dell’intera filiera.

Le testimonianze non sono esaltanti, c’è allarmismo, forse anche un po’ esagerato, ma alla fine anche in certi frangenti se si può ricavare qualcosa di utile è sempre un bene. Un bene per coloro a cui nulla importa e ha mai importato delle sorti del settore.

Questa crisi dell’olio di oliva che noi abbiamo in più occasioni annunciato non è legata alla crisi economica che da più parti ha piegato le diverse economie mondiali. E’una crisi che parte da lontano e che assume oggi una forma più visibile e che la dice lunga sulle responsabilità di quanti hanno depredato il settore.

Questa attuale è una crisi che ci portavamo in grembo e che abbiamo coltivato per via del totale disinteresse manifestato in tutti questi anni verso il tessuto agricolo. Non è che siano mancati fondi, per sostenere più o meno direttamente i produttori, anzi, di denaro ne è stato versato a fiumi, disperdendosi in mille e più rivoli, senza però giungere a destinazione. Vi ricordate le Moc, le macro organizzazioni commerciali? Noi le abbiamo sempre criticate: denaro sprecato, abbiamo detto, e così è stato: un fallimento.

Oggi qualcuno pensa di risolvere la crisi con soluzioni di grande impatto per far fronte all’emergenza, ma non è questa la strada giusta. Noi avevamo individuato un progetto, il Risorgimento dell’olio italiano, che tentava di unire le filiere legate alla produzione, al commercio e all’industria, ma è mancata la volontà di firmare un documento programmatico che pure aveva un senso (e di cui approfondiremo con l’inizio del nuovo anno) ma nulla. Il mondo dell’olio è sfilacciato, privo di nerbo e di una identità. Nel frattempo gli anni passano e la crisi incombe. Saranno, nonostante tutto, le stesse figure, al solito – proprio quelle su cui ricade la responsabilità dell’attuale fallimento – ad occuparsi della gestione dell’emergenza.

Ed è proprio questa, consentitemi di dirlo, la grande beffa che si sta consumando ai danni dell’olivicoltura italiana.

Noi l’avevamo detto, la crisi era alle porte, ma in tanti hanno taciuto.

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