Editoriali

L’olio che verrà

25 ottobre 2008 | Luigi Caricato

Non è più tempo di riproporre la tradizione fino all’inverosimile. Spesso accade purtroppo di assistere a stanche riformulazioni di modelli non più in linea con il contesto operativo. Il mondo va avanti, procede senza sosta, e non si possono perdere i ritmi di un movimento che non conosce arretramenti. Così, senza una adeguata spinta innovativa, non si possono più raggiungere risultati credibili e apprezzabili. La giusta remunerazione si può ottenere solo quando si guarda al mercato con un occhio creativo. Nulla viene dal caso. Il mercato premia solo ciò che è confacente alle proprie esigenze. Le tendenze dei consumi non possono in alcun modo essere ignorate, ma neppure si può pensare di individuare un profilo di extra vergine che risponda a uno specifico target di fruitori e fermarsi poi solo su quello.

Occorre studiare per capire ciò che desidera il consumatore. Occorre accontentare il consumatore ma senza rinunciare alla costruzione di una qualità oggettiva, che sia indipendente ma non per questo estranea ai gusti del momento storico in cui si vive. Sta qui il senso di una grande sfida cui tutti sono chiamati ma di cui solo in pochi ne sono compiutamente consapevoli.

Trovare il giusto equilibrio tra gli eccessi del tradizionalismo (che portano a rendere desueto il prodotto) e gli eccessi e le esigenze del marketing (che tendono per contro a svilire la qualità a esclusivo vantaggio delle vendite), è la più convincente tra le soluzioni possibili da adottare per assicurarsi un ruolo da protagonista. L’olivicoltore dovrebbe puntare al cambiamento mantenendo fede nel contempo a un fondamento etico cui non può assolutamente sottrarsi.

L’olivicoltore ha, per l’esattezza, il dovere morale di rispettare l’identità originaria del proprio extra vergine, facendo leva sempre sul territorio. Ciò significa valorizzare il patrimonio varietale autoctono ed essere in grado di proiettarlo in una dimensione più dinamica. Occorre insomma sperimentare in continuazione, e creare qualcosa di sostanzialmente nuovo. E’ questa la sfida cui sono chiamati gli olivicoltori, altro che la tradizione che si perpetua uguale a se stessa. La tradizione è un concetto che deve essere inteso sempre in divenire, e non può assolutamente consistere soltanto – come purtroppo accade – nel tenere lo sguardo fisso al passato.

L’obiettivo per il domani più prossimo, è di costruire un profilo sensoriale di un olio che risponda alle attese dei consumatori, ma che resti ugualmente l’espressione più autentica del territorio di origine attraverso il corretto ricorso alle sue migliori risorse e alle peculiarità più rappresentative ed emblematiche.

Gli olivicoltori che operano in questo tempo storico hanno il vantaggio di avere dalla loro la tecnologia e il mondo della ricerca. Non possono restare inchiodati al passato, ma sono chiamati in prima persona ad assolvere un compito eccezionale, che richiede uno sforzo più intellettuale ed etico che non finanziario. Questo sforzo chiede un cambio di mentalità. A compensare tale sforzo, c’è la conquista di un futuro migliore, con un’equa remunerazione per soddisfare le fatiche del produrre e la conseguente conservazione di un paesaggio che permette di arricchire e far prosperare il territorio.

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