Editoriali

Campanili d'Italia

29 marzo 2008 | Duccio Morozzo della Rocca

Avviare una vera rivoluzione o rinunciare al business dell’olio di oliva?

L’italia e i suoi tanti, tantissimi campanili, preziosi frammenti di piccoli mondi autarchici ed autoreferenziali.

Una eredità senza uguali che però sembra talvolta aver lasciato, insieme ad arte e cultura, una singolare inclinazione storica al fatalismo, diffidenza verso il cambiamento e spesso facile fiducia in chi, senza pudore, si improvvisa maschera nella commedia dell’arte dell’olio di oliva.

Nella filiera olivicola-olearia italiana sono ormai molti, troppi, gli anni di smarrimento che seguono allo sconvolgimento dello stato delle cose conosciute, al di là dei nostri confini.

E sono spesso troppe e scombinate le voci che si levano dai nostri cari, numerosi campanili.
Che frastuono!

La Spagna ha sviluppato in pochi anni un’eccellente macchina produttiva raggiungendo un’importante e significativa quantità di prodotto e consacrandosi leader mondiale di mercato:
consolidato il saper fare organizzativo e produttivo, sta ora dedicandosi all’ottimizzazione del processo e al miglioramento qualitativo tagliando più traguardi di quanto, forse, non avesse sperato.

Molti paesi “nuovi”, nel frattempo, stanno rapidamente cambiando volto alla geografia olivicola, cercando di acquisire, oltre alle quote di mercato, il meglio delle conoscenze olivicole-olearie attuali, lasciando nel vecchio mondo il fardello della tradizione passata.

Ma in fondo, non è fin troppo facile fare passi avanti quando ci si accorge che gli altri, intanto, restano a guardare, presi o persi a risolvere i propri disordini esistenziali?

D’accordo l’Italia è spaesata ma, si sente spesso dire in giro, ha delle potenzialità indiscusse: l’eccellente qualità del proprio olio, le sue DOP e la tracciabilità di filiera.

E ha anche un nemico da sconfiggere: l’avanzata della Spagna e dell’olio scadente.

Può dunque essere questa la base della rivoluzione per risolvere i nostri problemi, vendere bene il nostro olio, riposizionarci sul mercato e acquistare di nuovo un peso politico in Europa? Io credo proprio di no.

Echi dai campanili, arringhe di piazza, caccia alle streghe. Storie già viste e riviste che rimandano di continuo al domani i veri problemi.

Forse non si dice abbastanza che nel resto del mondo molti paesi in ormai quasi tutti i continenti serrano i ranghi facendo squadra e producendo ottimo olio, buono quanto il nostro, spesso a prezzi decisamente più competitivi.

Siamo arrivati al momento di una scelta: avviare una vera rivoluzione o rinunciare al business dell’olio di oliva.

Abbassare i costi di produzione, aumentare veramente la qualità del nostro olio, formare i tecnici, formare i consumatori, comunicare correttamente, interagire con il paese per una politica che sia davvero quella giusta: costruttiva, rigorosa, unitaria e, perché no, visionaria.

Riaccreditare figure specializzate quali agronomi, oleologi ed elaiotecnici, meglio se con competenze economiche e di mercato, diffidando degli urlatori di piazza e dagli esperti improvvisati che hanno occupato i molti vuoti del settore olivicolo-oleario.

Grazie al cielo abbiamo ancora dalla nostra il “Made in Italy”: chi altro al mondo ha la fortuna di trovarsi un terreno già così pronto e spianato? Non sprechiamo questo prezioso vantaggio!

Il mondo intero ci osserva perché siamo ancora, nonostante tutto, un’autorità in materia, almeno nell’immaginario collettivo. E questo è un grande punto di forza che potrebbe però trasformarsi, negli anni a venire, nella nostra maggiore debolezza.

C’è bisogno di compattezza e di sano orgoglio, non di superbia a buon mercato.
C’è bisogno di una piattaforma in cui far confluire le idee e le energie dei veri protagonisti della filiera: olivicoltori, frantoiani e tecnici.

C’è bisogno che sia il mondo dell’olio di oliva a decidere cosa portare nella discussione politica. Non è possibile che avvenga il contrario.

Certo, ci sono difficoltà oggettive, ma non è forse l’Italia il paese delle mille risorse e delle mille sorprese?

Continuare a seguire il vento o i miraggi che cadono dal cielo fa comodo a tanti personaggi della filiera olivicola-olearia tranne che ai protagonisti.

Ripensiamo le strategie, poniamoci obiettivi comuni, sviluppiamo una salda rete di contatti tra produttori, frantoiani e tecnici: lavorando tutti alla costruzione di un solo e unico campanile Italia.

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